Spezia Maria
…a cura di Giancarlo Volpato
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Cantante lirica, soprano, Maria Luigia Spezia nacque a Villafranca di Verona il 20 agosto 1828. Figlia di Luigi e di Cristina Montini, fu battezzata nel medesimo giorno in cui venne alla luce. I suoi studi si limitarono alle scuole elementari, com’era all’epoca in ogni parte d’Italia. Fin da piccola, probabilmente conscia della bellezza della sua voce e anche per l’amore che avvertiva in chi l’ascoltava, Maria Spezia (il suo secondo nome fu praticamente dimenticato) conobbe l’intelligenza e la capacità del padre il quale l’affidò ad un grande maestro; aveva solamente tredici anni quando la prese in consegna Domenico Foroni, compositore, direttore d’orchestra, educatore musicale originario di Valeggio sul Mincio e trasferito a Verona per gli impegni, tra i quali – oltreché la gestione di una propria scuola musicale – brillava quello di essere il maestro concertatore del Teatro Filarmonico. La famiglia Foroni vantava una discendenza di musicisti e, inoltre, Domenico aveva figli che sarebbero diventati molto celebri nella storia della musica: Antonietta cantante, Jacopo che divenne direttore dell’orchestra di Stoccolma e la nipote Amelia Conti-Foroni, soprano. Il mondo che accolse Maria Spezia fu, per quattro anni interi, quello che ella aveva voluto: imparò la musica, l’arte del canto, il succedersi delle melodie; devesi sottolineare, tra le molte attività del suo maestro, che Domenico Foroni non passò inosservato in nessun luogo per la capacità straordinaria dell’istruzione musicale.
In età estremamente giovanile, Maria Spezia fece il suo debutto con un concerto al Teatro Nuovo: aveva diciannove anni; il successo di quell’esordio le aprì il palcoscenico dei grandi teatri anche perché il pubblico veronese applaudì il soprano. Infatti, poco dopo – era esattamente il 20 gennaio 1850 – il debutto ufficiale avvenne al Teatro Filarmonico della città scaligera con l’opera di Vincenzo Bellini, Beatrice di Tenda. Nel ruolo di Beatrice, la dolce e splendida contessa, ingiustamente accusata di adulterio dal cattivo marito e giustiziata nella notte del 13-14 settembre 1418, Maria Spezia ne interpretò la figura in maniera così straordinaria che lo strepitoso successo nella stagione di quel carnevale aprì al soprano villafranchese tutte le strade. D’altro canto – ed è fatto accertato – l’unico dramma storico del catalogo belliniano, su libretto di Felice Romani, ebbe nella Nostra cantante una serie di ovazioni che appaiono leggibili nel lungo catalogo lasciato da Giovanni Ricordi: furono i grandi musicisti veronesi a scriverlo, quali Foroni stesso che diresse e Carlo Pedrotti, altro importante direttore e compositore d’opere musicali.
Dotata di una voce estremamente limpida, distesa, agile, intonata e uguale nei registri, Maria Spezia aveva acquistato pure la capacità della brava attrice, presentandosi con sicura padronanza di sé: figura che, sempre e in qualsiasi luogo, ogni cantante cercò di mettere in luce. Il pubblicò l’attese fuori dal teatro come era accaduto a Giuditta Pasta nel 1829.
Il 20 marzo 1850, sempre nel ruolo di Prima Donna, la cantante villafranchese ebbe lunghi applausi, sempre al Filarmonico cittadino, interpretando la Maria Padilla di Gaetano Donizetti e l’Attila di Verdi.
I successi aprirono per la Nostra delle tournées molto importanti. Il Teatro Carignano di Torino la scritturò: cantò in due opere poco note (La spia e La figlia del proscritto) e tenne pure alcuni concerti: il teatro era la sede ufficiale della Compagnia Reale Sarda e anche questa trasferta risulterà importante. Non si ritirò neppure da alcuni palcoscenici secondari; il suo nome e la fama avevano oltrepassato i confini e per la stagione 1852-1853 fu al Teatro Aleksandrinskij di San Pietroburgo, il grande complesso costruito su disegno di Carlo Rossi tra 1827-32 e voluto da Elisabetta, figlia di Pietro il Grande. L’esperienza all’estero, la prima di altre felici uscite dall’Italia, aveva richiamato il soprano anche fuori dei confini veronesi (quello torinese era stato piuttosto rapido). A Brescia, Maria Spezia interpretò Giselda ne I Lombardi alla prima crociata e Lady Macbeth nel Macbeth. Queste due grandi opere avevano già riscosso buoni successi e rimarranno tra le migliori del genio di Busseto.
Ma, proprio in quegli anni, a Giuseppe Verdi non sempre andava tutto così bene. Il 6 marzo 1853, l’opera che appare tra le più rappresentate e assai apprezzate dal pubblico anche attuale, conobbe quasi un disastro; al Teatro San Benedetto di Venezia, la prima de La Traviata fu fischiata e l’insuccesso – che l’autore attribuì, almeno in parte, al direttore d’orchestra Angelo Mariani come pure al soprano – non prostrò Verdi che, anzi, la volle ripetere nello stesso luogo e poco dopo. Il 6 maggio 1854, Maria Spezia cantò – non si sa bene se invitata dall’autore – interpretando il ruolo di Violetta, la protagonista dell’opera: e fu un trionfo. Qualcuno scrisse che, se La Traviata sopravvisse ed ebbe sempre così grande fortuna sino ai giorni nostri, i meriti saranno sempre da attribuirsi al soprano di Villafranca. Lo stesso Tito Ricordi, il 22 maggio 1854, spedì una lettera a Verdi sottolineando che persino l’Ernani (il cui esordio portò al compositore di Busseto un successo straordinario) non aveva conosciuto così grande trionfo.
Vale la pena ricordare che questi anni, di grande fama e di fortuna artistica, ravvivarono Maria Spezia la quale – e non se ne conoscono nel profondo i motivi – era stata oggetto di alcune forti critiche nei giornali, soprattutto veronesi, appena dopo l’esordio sui palcoscenici. Nella storia dell’opera sopra citata di Verdi, la cantante villafranchese fu una delle più grandi interpreti e dal quel momento cominciò per lei il migliore periodo.
Interpretò nuovamente il ruolo di Violetta Valéry al Théâtre Italien di Parigi (dove, quasi certamente, la figura della Spezia fu applaudita anche per la splendida immagine offerta e “ricopiata” dalla Signora delle camelie di Alexandre Dumas e che Francesco Maria Piave aveva sapientemente riscritto) e su altri palcoscenici in Italia. Fu chiamata in Spagna, a Madrid, dove ricoprì varie figure; si esibì come la schiava Abigaille nel Nabucco verdiano, fu la virile Odabella nell’Attila del medesimo, Elvira nell’Ernani come aveva già fatto in Italia, la Giselda nei Lombardi alla prima crociata (che aveva interpretato a Brescia), Bice nel Marco Visconti di Enrico Petrella, l’infelice Lucia nella Lucia di Lammermoor donizettiana, Eleonora ne Il Trovatore di Verdi, Leila ne L’ebreo di Giuseppe Apolloni e l’astuta Rosina ne Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini. La tempra dell’attrice si accoppiava benissimo con la maestria della cantante. I successi madrileni chiamarono Maria Spezia in Andalusia dove si esibì largamente sui teatri di Cadice, Siviglia, Valencia, Granada, Malaga; la via per il Portogallo era vicina e il più importante teatro di Lisbona, in quell’epoca assai trasandato, la chiamò affinché la voce raffinata del soprano potesse ridare luce ad uno dei palcoscenici dove per tanto tempo i reali avevano avuto il loro posto. Si presentò con Maria di Rohan, la cortigiana del Seicento, melodramma tragico in tre atti di Salvatore Cammarano e la musica di G. Donizetti; in quella fine del 1856, nella capitale portoghese, rimase per quasi tre mesi e interpretò quasi tutte le altre opere per le quali era stata applaudita in Andalusia.
Tra la fine del medesimo anno e l’inizio del successivo, Francesco Giuseppe e Sissi fecero un viaggio da Trieste a Milano accolti da applausi piuttosto freddi; nel gennaio 1857, a Porta Vescovo di Verona, si esibirono le bande provinciali e fu offerta, per i sovrani, una serata al Teatro Nuovo: Maria Spezia tenne un concerto per loro.
Per il soprano, certamente non per caso, cominciò ad aprirsi una nuova vita. Alla Scala di Milano (dove i signori d’Asburgo la rividero) cantò nel Nabucco e nel Don Carlo. I giornali internazionali, quelli musicali soprattutto ma non solo, avevano ormai sottolineato più volte la sua bravura. Chiamata a Londra nel 1857 cantò presso l’Her Majesty’s Theatre nel ruolo di Inés, bramata da Ferdinado, ne La favorita di Donizetti; poi, si fermò ancora a Parigi. Nel 1858 calcò nuovamente le scene a Milano presso il Teatro della Canobbiana (oggi Teatro Lirico Giorgio Gaber) e nuovamente alla Scala interpretando, in prima mondiale e durante la quaresima, la figura di Matilde nei tre atti della Pergolese di Stefano Ronchetti-Monteviti su libretto di Temistocle Solera; proseguì il lungo giro in Italia, ritornando a Napoli, dove riandrà poco tempo dopo.
Nel 1858 Maria Spezia aveva condiviso le scene con Gottardo Aldegheri (definito Aldighieri per errore nell’arruolamento presso l’esercito sabaudo: l’anagrafe del comune di Lazise, dov’egli nacque, riporta il cognome corretto), baritono, formatosi – egli pure – alla scuola di Foroni e maestro, poi, di Giovanni Zenatello (v. questo Sito): molto probabilmente si erano conosciuti in casa Foroni, ma poi l’attività li aveva separati. Il 6 agosto 1860, a Verona, il soprano e il baritono convolarono a nozze. Da quel giorno gli sposi cantarono sovente insieme: per tutte è giusto, almeno, ricordare l’edizione del febbraio 1861, definita memorabile, che i due offrirono nel Nabucco alla Scala; poi fecero coppia per il Don Carlo a Napoli e così pure per la prima nella città campana di Un ballo in Maschera verdiano (Amelia e Renato, le prime figure): entrambe dirette dal sommo Nicola De Giosa; così come Maria Spezia fu interprete del Don Carlos, infante di Spagna di Vincenzo Moscuzza, nella prima assoluta del compositore siracusano; fece fare un buon successo alla prima della Caterina Blum di Enrico Bevignani che lasciò, poi, la composizione operistica per affermarsi come direttore d’orchestra in Gran Bretagna.
La carriera della Spezia (che già a quel tempo amava firmarsi Maria Spezia-Aldighieri) continuò a brillare ancora. Andò a Trieste nel 1865, al Covent Garden di Londra dal 1857, poi a Madrid, Barcellona, Lisbona; furono grandi interpretazioni nelle vesti di Amalia ne I masnadieri, di Desdemona in Otello, di Gilda nel Rigoletto, di Lucrezia ne I due Foscari: fu la cantante prediletta di Verdi o, forse, fu Maria Spezia stessa ad amare le figure del bussetano. Nel 1856 interpretò molto bene Maria, la protagonista di Mazeppa di Carlo Pedrotti, amò con grande affetto i ruoli principali dell’Anna Bolena e di Gemma di Vergy: anche Donizetti teneva molto all’interprete veronese. Si esibì ancora nella Norma, ne La favorita, fu la Giuditta nell’opera omonima di Achille Peri, fu la Luisa Miller verdiana e fu Marion Delorme (o de Lorme) in quella omonima di Amilcare Ponchielli che con questa composizione dette l’addio all’opera lirica. Fu Valentina ne Gli Ugonotti di Giacomo Meyerbeer a Trieste nel 1857; ebbe anche lo spirito d’interpretare Saffo nella composizione omonima di Giovanni Pacini.
La Norma di Bellini assieme ad Angelo Mariani fu, assai probabilmente, l’ultimo atto felice della sua vita di cantante avvenuto al Teatro Comunale di Bologna. Già da un po’ di tempo, la voce di lei aveva dato segni di declino; la sua ugola meravigliosa per timbro, potenza ed estensione non riluceva più come prima: se ne accorsero i critici ma, assai intelligentemente, se ne accorse pure ella stessa. Il soprano che aveva cantato per i re e per i nobili, per gli aristocratici e per le grandi menti della musica ebbe il coraggio di ritirarsi. Se ne andò quasi in silenzio e deliziò coloro che l’avevano già accolta a Colognola ai Colli.
Nel 1870, la rivista “Il teatro” nel fascicolo n. 16 (15 giugno), dette la notizia che a Napoli (dove era con il marito) Maria Spezia aveva dato alla luce un figlio di nome Dante: questa volta non Dante di Alighiero, ma Dante Aldegheri. Maria Spezia dedicò alle cantanti le dovute attenzioni: fu, tra le altre, la maestra di Fausta Labia, ottimo soprano e sorella maggiore della celeberrima Maria Labia (v. questo Sito). I coniugi avevano acquistato una splendida villa a Colognola ai Colli già dal 1864 e quando, nel 1876, il soprano dette l’addio al canto, quella divenne la casa della famiglia. Qui si spense il 3 agosto 1907, quindici mesi dopo la scomparsa del marito.
Villafranca di Verona le ha dedicato una via e Colognola ai Colli un centro culturale presso Villa Aquadevita.
Bibliografia: Cesare Calvi, Maria Spezia-Aldighieri e Gottardo Aldighieri: cenni biografici, Firenze, Tip. delle Murate, 1868; Alberto Gajoni-Berti, Celebri cantanti veronesi del 700 e dell’800, Verona, Bettinelli, 1949, pp. 17-21; Alberto Gajoni-Berti, Cronistoria del Filarmonico (1732-1938), Verona, Bettinelli, 1963, pp. 97-98; Paolo Padoan, Voci venete nel mondo. I cantanti lirici veneti storia dell’opera e del canto, Taglio di Po (Ro), Arti Grafiche Diemme, 2001, pp. 53-54; Giovanni Villani, Spezia Aldighieri Maria, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 779-780; Tommaso Ferro, Maria Spezia: profilo di una diva veronese dell’Ottocento (in corso di stampa).
Giancarlo Volpato
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Foto da: Alamy