Puntata 08 – I libri

…a cura di Laura Schram PighiPoesia

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Puntata 8 – I libri

   Quando usiamo termini come CinquecentoSeicento o altri come Rinascimento, Classicismo, Manierismo, Barocco è ovvio che si tratta solo di convenzionali punti di orientamento. Vorrei farvi osservare che queste etichette usate dalla critica letteraria, e dall’uso scolastico, non corrispondono quasi mai alla coscienza degli artisti del periodo. E’ più corretto parlare di un processo di trasformazione, nella società e nella cultura di un dato secolo.

   Questo è necessario soprattutto per il Cinquecento, anche se la maggior parte dei critici si fissa sulla cultura delle corti, sul classicismo, sui teorici della lingua italiana in particolare di area toscana o romana. Ma in realtà nell’area culturale veneta nella quale ci stiamo orientando, questo problema interessava solo un piccolo gruppo di eruditi accademici. A Venezia invece si favoriva ogni forma di scambio tra le arti, e chiunque lavorasse per la politica espansionista della Repubblica di San Marco. Non si capirebbe altrimenti il ruolo di rifugio della Serenissima per quelli che le storie della letteratura chiama i poligrafi e che io chiamo i diversi: seguire la fortuna del Decamerone dal Cinquecento in poi, significherà dunque riconoscere una letteratura antagonista in dialogo con quella protagonista, in uno scambio di modelli stilistici che supera i tradizionali generi letterari e anche quelli delle singole arti.

   Per fortuna, a partire dalle ricerche di due generazioni di critici validissimi come Mario Praz, e Eugenio Battisti, Carlo Ossola e Alberto Asor Rosa (vi rimando alla fine alla bibliografia essenziale) si è messa in luce una ricchissima documentazione di testi letterari prima sconosciuti che permettono di capire a fondo l’incredibile ricchezza letteraria del Cinquecento e del Seicento in tutta la sua complessità: insomma quello che Battisti chiama l’Antirinascimento e Ossola nel suo Autunno del Rinascimento definisce come un “ordinato scompiglio”.

   Nei limiti della nostra “passeggiata” alla ricerca della prosa narrativa di modello boccacciano, si deve constatare che dal Seicento in poi, come per sfuggire ad un pericolo, la novella fosse uscita dalla sua cornice per rifugiarsi in generi affini: il teatro comico, il romanzo d’avventura, il poema burlesco o le parodie dei classici. Il Concilio di Trento che durerà per tutto il secolo e la Controriforma facevano sentire la loro presenza anche nella tollerante Repubblica di San Marco, che aveva osato sfidare la Curia romana e dovette subire l’interdetto.

   La carica umoristica delle novelle di Boccaccio va ad aggiungersi al ricchissimo repertorio dei Comici dell’arte che per due secoli fino a fine Settecento riusciranno a rinnovare la tradizione letteraria italiana. Così lo stile parlato delle novelle boccacciane si fonde con quello tradizionale nella cultura veneta, e si arricchisce della gestualità dell’arte teatrale, mentre la parodia della lingua colta diventa quella “smissiaggia” tipica delle maschere “ridicolose” e assicura alla Commedia dell’Arte il successo anche fuori d’Italia. Le migliaia di copioni scritti e raccolti da alcuni grandi comici come Flamino Andreini e da storici moderni come il Pandolfi, documentano ampiamente il ruolo culturale determinante delle compagnie di giro in Italia e in Europa.

   Le avventure e i viaggi in paesi reali o fantastici, tanto frequenti nel modello narrativo boccacciano, si fondono con la narrativa marinara di Venezia e danno origine a quel macroscopico fenomeno socio culturale che è il romanzo del Seicento: una vera esplosione editoriale che invade il mercato librario grazie soprattutto alla fioritura della stampa.

   Sorprende sempre notare che la critica letteraria fino a poche decine d’anni fa, non si sia accorta dei due macroscopici fenomeni culturali, il teatro comico e la narrativa di consumo, tutta una letteratura in continuo scambio e in un reciproco arricchimento con quella “alta”.

Laura Schram Pighi

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