Puntata 56.2 – CAMPI D’ENERGIA UTOPICA: “LA POTENZA DEL RISO: “Le donne “risibili” nel primo e nel secondo Novecento”

…a cura di Laura Schram PighiPoesiaPer le tue domande, opinioni o suggerimenti
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56.2 – Le donne “risibili” nel primo e nel secondo Novecento

In Europa, i movimenti femministi inglesi e francesi trovavano ampia risonanza nella narrativa di massa, capace di riflettere la rivoluzione industriale ed economica della società e i molti problemi ad essa connessi. Di questo si fece portavoce una donna di singolare rilievo, nata a Ferrara in famiglia ebrea, e poi trasferita per matrimonio a Verona, un’altra figura femminile dimenticata, Eugenia Vitali Lebrecht (1858-1930). Donna colta che conosceva bene l’inglese e il francese e coltivava amicizie europee secondo la tradizione internazionale della sua famiglia. Dal 1900 in poi si dedicò ad una intensa attività di conferenziera su temi giuridici per il diritto delle donne, questioni già proposte in parlamento da Salvatore Morelli e poi fatte proprie dal primo movimento socialista.
La scrittura femminile, romanzi o novelle, rifletterà fino agli anni ’50 del Novecento una sostanziale continuità con le trame del romanzo sentimentale romantico, dove le eroine in mezzo alle più intricate e tristissime vicende, avevano un unico sogno, sposarsi e avere dei figli. In una società di forte protagonismo maschile, l’universo femminile era indotto a perpetuare il modello borghese della famiglia e così al narratore resterà solo l’arte di descrivere i risvolti psicologici dei personaggi. I romanzi di successo saranno a lungo modellati su quelli di D’Annunzio o di Anna Vertua Gentile o della Contessa Lara. Guido da Verona che per primo osò fare la parodia dei Promessi Sposi, e più tardi Fogazzaro col suo “Santo” messo all’indice nel 1907, non erano certo letture per le buone famiglie.
Dopo la fine deludente della prima guerra mondiale iniziò in Italia dal 1920 al ’40 un ventennio tra i più complessi e drammatici della nostra storia per l’affermarsi del fascismo, un periodo che si concluse con la fine della seconda guerra mondiale nel 1945. Le vicende della letteratura italiana in questo ventennio sono descritte in una guida utile ma incompleta: Giorgio Luti, La letteratura nel ventennio fascista (Firenze, La Nuova Italia, 1977). La ricerca, attenta specialmente alle riviste letterarie che continuavano il dibattito delle idee iniziato ai primi del secolo, trascura di segnalare la presenza delle donne scrittrici nel panorama letterario italiano, così come ignora totalmente i numerosi e grandissimi scrittori umoristi uomini, e la ricchissima stampa umoristica periodica. Editoria di consumo e stampa umoristica, che fiorivano già da un secolo in Italia come in tutta Europa, gestite soprattutto da ebrei, tanto che non sarà esagerato dire che gli ebrei hanno insegnato a ridere agli italiani.
Lo dimostra l’opera di un editore ebreo di Modena, A. G. Formiggini, che fin dal 1913 aveva iniziato una fortunata collana “I classici del ridere”, e che si suicidò nel 1938 quando fu costretto a sospendere ogni attività a causa delle leggi raziali.
Una prova della persistente sordità mentale della società maschile italiana, ben oltre la fine della prima guerra mondiale, ci viene da un articolo del 1926, che mi è stato segnalato da un amico psicologo. È scritto da Giovanni Battista Ughetti, un medico così convinto delle sue idee da affermare che “se vi è una donna umoristica, essa non è perfettamente donna”. La sua misogenia rifletteva una opinione corrente talmente diffusa e priva di dubbi da giustificare un titolo che di per sé, oggi, risulta comico: L’umorismo e la donna. Deficienza dell’umorismo e del senso del comico nel sesso femminile (Milano, Bocca, 1926) libro ripubblicato, stranamente, nel 2016 in formato e-book. In realtà sia nel primo Novecento (1903-1920) che nel secondo (1920-1945), si nota tra le numerose letterate, l’assenza di scrittrici umoriste, come se il controllo sociale non permettesse alle donne di esprimere la propria comicità. Ridere sulle donne, era invece concesso agli uomini che non avrebbero mai accettato di essere messi in ridicolo dalle loro compagne di vita.

Laura Schram Pighi – (continua)

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