Zoboli Boggian Clara

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Clara Zoboli Boggian

Benefattrice, mecenate della musica, Clarice Zoboli (utilizzerà sempre Clara) nacque a Modena il 29 novembre 1887. Figlia di Luigi e di Martina Reggiani, si spostò, con la famiglia, a Vicenza dove il padre era il Direttore didattico generale delle scuole elementari della provincia: figlia di un pedagogo, ella porterà sempre con sé l’amore per l’educazione e molta attenzione ai piccoli; non passarono nel silenzio le amicizie del padre con Antonio Fogazzaro e l’ambiente letterario vicentino. Compì gli studi nella città dove abitava, sempre con un’altissima media e nel 1905 conseguì l’abilitazione all’insegnamento; tre anni dopo ottenne il diploma d’insegnamento del pianoforte e nel 1910 anche quello di idoneità all’insegnamento del canto. Fu la prima donna della provincia vicentina a cimentarsi in lavori che erano stati, da sempre, retaggio dei maschi. Questo faceva già presagire il carattere estremamente preciso e volitivo della giovane che, assieme, dimostrava una gentilezza ed un’eleganza di stampo antico nel rispetto sempre preciso delle regole del buon convivere e verso gli altri.
Nel 1911, a Vicenza sposò Umberto Boggian che era originario di San Pietro in Gu (Padova), figlio di un pedagogista che ben presto si dovette spostare, per lavoro, a Verona. Questa città divenne, per i due, la patria, il luogo dei loro impegni, il centro dei loro interessi. Il marito fu un grande amministratore: della Società Fratelli Galtarossa, fu consigliere delegato delle Fabbriche Riunite Ossigeno di Verona (FRO), poi presidente del Collegio sindacale della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, presidente della Commissione mandamentale delle Imposte dirette e di quelle indirette sugli affari, entrò a fare parte del Consiglio Nazionale delle Industrie chimiche italiane. Fu un uomo di straordinaria bravura e di grande capacità intellettuale. Ma a Verona si occupò, pure, di enti assistenziali a favore dell’infanzia: preventorio antitubercolare, colonie alpine a Bosco Chiesanuova, fu pure presidente dell’Istituto Fanciulli bisognosi di Cavaso del Tomba (Treviso).

Clara e Umberto Boggian

Clara Zoboli, che aveva già sostanzialmente acquisito il cognome del marito, fu parte attiva, integrante per tutte le attività a beneficio degli altri. I coniugi furono senza figli: forse anche per questo, ai bambini in difficoltà si accostarono con un amore incondizionato, senza scopi secondari, senza fini di nessun tipo che non fossero quelli di recare del bene, di fare prendere la via della vita. Quando, poi, Umberto Boggian diventerà una figura di primo piano della vita culturale cittadina, ella ne sarà parte attiva: egli fu presidente degli Amici della Musica (che, con i Boggian, ebbero uno sviluppo ed una notorietà sino ad allora sconosciute), della Società Letteraria, dell’Associazione Dante Alighieri, collaborò con Filippo Nereo Vignola, allora podestà, alla conduzione dell’Ente lirico, fu pure presidente della Fondazione “B. Barbarani” per i giovani in qualche difficoltà soprattutto economica.
Clara non visse alla luce del marito, ma fu parte integrante dei suoi impegni non di lavoro. Amica di Caterina Vassalini, fu anche animatrice di alcuni circoli femminili veronesi di arte e di cultura: l’Associazione Nazionale Fascista Donne Artiste e Laureate, il comitato femminile dell’Associazione Dante Alighieri e, dal 1928, segretaria dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista dopo avere diretto il gruppo femminile di propaganda.
All’inizio del 1930, i Boggian acquistarono il palazzo tardosettecentesco in stradone San Fermo che era stato di proprietà di famiglie nobiliari e che essi occupavano già. Entrarono in possesso di una villa a Garda, le famose Terrazze in stile novecentesco, di un’altra villa a Bosco Chiesanuova, di una sulle Torricelle confinante con quella del giornalista-scrittore Arnaldo Fraccaroli; ebbero palchetti al Teatro Nuovo e al Filarmonico. La vita della cultura fu la seconda, dopo quella familiare, ma ebbe un’importanza capitale. Ristrutturarono il palazzo in via San Fermo – che diventerà il centro focale e mondiale della musica in casa privata – ma ogni luogo delle loro proprietà s’appressò ad aprire le porte dell’accoglienza ai più importanti musicisti e letterati italiani ed europei.
I coniugi Boggian passarono alla storia veronese soprattutto per il loro salotto musicale. Proprio per questo – per farlo diventare un luogo di delizia dell’udito e delle note – ristrutturarono in maniera così intonata che l’architetto Ettore Fagiuoli vi lavorò alacremente: e la resa del resto del palazzo, modellato tra il liberty e il bugnato antico, tra il classico e l’avvincente forma novecentesca, fu fregiata di affreschi e di un salotto da bar con un connubio architettonico di notevole classe. La particolare atmosfera della sala da musica, “ampia e pur raccolta” fu rievocata dai moltissimi testimoni dell’epoca con uno stile anche fatalmente enfatico, ma di unanime entusiasmo. Un pubblico selezionatissimo, ma sempre di alto valore sociale e culturale, passò le domeniche pomeriggio in un salotto dall’acustica perfetta, dal “fascino sottile” dove, alla fine del concerto o delle ore poetiche, aveva tutta la possibilità di colloquiare con gli interpreti.
Pure essendo un’ottima musicista, Clara amava molto gli incontri letterari; e con uno di questi volle inaugurare il suo salotto; avvenne nel 1929 con la presenza di tre Betteloni che rievocarono “Cento anni di poesia veronese. I Betteloni”.
Il notevole carteggio che ella intrattenne con molti degli invitati artisti o letterati, mostra un’abilità e un’affabilità non facilmente riscontrabili. Tra le due guerre ella fu il nume tutelare di tanti musicisti, di poeti ma, anche, di moltissimi bambini. Ogni sua attenzione andò per questi ultimi: durante la settimana Clara Boggian aveva gli sguardi per chi avesse bisogno; nessuno è in grado di dire, oggi ma neppure allora, che cosa spendesse per coloro a cui si rivolgeva: e non voleva nulla, se non fosse il silenzio.
I coniugi, forti dell’esperienza acquisita con gli Amici della Musica, per i loro concerti privati si rivolgevano alle migliori agenzie musicali italiane, concordando e talvolta “imponendo” le proprie scelte e i propri gusti dei programmi esecutivi.
Dal 1929 al 1946 si tennero, nel palazzo di stradone San Fermo, quarantacinque concerti con interpreti di indubbio valore. Grande amica di Elsa Olivieri Sangiacomo, prima allieva e poi moglie e interprete vocale di Ottorino Respighi, fu la prima donna ad ospitare Il poemetto, dello stesso autore; come accadrà per Pietro Bottagisio, compositore e primo direttore del Liceo Dall’Abaco di Verona che, per lei, compose la lirica L’acqua. Tra gli altri grandi italiani, mai ascoltati prima a Verona, possiamo citare Ildebrando Pizzetti, Franco Alfano, Pino Donati, Antonio Veretti, Mario Castelnuovo Tedesco, Francesco Balilla Pratella, Alfredo Casella. In quel salotto si sentirono i concerti di pianisti come Arthur Rubinstein, Carlo Vidusso, Ornella Santoliquido, Alexander Borowskij, Nicolaj Orlov, Paul Baumgartner, Arturo Benedetti Michelangeli, Nikita Magalov, di violinisti come Josph Szigeti, di violoncellisti come Maksim Amfiteatrov, di arpisti, di cellisti, il Quartetto Pro Arte (destinato alla morte durante la guerra nazifascista), il celeberrimo Trio Ungherese, il chitarrista Andrés Segovia. L’elenco – riportato completamente in Salotto Boggian 1930-1960 (v. Bibliografia) – apre una storia incommensurabile per la Verona di quegli anni. Fu ospite, graditissima e acclamata più volte, Madeleine Grey, la cantante che, per la sua amica Clara, intonò i suoi acuti “toujours en souvenir affectueux”.
Durante il periodo fascista, i Boggian, ma soprattutto lei, non dimenticavano assolutamente quella che era la realtà politica ed ideologica: ma furono attenti. Prima dell’avvento della legge razziale, entrata in vigore nel 1938, Donna Clara – come veniva chiamata – non aveva dimenticato le musiche ebraiche.
In quelle porte chiuse – mentre quelle musicali erano sempre aperte – si discuteva: il contatto con gli artisti suscitava sempre pomeriggi particolari di grande stimolo intellettuale; e la padrona di casa, eccelsa anche in questo, ne suscitava i contenuti sempre stimolanti: concerti memorabili, scrissero coloro che parteciparono.
E, accanto a quelle domeniche dove le note portavano gli astanti alla dimensione spesso non raccolta nelle sedi di altri luoghi veronesi, Donna Clara apriva pomeriggi e serate con la poesia, con la letteratura: vennero Vincenzo Errante, Guido Manacorda, Mario Donadoni (v. questo Sito), Lionello Fiumi (v. questo Sito), Veniero D’Annunzio, Emilio Mariano; il lungo carteggio che ella intrattenne con molti di loro illustra gli incontri di straordinario interesse che andavano da Dante a Goethe, dai classici ai grandi moderni. Donna Clara, oltre alle persone celebri, aveva aperto le sue porte ai giovani, a coloro che ancora apparivano poco conosciuti; vi andarono anche i veronesi che avevano aperto grandi finestre alla cultura della città: Gino Beltramini (v. questo Sito), Carlo Bologna, Berto Barbarani, Angelo Dall’Oca Bianca. Giuseppe Barni, Caterina Vassalini, Sandro Baganzani (v. questo Sito), Antonio Avena, Lina Arianna Jenna (v. questo Sito) ed altri ancora. Non dimenticò mai di essere animatrice dei circoli femminili veronesi di arte e cultura.
Nel 1947 venne a mancare Umberto Boggian. Con grande amore, Donna Clara prese in mano gli Amici della Musica, di cui fu vicepresidente, guidò la “Dante Alighieri”: per questa ideò, in particolare, l’iniziativa autonoma, ma pur sempre inquadrata nell’attività generale del sodalizio, dei convegni invernali indirizzati ad un pubblico prevalentemente femminile. Fondò il Club Soroptimist che divenne il tredicesimo in Italia, si associò alla Fidapa che raggruppa, tuttora, donne che occupano posti importanti nelle attività economiche. Diresse, in qualità di vice presidente, “Humanitas”, Associazione Internazionale Affratellamento Popoli, fondata a Roma subito dopo la fine della seconda guerra; dal 1947 la presiedeva Caterina Vassalini, la grande amica di sempre anche se, ormai, su posizioni ideologico-politiche diverse. La linea culturale offrì giornate memorabili presso l’Albergo Riva San Lorenzo: si parlava dei premi Nobel che andavano da André Gide a Thomas S. Eliot, a Salvatore Quasimodo; vennero Eugenio Montale, Riccardo Bacchelli, Diego Valeri, Carlo Bo, Giuseppe Ungaretti, Concetto Marchesi, Francesco Flora, Giulio C. Argan. Era andata, anni prima, a Firenze a conoscere Giovanni Papini, aveva reso visita a D’Annunzio al Vittoriale.
Furono anni di fervido lavoro finché, un giorno, s’accorse che un male la stava rodendo. Per non fare vedere il suo corpo, non più brillante, si ritirò nel silenzio, non uscì quasi più. M. Donadoni (v. Bibliografia) ne descrisse gli ultimi tempi: infelice e sola, percepì il disagio dell’ultima sua esistenza. “Sul Garda – egli scrisse – all’ombra d’un deodara profumato nei pomeriggi settembrini (del 1963) le leggevo Dante e Leopardi. Ascoltava con l’anima tesa e con intensa commozione… Le ombre del deodara lacustre, utili ai suoi occhi quasi spenti, raccoglievano i suoi lunghi silenzi e sapevano il dramma della sua solitudine e della sua intima sofferenza”. Fece testamento: lasciò – ma già il marito aveva in parte concordato con lei – pressoché tutto agli altri: a Bosco Chiesanuova la villa al Comune perché accogliesse i bisognosi, ugualmente la villa di Garda; legò al Comune di Verona il palazzo Boggian a perpetuo uso dell’attività didattica, culturale e musicale dell’allora Civico Liceo Musicale “F. E. Dall’Abaco”, ora Conservatorio Statale.
Quando se ne era andato il marito, Donna Clara aveva fatto scolpire, da Ruperto Banterle, la statua che lo ricordasse sulla tomba. Lo stesso artista mise anche lei accanto quando ella scomparve, a Verona il 4 agosto 1964. Una nobiltà, senza presunzione, segnò l’ultimo traguardo della sua vita.
Recentemente il Comune di Verona ha dedicato al suo nome una rotonda in Borgo Milano. Sulla sua figura rimane l’aureola della donna dolcissima, come un mito: “Stradone San Fermo 1955: I calici si riempiono, non appena si esauriscono le ultime note. Al pianoforte si sostituisce, pian piano, un amabile chiacchierare e una folla armonica inizia a fermarsi attorno a Donna Clara. Sorgono ringraziamenti, spunti, sorrisi; ella sorride. Quel ritmo costante avvolge la sala della musica, composta da arte e persone presenti. Donna Clara ne scandisce i momenti, come il direttore dell’orchestra”.

Bibliografia: Caterina Vassalini, In memoriam: Clara Boggian, “Vita Veronese”, 17, 1964, 8-9, pp. 440-441; Mario Donadoni, Nobiltà senza presunzione in Clara Boggian che visse in un idillio di musica e poesia “L’Arena, 6 settembre 1964, p. 6; Salotto Boggian: 1930-1960; protomoteca della Biblioteca Civica di Verona 27 novembre-9 dicembre 1987, a cura di M. Materassi, P. Rigoli, S. Tommasoli, Verona, Cassa di Risparmio di Verona,Vicenza e Belluno, 1987; Paolo Rigoli, Il salotto musicale e letterario dei Boggian (1930-1960), in Medioevo ideale e medioevo reale nella cultura urbana. Antonio Avena e la Verona del primo Novecento, a cura di P. Marini, Verona, Comune di Verona, 2003, pp. 299-305; Emma Cerpelloni, Boggian Zoboli, Clara, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 137-138; Maria Chiara Tommasi, Omnia vincit musica: casa Boggian dal salotto alla città, in Il conservatorio di Musica F. E. Dall’Abaco di Verona: gli edifici, la storia, il presente, a cura di L. Och, Verona, Conservatorio di Musica, 2008, pp. 135-144; Laura Och, Bruno Maderna a Verona: istituzioni e protagonisti dell’ambiente musicale fra le due guerre, in Maderna e l’Italia musicale degli anni Quaranta, a cura di G. Bonomo e F. Zannoni, Milano, Suvini Zerboni, 2012, pp. 29-43.

Giancarlo Volpato

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