Puntata 16 – Un ordinato garbuglio

…a cura di Laura Schram PighiPoesia

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Puntata 16 – Un ordinato garbuglio.

   Quando vi dicevo che avevo il progetto di farvi conoscere una narrativa che non c’è volevo intendere, lo avete capito, che dal Cinquecento ai giorni nostri l’arte di narrare continua,  eccome, ma in essa la critica tradizionale segnala solo il romanzo storico o quello sentimentale, senza ricordare altre forme di narrazione non meno interessanti.

   Per esempio: da metà Cinquecento quel libretto meraviglioso che è l’Utopia di Tommaso Moro, grazie alla stampa, era arrivato nelle mani di tutti, ma pare che dalla fortuna dell’Utopia che si moltiplicava in tutta Europa, l’ Italia ne fosse esclusa. Troppo grande il silenzio della critica per non destare sospetti: perché non si ricorda l’invito a cercare un mondo diverso, nuovo, migliore?… che non era solo quello dove Ariosto aveva fatto andare Orlando, uno dei poemi più letti del tempo, ma ne proponeva uno diverso, reale, possibile.

   Ci ho messo una ventina d’anni per capirci un po’ in quell’”ordinato garbuglio” e trovare i documenti che permettessero di rispondere a questi interrogativi (vi risparmio le avventure di questo mio viaggio…) e non ho ancora finito… Insomma se vogliamo cercare come dal Cinquecento in poi la letteratura e la lingua si codifichino, per perpetuare una tradizione che rafforzi l’identità culturale italiana, allora leggiamo attentamente ciò che ci raccontano le storie della letteratura che abbiamo avuto in mano nelle scuole.

   Se però ci viene il sospetto che dietro alla facciata ci sia un controcanto, insomma una letteratura “altra”, allora la dobbiamo cercare nelle lettere dei grandi scrittori, o nelle satire e nelle parodie su di loro, nel teatro comico dialettale, pensate al Ruzzante per il veneto, o nella prosa didascalica, e soprattutto in quei romanzi, (ne ricorda alcuni anche Manzoni) che la editoria di massa diffonde a tutti, e che i mercanti ambulanti trasportavano a spalla fino in Russia.

   Un esempio interessante è il Bertoldo di Giulio Cesare Croce (1550-1609) una opera ambientata nella Verona del tardo Medio Evo, al tempo del re Longobardo Alboino, che affonda le sue radici nella storia e nelle tradizioni popolari europee e insegna a guardare alla realtà con gli occhi del contadino rozzo e furbo che dubita e ride di ogni potere: e non è poco se ricordiamo che intanto francesi, spagnoli e tedeschi facevano le loro guerre in Italia a spese degli italiani.

   Ai quali in quello “ordinato scompiglio” come Carlo Ossola definisce il Seicento, restava per sopravvivere solo l’arma della comicità. Il Bertoldo è un capolavoro di fantastoria e di satira  e dimostra come il ridere sia un’arma più efficiente della violenza e come scrivere serva a (r)esistere, sempre.

   Di fatto basandoci sui documenti, la realtà letteraria italiana si muove costantemente su due livelli, con frequentissimi reciproci scambi, interferenze, rimandi, in un dialogo continuo tra antagonista e protagonista, che ne moltiplica la ricchezza.

   Alcune forze di collegamento contribuiscono al dialogo tra i due livelli di letterarietà: comincia la editoria veneziana, che diventa presto giornalismo, e raggiunge nuovi lettori, le donne, i giovani, gli operai, mettendo in circolo le favole antiche e la fantasia dei viaggi immaginari, mentre le traduzioni di Rablais e Cervantes fanno conoscere ai nuovi lettori i capolavori della comicità europea e il teatro dell’arte italiano trasporta in giro per l’Europa tutto il repertorio di comicità di situazioni e di lingua depositato nei secoli nella cultura comune.

   Se volete approfondire la vostra informazione, vi consiglio i tre volumi della Storia delle cultura veneta il 3, il 4, e il 5 (Vicenza, Neri Pozza, 1981): la loro mole è impressionante ma ogni volume è formato da contributi su temi specifici, scritti in modo chiaro dai massimi specialisti e un ottimo indice vi aiuterà a scegliere.

   Alcune introduzioni veramente ottime ad antologie molto ricche di letteratura dei singoli secoli, per esempio Il Seicento di Asor Rosa in Antologia della Letteratura italiana vol 3. Milano, Rizzoli, 1974, o specifiche sintesi di un genere letterario come la prosa narrativa, sempre di Asor Rosa, Le forme del testo La prosa italiana del Seicento vol. III, Torino, Einaudi 1984, portano il lettore dentro il campo di studio, peccato che dimentichino i viaggi immaginari in utopia, i viaggi della speranza.

 Laura Schram Pighi

 

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