Puntata 55 – CAMPI D’ENERGIA UTOPICA: “LA POTENZA DEL RISO: “Trieste e la sua cultura”

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55 – Trieste e la sua cultura

Questo fenomeno culturale e sociale insieme, prende forma dopo la fine della prima guerra mondiale quando entrò in circolo nella cultura italiana una tradizione artistica e letteraria, presente da secoli a Venezia e in tutta l’area culturale dell’antica Repubblica di San Marco, là dove gli ebrei erano stati accolti in pace nella città di Venezia e si era formato il primo ghetto, che ancora esiste. Quando finì il ruolo egemone della Serenissima allora la comunità ebraica trovò rifugio a Trieste, l’unico porto del vastissimo impero austriaco sul quale gravitava l’economia di tutta l’Europa centrale. Trieste, grazie alla presenza degli ebrei e della loro rete di collegamenti internazionali, divenne allora il punto d’incontro e di scambio tra la cultura letteraria e artistica del mondo germanico e slavo, con quello delle lingue romanze che tradizionalmente gravitava su Parigi. Illuminanti sono gli scritti di Claudio Magris che dedica ricerche fondamentali a questa complessa realtà.
La tradizione umoristica ebraica, oggi ha il suo maggiore studioso e testimone in Moni Ovadia autore di numerose opere tra le quali ricordo Così giovane e già ebreo (Casale Monferrato, Piemme, 1998). Ma negli anni ’20 del Novecento era poco nota alla cultura italiana, e mise in circolo un umorismo particolare, autoironico, che allarmò chi cercava di strumentalizzare a fini politici le leve della informazione, ossia editoria e giornali gestiti in gran parte da ebrei, provocando una attenta censura che ne ostacolò la diffusione.
L’esempio più eloquente ci viene da uno scrittore che oggi si ricorda solo per alcuni romanzi divenuti famosi, come Senilità (1898) o La coscienza di Zeno (1923) perché essi segnano l’ingresso delle teorie psicologiche di Freud sul sogno e sul ridere nella nostra letteratura. Si tratta di Italo Svevo (1861-1928) pseudonimo di un ebreo triestino, Ettore Schmitz. I suoi romanzi sono stati pubblicati (Milano, Dall’Olio, 1968) con ampia introduzione di B. Maier, assieme a Racconti, saggi, pagine sparse, testi generalmente dimenticati, perché giudicati “minori”, benché ci offrano la chiave di lettura di tutta la sua opera.
Tutto in Svevo ha due facce: egli vive tra due lingue e due culture, quella italiana di area veneta, e quella tedesca, è un letterato ma per necessità pratiche deve fare l’uomo di commercio, scrive su riviste letterarie importanti ma è ignorato dalla critica italiana ufficiale, e viene rivelato al mondo delle lettere italiane ed europee grazie ad un amico inglese James Joyce. Insomma Svevo è quanto di più “in ombra” si possa immaginare, è il frutto di un’area culturale di confine quella di Trieste, là dove la cultura italiana tradizionale veniva messa a confronto con una più vasta cultura europea che includeva quella slava, pensiamo a Kafka.

Laura Schram Pighi – (continua)

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