Puntata 49.1 – CAMPI D’ENERGIA UTOPICA: “LA POTENZA DEL RISO: GALILEI SCRITTORE E I SUOI DISCEPOLI”

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49.1 – Galilei scrittore e i suoi discepoli

Le scoperte astronomiche di Galilei lo portarono al famoso processo con la Curia romana, ma non meno “pericolosa” fu la sua scelta linguistica ed espressiva.
La “rivoluzione” della lingua italiana, iniziata da Galilei, come ci indica Altieri Biagi analizzando il problema in tutta la sua complessità, consiste soprattutto in “una riduzione del ruolo verbale a vantaggio di quello nominale” per alleggerire il discorso, per risparmiare congiunzioni e pronomi relativi fino a creare parole nuove per realtà nuove, insomma quel nominalismo che caratterizza il suo stile e lo distingue da quello dei letterati del suo tempo ancora troppo vicini al modello latino.
Ma la trasformazione più profonda riguarda soprattutto la sintassi dell’italiano, ossia la struttura logica del discorso, che porta Galilei a comunicare le sue idee scientifiche, così nuove da richiedere un nuovo lessico, variando stile e lingua a seconda di un suo lettore ideale.
Come ci fa osservare Altieri Biagi, Galilei passa nelle sue opere dalla forma più scolastica del Trattato (Trattato di fortificazione, 1593; trattato Le meccaniche, 1593, Trattato della sfera, 1692) ad uso degli studenti negli anni padovani, a quella del Discorso al tempo del suo rientro a Firenze (Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua, 1612; Discorso del flusso e reflusso del mare, 1616; Discorso delle comete, 1619).
Questo bisogno di oralità si manifesta in Galilei nelle Lettere che sono in fondo un discorso tra due persone, e si sviluppa nel Saggiatore (1623). Più tardi nel Dialogo sopra i massimi sistemi (1632) Galilei troverà proprio nel dialogo una forma letteraria che consente un più disteso scambio di idee tra più interlocutori e che permette maggiori variazioni di tono.
La scelta del dialogo viene a Galilei dall’esempio socratico appreso da Luciano, e da una illustre tradizione letteraria italiana, e gli permette un gioco stilistico vicino al teatro comico, nel quale il ritmo del discorso e il vocabolario usato, caratterizzano il personaggio ancor più delle idee che egli espone. Idee che si presentano sempre come proposte aperte da verificare, come ipotesi ancora possibili di variazioni: perché Galilei “privilegia il momento della ricerca su quello della scoperta” e la scienza è un progredire continuo basato su nuove ipotesi.
Certo, conclude la studiosa, “l’evidenza, la chiarezza, l’eleganza, l’efficacia della prosa galileiana sono il risultato di scelte attentamente calibrate… è il lavoro di combinazione sintattica (associato a quello di raffinata selezione lessicale) che fa della prosa di Galileo un modello di compostezza, di eleganza, di vigore globale conciliabile con la precisione dei particolari”.
I due fondamentali articoli della Altieri Biagi nella Letteratura italiana ai quali rimando oltre a quelli di un ristretto gruppo di studiosi assieme a lei, dimostrano come l’italiano moderno sia debitore a Galilei di un terzo dei vocaboli in uso, del rinnovo della sintassi, e addirittura di un nuovo genere letterario che si manifesta nello stile epistolare e nel dialogo e si caratterizza per la sua velocità, leggerezza, passionalità, fantasia e umorismo: la prosa scientifica. Purtroppo questo genere letterario è ancora in gran parte inesplorato.

  Laura Schram Pighi

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