Puntata 58 (Postuma) – CAMPI D’ENERGIA UTOPICA: “LA POTENZA DEL RISO: “Le donne sanno ridere”

…a cura di Laura Schram PighiPoesiaPer le tue domande, opinioni o suggerimenti
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58 – Le donne sanno ridere

Bisogna arrivare al ’68 per assistere ad un fenomeno sorprendente: accanto alla presenza di ottime romanziere e attrici comiche (pensiamo a Dacia Mara+++++ini o Elsa Morante tra le scrittrici, o a Monica Vitti o a Marisa Laurito) dopo il trambusto portato in Italia e in Europa dalla rivoluzione giovanile nata nelle università, si nota il moltiplicarsi nel panorama letterario italiano di scrittrici umoriste, che indirizzano la loro satira verso se stesse, verso gli uomini e sulla vita di coppia, sui figli, sul sesso e sulla politica, come se si fossero liberate da un antico sortilegio che le condannava alla tristezza e al silenzio. Queste narratrici umoriste sono le figlie di quelle madri alle quali mezzo secolo prima non era consentito ridere, ma che alle soglie del Duemila, grazie alla visibilità offerta dalla Televisione e dai rotocalchi, riescono con il loro umorismo, a ridere senza pudori sulla realtà quotidiana, fino a modificare il costume sociale e quindi la lingua che lo esprime. Vi rimando ad uno studio complessivo, credo l’unico “sulla serietà, complessità e originarietà della riflessione sul comico” insomma sulle scrittrici comiche contemporanee: Laura Peja, Strategia del comico: Franca Valeri, Franca Rame, Natalia Ginzburg (Firenze, Le lettere, 2009).
Tutto parte dalla “rivoluzione” del ’68 in Italia: un movimento complesso sul quale sociologi e politologi continuano a scrivere ancora oggi dopo cinquant’anni. Restano sempre interessanti gli scritti di Lea Melandri sul femminismo che Gregorio Botta ha presentato di recente su Repubblica del 4-febbraio-2018, dove si chiede quale traccia di quegli anni sia rimasta oggi nella narrativa.
Per documentare il potere liberatorio dell’umorismo e in particolare di quello al femminile, sarebbe necessaria una analisi ampia ed accurata basata sui testi. La mia rapida lettura di alcune delle scrittrici italiane più recenti, permette solo di notare come la tematica dei loro racconti resti legata alla realtà quotidiana della famiglia o del lavoro, mentre ciò che cambia è la lingua e lo stile: sembra che la scrittura femminile si faccia popolare come per compiacere un lettore ideale incolto, fiero della propria ignoranza che percepisce come autentica e vera, opposta alla scrittura colta, ritenuta falsa. La solita retorica dell’antiretorica. È una scelta di tipo “pop”, che si nota maggiormente nelle canzoni, dove le parole sono spesso più importanti della melodia: pensiamo ai grandi cantautori tipo Guccini, De André o Paolo Conte e a tutte le canzoni ridicole di Enzo Arbore. Il Festival di San Scemo per alcuni anni voleva presentare proprio questa nuova realtà culturale che, naturalmente, non entra nei programmi scolastici di storia della letteratura che arrivano a stento a sfiorare il Novecento perdendo così l’occasione di dare senso al presente collegandolo col passato.
Vediamo alcune figure emergenti tra le donne ridicolose dopo la Valeri e la Ginzburg. Si distingue tra le donne letterate dell’ultimo Novecento sia come scrittrice che come attrice Franca Rame (1929- 2013) moglie di Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1994. La Rame era erede della tradizione circense dei comici dell’arte attivi a lungo in Lombardia, e cavalcò subito l’onda contestataria del ’68 con testi recitati e scritti, tutti di forte intonazione politica. Lei stessa ebbe a lungo un ruolo attivo nella politica nazionale e i suoi famosi Monologhi, pieni di idee e di satira, sono la versione scritta dei suoi copioni teatrali. Oggi sono pubblicati in Il teatro di Dario Fo (Torino, Einaudi 2000).

Laura Schram Pighi (continua)

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