Puntata 06 –

…a cura di Laura Schram Pighi

LIBRERIA

Per le tue domande, opinioni o suggerimenti
scrivi a >>> lpighi@tin.it

Puntata 6

   Vi devo confessare che io ho sempre avuto paura di fare ricerca in due secoli della cultura italiana, il Quattro e il Cinquecento, ossia l’Umanesimo e il Rinascimento, al di là di ripetere quanto si poteva leggere per l’esame d’italiano all’Università. Troppo sterminata la bibliografia critica italiana ed europea.

   Per di più il mio professore a Bologna, Carlo Calcaterra, col suo “Parnaso in rivolta”, ci aveva fatto entrare in un periodo letterario quasi inesplorato dalla critica del tempo, il Settecento, e da allora quello è stato per tutta la vita, il centro del mio interesse di ricercatrice.

   Ma per almeno due volte sono stata spinta ad occuparmi di quei due secoli spaventosamente complicati per eccesso di arte di ogni genere: tra Quattro e Cinquecento pare succeda di tutto, la scoperta dell’America e la stampa, la polvere da sparo e la fine delle Signorie e dei Principati e la peste, e la Riforma e la Controriforma, e l’Italia percorsa dagli eserciti stranieri, e questi sono i secoli di Botticelli, Michelangelo e Leonardo, Bellini e Tintoretto, Tiepolo e Paolo Veronese. E per restare alla sola letteratura ecco la solita gerarchia con in testa Machiavelli e Guicciardini e poi il Bembo, l’Ariosto e il Boiardo e il Pulci, insomma dopo Dante, Petrarca e Boccaccio, tutti quanti. Una meravigliosa foresta incantata dove perdersi per sempre o fuggire a gambe levate.

   A meno che… la prima volta fu “per colpa” del Prof. Lugli, col quale mi ero appena laureata sul classicismo francese di fine Settecento. Tempo tre mesi mi comunicò che avrei dovuto parlare al suo posto all’Accademia Muratoriana di Modena su Lelio Riccoboni e Antonio Muratori. 

   Lelio Riccoboni: chi era costui? Ai miei tempi in questi casi ci si seppelliva in biblioteca, non c’era scampo. Mi è andata bene, ero giovane e quei “nonni” accademici, molto, molto indulgenti.   

   Incontrare il mondo dei comici dell’arte italiani a Parigi nel Settecento, il periodo terminale della loro attività, mi ha spinto a ripercorrere tutta la storia del loro teatro che ha origine proprio nel Cinquecento, in quell’area che faceva capo a Venezia. Come dire che sono entrata nel Rinascimento mio malgrado e a marcia indietro come i gamberi, e dalla porta di servizio, quella del teatro di strada. Fatto da “diversi”, tutta una cultura parallela, dove mi sono fermata per molti anni.  

   Dei diversi che però potevano essere utili: alla Chiesa, che fin dal Medio Evo si è servita del teatro per divulgare la buona novella, alle corti del Rinascimento per intrattenere gli ospiti, e scambiare informazioni interessanti. I comici dell’arte con le loro numerosissime compagnie di giro, potevano essere un’arma a doppio taglio, infatti furono scomunicati dalla Chiesa. La loro forza era la comicità, la fantasia, la parodia e la satira, ma poteva essere anche la loro rovina come era avvenuto in Francia. Antonio Muratori chiedeva solo al suo concittadino e amico Lelio Riccoboni di comperare libri rari per la biblioteca degli Estensi, ma il famoso comico dell’arte, che a fine Settecento era riuscito a riportare il teatro italiano alla corte di Francia dopo un periodo di assenza, serviva anche per sapere molto di più: roba da farne un romanzo giallo, ci dovrò pensare.

   I comici dell’arte dal Cinquecento fino a tutto il Settecento, avevano anche la funzione di diffondere la cultura italiana in tutta Europa: non furono i soli artisti italiani ad assolvere a questo compito pensiamo, per l’arte figurativa, a Leonardo in Francia e ai grandi pittori veneziani in Spagna e in Germania, e più tardi ai musicisti, ma di questo le solite storie della letteratura non parlano. Un silenzio che deforma completamente il quadro generale di una cultura come la nostra inserita nel cuore dell’Europa con la quale è in continuo e reciproco scambio. Vi ho raccontato una mia esperienza di lavoro, perché la prosa narrativa, ossia la fortuna di Boccaccio, di cui vogliamo occuparci, ha scambi continui con la lingua e il repertorio dei comici dell’arte.

Per un primo orientamento vi raccomando l’opera di  Carlo Dionisotti “Geografia e storia della letteratura italiana” (Torino, Einaudi, 1971-2) e una opera monumentale in più volumi la Storia della cultura veneta (Vicenza, Neri Pozza, 1976). Dove si evidenzia la trasmigrazione della lingua e letteratura italiana dall’area toscana a quella veneziana e si dimostra come la letteratura italiana nata in Toscana potrà dare solo a Venezia i suoi primi frutti, che saranno tutti particolari.

Laura Schram Pighi

↓