Puntata 22 – Carlantonio Pilati e Tommaso Campanella

…a cura di Laura Schram PighiPoesia

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   Puntata 22 – Carlantonio Pilati e Tommaso Campanella

   Anche al confine dell’area culturale veneta con il mondo germanico, spirava da tempo aria di libertà, e lo si capisce basta sfogliare un grosso tomo di diritto canonico, dal titolo così particolareggiato da suscitare il sospetto che ci riservi delle sorprese. Si tratta delle Riflessioni di un italiano sopra la Chiesa in generale, sopra il clero sì regolare che secolare, sopra i vescovi ed i pontefici romani e sopra i diritti ecclesiastici de’ principi, scritto nel 1768 da Carlantonio Pilati (1733-1802).
L’ autore era un sacerdote trentino, giurista, che mal sopportava il celibato e le regole della controriforma, ed era fortemente legato al mondo protestante europeo. Ma chi potrebbe sospettare che a metà circa dell’imponente volume si trovi nascosto il resoconto di un viaggio immaginario e del naufragio su una isola dell’Atlantico, nel regno di Cumba, di una nave piena di preti e frati?
La Relazione dal regno di Cumba costituisce uno dei casi più interessanti di censura esercitata su un testo giuridico politico famosissimo ai suoi tempi quando suscitò violente polemiche.
Vi si legge la storia della rovina di quel regno a causa dei frati che “sotto il pretesto della religione e della salute eterna cercano di dare a tutti la morte col veleno della superstizione”. Infatti prima dell’arrivo del cristianesimo, nel regno di Cumba la ricchezza era ben distribuita, esisteva il divorzio, i religiosi potevano sposarsi, la pena di morte non si usava, le leggi erano poche ma chiare e incisive. Ma un giorno arrivarono torme di frati di ordini diversi (e qui la satira si fa veramente caustica nella caricatura di un ambiente conosciuto bene dal di dentro) che si disputarono tra loro le ricchezze di quella terra e distrussero quel regno felice, il cui ultimo principe si salva fuggendo in Sicilia dove scrive, in italiano, la storia della sua vita e del suo regno perduto. Non dobbiamo cercare troppa coerenza nel racconto, ma soprattutto il riflesso della problematica anticlericale del tempo molto vivace in ambiente veneto.
Franco Venturi studia più volte la figura di Pilati (anche in Utopia e riforma nell’illuminismo Torino, Einaudi. 1970) ma non collega la Relazione dal Regno di Cumba con un filone narrativo “emarginato” dalla critica letteraria, quello dei romanzi della speranza, modellati sulla Utopia di Tommaso Moro, che si distinguono per la presenza di fantasia, idee e umorismo.
   Un caso analogo di censura, ma ancora più complesso, si verifica riguardo alla Città del Sole di Tommaso Campanella (1568-1639), l’opera che Tommaso Moro ben conosceva nella versione latina. La Città del Sole, scritta in italiano nel 1602 da Campanella nel carcere di Napoli dove era stato rinchiuso dai tribunali ecclesiastici, era emigrata in Europa in versione latina per evitare di essere distrutta e venne pubblicata prima a Francoforte nel 1623 e poi a Parigi dal Campanella stesso nel 1637. Fu subito tradotta nelle lingue europee conoscendo un enorme successo ed entrando nella cultura generale ad ogni livello, ma non venne recepita dalla cultura alta italiana, che la credeva scritta originariamente in latino, e quindi non la classificava tra la narrativa in lingua italiana, né in quella popolare che non la poteva leggere in latino e non osava tradurla in italiano per paura delle conseguenze.
Questa operazione venne fatta per la prima volta in Isvizzera da esuli politici italiani e pubblicata a Lugano nel 1863: è solo da allora che conosciamo la città di un mondo immaginario e il suo governo con leggi che ammettono la comunione dei beni e della donne. La Città del Sole è retta da un principe sacerdote e da tre suoi aiutanti Pon, Sin, Mor ossia Potestà, Sapienza e Amore, un gioco che piacerà tanto a Palazzeschi per il suo PeRelà. Ma venne letta dagli italiani nell’Italia appena unificata, ma ancora senza Roma capitale, come un messaggio profetico sul conflitto tra Stato e Chiesa.
A fine Settecento in particolare nell’area culturale di cui ci occupiamo, le idee si caricano sempre più di passioni e la speranza di un mondo diverso è portata nella narrativa sulle ali della fantasia.

Laura Schram Pighi

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