Puntata 29 – “Ragione e Fede – Le due speranze”.

…a cura di Laura Schram PighiPoesia

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   Puntata 29 – “Ragione e Fede – Le due speranze”.

Assieme a queste due questioni l’Italia con Roma capitale, dopo Porta Pia (1870) fu obbligata anche a rivedere i suoi rapporti politici con la Santa Sede che aveva proibito ai cattolici di votare per lo stato unitario, ritenuto nemico. Ma anche la Chiesa dovette ripensare le proprie teorie sociali per una nuova società italiana. Infatti nel 1891 Papa Leone XIII scrisse una enciclica sul lavoro, la Rerum novarum e fu istituita anche l’Opera dei Congressi per occuparsi dell’emigrazione di massa verso le Americhe.
Bisogna però arrivare al 1912 perché il patto Gentiloni tra Stato e Chiesa permetta per la prima volta ai cattolici di votare come cittadini del Regno italiano, e poi arrivare al 1929 quando i Patti lateranensi regoleranno in modo più stabile i rapporti tra Stato e Chiesa.
Questi fatti storici e politici portarono ad accesi dibattiti di idee che lasciarono tracce profonde nel costume e nella cultura di tutta la società italiana a partire dal primo Novecento, un groviglio di cui gli storici delle idee si resero conto solo a partire dagli anni ’50 del Novecento, mentre la critica accademica continuava a separare la scienza dall’arte, e la letteratura dalla storia, ritenendo che la cultura potesse nascere solo dalle aule universitarie, ossia da Bologna dove insegnavano Carducci e Pascoli.
In questo modo fu “scartata” sia una pubblicistica anticlericale di tipo massonico o di ispirazione socialista o anarchica, sia una vivace stampa cattolica, così come una intensa poesia religiosa e tutta una narrativa che cercava di andare oltre ai Promessi Sposi.
   Si dimenticò anche il ruolo di valdesi ed ebrei nella letteratura italiana tra Otto e Novecento, e un fiume di romanzi clericali diffusissimi, in dialogo con vari movimenti profetici, millenaristici e messianici. Tutti espressione di un diffuso irrazionalismo e di un fiorente spiritismo diffuso in tutta Italia…
Negli stessi anni si affermava anche l’idea che il progresso, divenuto sinonimo di socialismo, fosse l’unica speranza possibile per raggiungere la felicità, per molti una nuova fede.
Le due speranze quella nello spirito e quella nella ragione, hanno permesso alla nuova letteratura italiana di aprirsi al pensiero europeo, e di intrecciarsi con espressioni artistiche non verbali come la pittura e la musica e anche con “la settima arte”, il cinema, la più recente di tutte.
Dal 1903 al 1915 nella cultura italiana si sovrapposero aggrovigliandosi tutti i movimenti di idee che nel resto d’Europa si erano sviluppati nel corso di un secolo, questo cominciò a Firenze, grazie ad un gruppo di ragazzi, i “nati dopo il ‘70”, tra i quali il più vecchio non aveva nemmeno trent’anni. Erano d’accordo soprattutto nel rifiuto di ogni tipo di scuola, in particolare dell’università, e scelsero di esprimersi col mezzo di stampa più rapido del tempo, la rivista di idee.
Nei primi anni del secolo, in quella che solo da poco viene chiamata la “Età delle riviste”, nasceva così la prima avanguardia artistica e letteraria italiana, di fatto una nuova classe politica, che rifiutava gli antichi modelli, e ne andava a cercare altri, diversi, in Europa ossia a Parigi.
Il primo a segnalare il fenomeno fu Giovanni Spadolini, grande giornalista, docente di storia del Risorgimento a Bologna, quando scrisse nel 1948 il Ritratto dell’Italia moderna.
  Egli da storico delle idee, osservò nei primi anni del secolo: Una energica e coraggiosa campagna condotta anche se da punti di vista diversissimi da due riviste di giovani, la “Critica” a Napoli  e il “Leonardo” a Firenze… Mirava la seconda, sotto la guida di Papini e Prezzolini a denunciare tutte le miserie e le ipocrisie e banalità del positivismo, in base ad un acuto, esasperato bisogno di rinnovamento morale, di sincerità, di spirituale eroismo, non senza accenni ad una esigenza religiosa (pp. 396-97).

Laura Schram Pighi

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