Puntata 53 – CAMPI D’ENERGIA UTOPICA: “LA POTENZA DEL RISO: “Ridere con Dio”
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53 – Ridere con Dio
Il campo d’energia utopica più complesso e misterioso è quello che racchiude la potenza del ridere: abbiamo osservato alcune delle manifestazioni maggiori, ma per raggiungere la zona più profonda, la fonte nascosta di questa potenza, è necessario ritornare a Dante quando al termine del suo viaggio ascoltando il Gloria (Par. 27,4-5) vede il sorriso di Beatrice come riflesso di quello del Creatore, e il riso dell’universo si identifica con l’Amore che crea la vita.
A questo punto il poeta che ha raggiunto il suo amore con la potenza della poesia, vorrebbe capire il mistero della trinità anche con la potenza della ragione: “…come si convenne /l’imago al cerchio e come vi si indova” (Par.33, 136-141). Ma qui alla sua “alta fantasia mancò possa” (Par. 33. 142-145). Dante conclude la Commedia scegliendo il silenzio e lascia a Galilei, tre secoli dopo, la lettura del creato scritto nella lingua dei numeri e delle formule.
Nella narrativa che abbiamo incontrato, quella che propone mondi futuri, nella speranza di costruirli, non si incontra il Dio di Dante: la sua chiesa e tutto il clero, o il tipo di religione, sono frequenti oggetti di satira, ma per incontrare una idea di Dio in rapporto con l’umorismo, si deve arrivare al primo Novecento, quando Palazzeschi per primo collega Dio con la potenza del ridere. Basta leggere Perelà o l’Antidolore per ritrovare il Dio di Dante, il riso dell’universo e anche quello di Galilei, che indaga e svela, ridendo, i misteri del cosmo.
Palazzeschi teorizza la potenza del ridere in un manifesto futurista del 1913 apparso su Lacerba e lo intitola L’antidolore: perché Dio non ha né corpo né piedi, è un puro e semplicissimo spirito. E si chiede: “Perché infine questo spirito supremo dovrebbe essere la perfezione della serietà e non dell’allegria? Secondo me, fra le sue labbra divine si accentra l’universo in una eterna motrice, tutelare risata”, e invita a pensare Dio come fosse uno qualsiasi di noi ed è sicuro che di questo forse non si offenderà “perché lo farà ridere senz’altro”. E più oltre conclude “il dolore è transitorio… la gioia è eterna”.
Il manifesto è notevolmente esteso, una ventina di pagine, perché Palazzeschi lo pensava come un manuale di pedagogia per “educare al riso i nostri figli”. La proposta delle nuove scuole e degli esercizi adatti per le nuove generazioni, la descrizione di come sarà la nuova maestra e anche il maestro futuro, sono pezzi di bravura costruiti col gioco del contrario, per capovolgere tutta le letteratura sdolcinata di tipo romantico (pensiamo al mondo della scuola di De Amicis) che aveva accompagnato la società di fine Ottocento. Ogni forma di conformismo e di perbenismo viene contestata, feste, balli, funerali, musei pieni di statue perfette, tutto deve trasformarsi nel nuovo secolo: e “i giovani tardivi… gli imbecilli delle nuove generazioni, dopo una appropriata educazione saranno messi in appositi ricoveri dove cresceranno e vegeteranno i poveri infelici seri”. Il manifesto conclude con un “Avanti! Si annunzia l’ora del gaudio eterno, passate la macchia, è aperto il regno dell’allegria!”
Laura Schram Pighi