Altichieri Gilberto
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Giornalista, scrittore, Gilberto Altichieri nacque a Oppeano il 18 aprile 1904; il padre Plinio, proprietario terriero e la madre francese, Suzanne Ledoux, lo educarono ad una vita di cultura e di grande signorilità. Dopo gli studi liceali a Verona, egli si laureò, in Scienze Consolari, a Venezia. Era nato, non per la carriera diplomatica, ma per il giornalismo e la letteratura. Abbracciò il primo con l’entusiasmo dei suoi giovani anni, ma soprattutto attratto dal valore che – allora – aveva l’informazione attraverso la pagina scritta.
Nel 1932 iniziò a collaborare con il “Corriere Padano”, cominciò a pubblicare i suoi prima saggi su due straordinarie riviste culturali dell’epoca: “Campo di Marte” e “Letteratura” e l’anno dopo fu assunto dal “Corriere della Sera”. Emigrò subito, inviato in Gran Bretagna: viaggiò tra Inghilterra e Irlanda. Il corrispondente del maggiore quotidiano italiano, fu attratto dalla letteratura dei grandi scrittori di lingua inglese. Sul suo tavolo, in un ufficio nel cuore di Londra, arrivavano, ogni sera, le bozze del “Times”: puntualmente, a mezzanotte attraverso il telex (com’era allora), Gilberto Altichieri comunicava al suo giornale le notizie che il più importante quotidiano europeo avrebbe trasmesso il giorno dopo sulle sue pagine: il suo compito era scegliere e redigere le notizie più rilevanti per il pubblico italiano e il “Corriere della Sera” era il primo, in Italia, a metterle per iscritto.
Intanto non tralasciava i suoi interessi letterari: da James Joyce, il “perpetuamente rivoluzionario” com’egli lo definì, ad Aldous Huxley, da Henry James a Emily Dickinson, la dolcissima, stralunata poetessa dal cuore rigonfio di vita e di amore, sino a Katherine Mansfield della quale fu il primo traduttore italiano dei Poemetti. Ma non dimenticava la sua amicizia con Luigi Pirandello, con Dino Buzzati, suo collega al giornale milanese né abbandonava gli scambi letterari con Carlo Bo, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Vittorio Sereni (con alcuni di questi esiste il carteggio) e collaborava con le maggiori riviste letterarie italiane: da “Frontespizio” a “La Fiera letteraria”, a “Corrente” e a quelle con le quali aveva iniziato.
Immediatamente prima dello scoppio della guerra, nel 1940, Altichieri venne richiamato in Italia: per un giornalista di paese nemico non sarebbe stata gradita la presenza. Ma il suo dolore proseguì; antifascista convinto, non avrebbe mai potuto scrivere su un quotidiano, tanto meno per il “Corriere della Sera”; così, il direttore Aldo Borelli lo camuffò: nessuno poteva fare senza della sua penna arguta, cólta e intelligente. In questo modo, per quasi cinque anni, con lo pseudonimo di “Oliviero”, Gilberto Altichieri – che divideva la stanza con Buzzati – poté firmare le sue cronache letterarie, le sue bellissime peregrinazioni intellettuali. Ma la vita, a Milano, per un antifascista, era finanziariamente complicata; sposato e con due figli, ebbe grandi difficoltà. Dopo l’8 settembre 1943 entrò in semiclandestinità. Lo aiutarono i colleghi e le buone disponibilità finanziare della famiglia che era ad Oppeano.
Finì la guerra e Altichieri fu riassunto ufficialmente al “Corriere”: era il 25 aprile 1945. L’entusiasmo per la liberazione durò poco; il giorno dopo, il 26 aprile, i tedeschi in fuga dal paese di Oppeano, uccisero – assieme ad altri – i suoi due fratelli, Marcello e Plinio. Incuranti dell’ordine di non proseguire con le armi o, forse, non a conoscenza, i nazisti e i fascisti (che ad Oppeano avevano una loro sede), perpetrarono con ferocia brutale l’orrendo massacro. Per il giornalista il colpo fu pesantissimo e si riaffermò, in lui, il senso profondo della giustizia e della pietas per un piccolo centro così brutalizzato.
Rimase ancora a Milano, poiché il giornale aveva bisogno di lui e della sua penna.
Nel 1947, tuttavia, rientrò al paese natìo. Vi erano più famiglie da accudire, vi erano le proprietà terriere, la villa della sua infanzia e della sua giovinezza. Fu accolto come un punto di riferimento: la comunità lo volle sindaco ed egli si dedicò con amore infinito e con l’eleganza intellettuale che gli era propria a cercare di ridare un senso alla vita dei suoi concittadini: qui, per molto tempo, fascisti e nazisti avevano scorrazzato, seminando panico e paura, sorretti da un manipolo di loro sostenitori.
Mandò, ancora, qualche scritto al “Corriere della Sera”, ma la sua esperienza milanese era giunta al termine.
Gilberto Altichieri fece di Oppeano la sua residenza permanente condividendola con una casa in città. La qualità della sua scrittura, il nitore e la modernità della sua prosa, anche negli articoli di più breve momento, non vennero meno. Furono gli anni in cui pubblicò Il passato raggira, una sorta di romanzo autobiografico scritto con la freschezza e la felicità espressiva, con la ricchezza di una tavolozza su cui, intatti, erano stati stesi i colori; egli, che amava l’arte, dette alle stampe Pittori veronesi del ‘900 e divenne, per alcuni anni, il Presidente della Società Belle Arti di Verona; la sua stagione umana e letteraria più bella gli fece scrivere L’urbe ilare e pensosa: un affresco alla sua Verona e ai suoi artisti dove Altichieri raccolse le perle di una scrittura e di una intuizione artistica singolarmente felici.
Uomo intelligente e di non ostentata cultura fondò “L’Adige del lunedì”: allora i quotidiani uscivano sei giorni alla settimana e il giornalista cercò di non lasciare soli i lettori. Esso era, anche, il giornale del Partito liberale italiano, al quale egli era iscritto: ma, più che appartenente ad un partito italiano egli era, e sempre lo fu, un “liberal” anglosassone. “La campagna non era il mio mestiere”, egli sosteneva; come non amava il calcio che, però, nel giornale del lunedì, aveva tutta la sua rilevanza; ed allora, con l’arguzia e il nitore della poesia, scriveva il fondo dell’“Adige” superando con pungente ironia gli accadimenti sportivi della domenica. Fu anche Presidente dell’Ordine giornalisti di Verona.
Al suo paese dedicò il romanzo Cortemurata, dove trasfigurò la società rurale di Oppeano. “Fui colpito dalla sua cultura e dai suoi modi, scrisse il grande giornalista Gaetano Afeltra: mi sembrava per metà un lord inglese con accento veneto e per l’altra metà un nobile veneziano educato in Inghilterra”.
Gilberto Altichieri se ne andò, improvvisamente, a Verona, il 23 aprile 1979.
Oppeano gli dedicò la piazza principale del paese, quella davanti al municipio ch’era stato, per qualche tempo, il luogo del suo amore per la terra che gli aveva dato i natali; a Legnago, invece, una via porta il suo nome.
Bibliografia: Associazione veronese della stampa, Gilberto Altichieri giornalista, Verona 1987; Giuseppe Brugnoli, Gilberto Altichieri, giornalista e scrittore: fu corrispondente a Londra, “Verona In”, 1 giugno 2006, pp. 1-3; Gino Colombo, Altichieri Gilberto, in Dizionario Biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 29-30; Bruno Chiappa-Gian Maria Varanini, Gilberto Altichieri (1904-1979), in Oppeano: il territorio e le comunità, Verona, Scripta Edizioni, 2013, pp. 318-320; Antonio Spadaccino, Gilberto Altichieri, in La storia di tante storie: giornali e giornalisti del Veneto, Venezia, Ordine dei giornalisti del Veneto-Pordenone, Biblioteca dell’Immagine, 2016, pp. 67-69; Michela Saggioro, Gilberto Altichieri, un corrispondente da Londra del Corriere della Sera di Oppeano, “M@arcopolo: il giornale telematico dei Veneti nel mondo”, 6 marzo 2017, s.n.
Giancarlo Volpato