Beltramini Gino (Gibe)
… a cura di Giancarlo Volpato
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Letterato, studioso, giornalista, nacque ad Engazzà di Salizzole il 22 giugno 1908. Il suo nome, la sua figura, gli acronimi usati (Gibe, GiBe, gibe, g.b.), la qualifica con cui fu affettuosamente chiamato (“el Profe”), il sorriso un po’ ironico e un po’ riservato, il suo intercalare con gustose battute vernacolari furono – e sono tuttora – il sinonimo dell’uomo che, per quarant’anni, rappresentò la “veronesità” nel senso più alto del termine.
Studiò presso la Casa dei Buoni Fanciulli di Verona dov’ebbe modo di conoscere San Giovanni Calabria di cui fu un filiale amico. Si laureò – studente lavoratore – a Padova, nel 1934, in Lettere moderne con una tesi su Garibaldi scrittore e dall’anno successivo insegnò costantemente all’Istituto “Alle Stimate” sino al 1944, anno in cui abbandonò la scuola: una decisione della quale, con pudore e riservatezza, non volle mai parlare; durante il periodo fascista aveva ricoperto alcuni incarichi nell’ambito dell’istruzione, però non talmente importanti da compromettere il resto dell’esistenza: ma Beltramini non volle mai scendere a patti con nessuno. Aveva sposato Francesca Ronca da cui ebbe tre figli e di cui rimase vedovo in età giovanile.
Fece il rappresentante per alcune case editrici scolastiche, ma dedicò la sua vita alla cultura veronese; la città, dov’egli era venuto ad abitare, l’avvolse come una delle menti più lucide della veronesità, in senso assoluto.
Collaborò a “L’Arena” per quasi tutta la vita, dette avvio – assieme a Bruno De Cesco – alla casa editrice “L’Albero” e nel 1948 fondò, con Lanfranco Vecchiato ed Emilio Giacometti “Vita veronese”: fu la sua anima, uno degli scopi dei suoi giorni e qui costruì la sua celebrità ch’egli non cercò mai; ma la rivista, cui fu abbinata una casa editrice dello stesso nome (e che regalò a Verona e al suo territorio fama imperitura) rimase il fulcro per tutti i veronesi, grandi o piccoli che fossero, importanti o semplici cittadini. Beltramini non negò mai a nessuno la possibilità di cimentarsi su quelle pagine e, grazie a lui, uscirono studiosi che poi diventarono noti in campo nazionale.
La Patria piccola – com’egli amò definire la sua Verona – era il luogo per amare la Patria grande; sarà opportuno, almeno, citare la collana “Le guide” che fece conoscere tutti i centri della provincia oltre ad alcuni studi storici di indubbio valore. Collaborarono con lui Raffaele Fasanari, Mario Maimeri e Gianni Faé. Bepo Spela (al secolo Giuseppe Barni) nel 1948 fondò il “Cenacolo della poesia vernacola veronese” e Beltramini fu l’anima di questa istituzione della quale, poi, tenne la presidenza per lungo tempo. L’anno dopo fondò e diresse “Musa triveneta” con Terio Ferrari: e dette vita ad un gruppo di poeti e dicitori dialettali, portando i versi veronesi in istituzioni anche prestigiose.
Attorno a lui si creò un vasto consenso; capì che la sua città aveva anche bisogno di altro: di rilanciare la sua parlata, di creare concorsi letterari, di fondare un umanesimo “veronese” moderno e adeguato ai tempi. Così dette alle stampe contributi interessanti quali Berto Barbarani: la vita e le opere (1951) che gli valse una lunga, bellissima polemica con Pier Paolo Pasolini sul valore della “lingua veronese”, gli studi sulle stesure della Giulietta e Romeo e di altre opere giovanili del maggiore poeta veronese.
Forse grazie a lui, alla pervicacia del suo modo gentile, ironico, ornato di grazia e di rara polemica, cominciò a fiorire una vasta “prateria” – com’ebbe metaforicamente a definirla – di poesie in dialetto o, meglio, in “lingua” (su cui Beltramini non transigeva) e coloro che vi si cimentarono (da Giovanni Battista Pighi a Egidio Meneghetti, solo per citare i grandi, ma non furono gli unici: v. in questo Sito) ebbero da lui solamente appoggi. Scrisse anche libri per la scuola, ma andrà sottolineato, almeno, ch’egli pubblicò – con Elisabetta Donati – un Piccolo Dizionario veronese-italiano ch’ebbe, poi, numerose edizioni rivedute e aumentate. Nel 1955 ideò il Diario scaligero con lo scopo preciso di offrire agli scolari delle elementari e delle scuole medie la conoscenza della città, dei suoi uomini, delle sue vicende che la resero come essi potevano vederla. Si cimentò, con Gianni Faé (v. questo Sito), in una specie di “bottega d’antiquariato del libro veronese” e fondò la casa editrice Corev con lo scopo di diffondere la cultura della città e della provincia scaligera.
Sino al 1972 ricoprì il ruolo di “segretario di Giulietta” rispondendo a migliaia di lettere indirizzate all’infelice amante, conscio di dover tenere viva, nell’interesse della città, la tradizione della più famosa eroina d’amore che il mondo abbia mai conosciuto.
Divenne uomo pubblico anche se si defilò sempre dai facili entusiasmi: non venne mai meno la collaborazione con i giornali, soprattutto con “L’Arena” su cui tenne delle rubriche seguitissime e di acuto interesse. Non scrisse molto, ma lasciò un numero infinito di collaborazioni brevi e divulgative; postumo uscì il volume Le strade di Verona entro la cinta muraria e rimangono le tracce di una fascinosa avventura I “misteri” del gaudio, del dolore, della gloria nell’arte veronese che non vide mai la luce.
Ottenne numerosi riconoscimenti, locali e nazionali, dei quali non si gloriò mai; di lui e delle sue iniziative parlarono giornali a tiratura nazionale, si onorò dell’amicizia e della corrispondenza – spesso fitta e serrata – di oltre trecento corrispondenti tra i quali nomi prestigiosi della cultura e del giornalismo italiano. Almeno quattro Accademie lo annoverarono tra i loro membri e, tra queste, quella di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona lo ebbe dal 1974. Onorò Verona con la penna e con la vita, con l’azione e con l’amore.
Scomparve il 2 febbraio 1983 e, un mese dopo, la sua memoria fu così scritta in una medaglia d’oro: “A ricordo di Gino Beltramini anima di Verona: ne è stato l’ambasciatore sorridente e gentile, intelligente e colto, umanissimo e buono: vera voce della gente veronese”.
Salizzole gli ha intitolato la biblioteca civica; la città gli ha dedicato una via come pure hanno fatto Volargne (comune di Dolcé) e Zevio.
Bibliografia: Silvana Beltramini Marzocchi, Appunti per una biografia di Gino Beltramini e Ead., Scritti di Gino Beltramini, in “Civiltà veronese”, a. 2 (1986), n. 6, rispettivamente pp. 51-69 e 71-93; Giancarlo Volpato, Beltramini Gino, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 93-95; Giancarlo Volpato, Libri d’arte per anniversari…di carta: Giovanni Battista Pighi, Giovanni Mardersteig, Gino Beltramini e la cartiera Fedrigoni, in Tra libri, lettere e biblioteche. Saggi in memoria di Benedetto Aschero, a cura di Piero Scapecchi e Giancarlo Volpato, Milano, Bibliografica, 2007, pp. 235-254.
Giancarlo Volpato