Spagnolo Antonio

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Don Antonio Spagnolo

Ecclesiastico, Prefetto della Biblioteca Capitolare, paleografo e codicologo, Superiore degli Istituti “Don N. Mazza”, Antonio Spagnolo nacque a Badia Polesine (Rovigo) il 16 gennaio 1863, da Gaetano e Margherita Piubelli, in una famiglia di umili origini e di scarse possibilità economiche. Terminata la scuola elementare nel suo paese della bassa polesana, egli espresse il desiderio di studiare. Non potendo il padre suo, che faceva il sagrestano, sostenere spesa alcuna, egli venne accettato nell’Istituto mazziano nel novembre del 1874. Nelle scuole ginnasiali e liceali del Seminario Vescovile di Verona, che accoglieva anche i giovani di quell’Istituto, si distinse per il suo pronto ingegno, per l’amore allo studio e, già allora, per la sua capacità di essere vicino agli altri. Era volontà sua di farsi sacerdote e cooperatore dell’opera di Don Mazza.
Tuttavia, egli era di altra diocesi e, quindi, nel 1882, terminata la terza liceale, per gli studi teologici dovette ritornare nel Seminario di Rovigo; grazie all’interessamento dell’allora superiore mazziano, Don Gioacchino Tomba, la curia rodigina permise il ritorno dello Spagnolo nel Seminario veronese poco tempo dopo e qui concluse gli studi teologici; venne ordinato sacerdote il 10 agosto 1886 dal Cardinale Canossa e, due giorni dopo, celebrò la sua prima messa nell’Istituto femminile del Mazza, dove, più tardi, egli ne diverrà vice-rettore. Chiese ed ottenne di essere incardinato nel clero scaligero: il suo primo incarico fu quello di cappellano nella chiesa di S. Stefano, divenendo il direttore del fiorente patronato parrocchiale soprattutto giovanile che si occupava di assistenza, istruzione religiosa e vita associativa della comunità. Nello stesso tempo, andava quotidianamente a celebrare nella chiesa di S. Leonardo in Valdonega, oltreché dedicarsi alla predicazione, a dare ripetizioni ai giovani dell’Istituto: gesti, questi due ultimi, che don Spagnolo non abbandonerà mai. Infatti, egli fu insegnante di varie materie: in questo compito, come sarà in ogni istanza della sua vita, il sacerdote rodigino (ormai diventato veronese a tutti gli effetti) dimostrerà la sua bravura ma pure il suo modo, piuttosto austero di educatore, benefattore e assai benemerito; tutti riconosceranno, in lui, l’uomo preciso ma sempre molto attento a tutti e dotato di straordinaria capacità nella comprensione degli altri.
Amante dello studio e delle ricerche storiche, don Spagnolo aveva cominciato a frequentare, poco tempo dopo l’ordinazione sacerdotale, la celebre Biblioteca Capitolare. Egli non aveva effettuato studi di paleografia, di codicologia e neppure di bibliografia: potrebbe apparire strano che un uomo come il Nostro, pressoché esclusivamente autodidatta seppure con qualche aiuto culturale di Mons. Giovan Battista Giuliari, grande e illuminato Direttore di quella che – ancora oggi – è la biblioteca più antica del mondo regolarmente aperta, si sia dedicato con un amore e, poi, con una competenza universalmente riconosciuta, a delle scienze bibliografiche così rilevanti. Nel 1892 venne a mancare il Giuliari e, meno di due anni dopo, nel 1894, don Antonio Spagnolo ne raccolse la difficile eredità. Egli non era canonico – come, invece, di consuetudine – e, quindi, non gli si convenne mai il titolo di bibliotecario né di direttore, ma quello di Prefetto o vice-bibliotecario. A portarlo a dirigere un’istituzione così prestigiosa e a sostituire un grande come il predecessore furono l’amore per gli studi e l’acuta intelligenza non disgiunte dalla stima che Carlo Cipolla, uno dei maggiori storici italiani di origine tregnaghese e Giuseppe Biadego, probabilmente il più grande direttore della biblioteca civica veronese, nutrivano per lui. Da quel giorno (e fu, forse, uno dei rari casi), uno studioso che non aveva avuto dimestichezza con la biblioteconomia, ma che era dotato di una capacità autodidattica straordinaria, cominciò a lasciare al mondo della cultura delle tracce importanti della sua professione. Spagnolo iniziò allora a scrivere; fu autore di 54 pubblicazioni a stampa e di quel manoscritto che diventò il suo lavoro più importante, riconosciutogli dal mondo anche degli studiosi non necessariamente paleografi o biblioteconomi: quello sui manoscritti della Capitolare, uscito a stampa nel 1996 (v. Bibliografia). Il Biadego scrisse: “Egli fu un così esperto conoscitore, interprete e trascrittore delle scritture anteriori all’anno Mille che fu un esempio mirabile di quello che può un ingegno unito a ferrea tenacia di volontà”.
Nel 1895 fu chiamato dal Superiore dell’istituto don Gioacchino Tomba affinché assumesse la carica di rettore e don Spagnolo non accettò poiché egli era il più giovane dei presbiteri di S. Carlo, ma non poté rifiutare quella di vice-rettore oltreché quella di responsabile della sezione femminile e si assunse pure il difficile compito della disciplina dell’Istituto. I giovani lo ricorderanno sempre come un uomo austero tanto da apparire severo ma riconosceranno, in lui, il cuore eccellente, pietoso, che si piegava davanti alla miseria e aiutava tutti. Da quel momento il nostro sacerdote passerà i suoi giorni tra la biblioteca e i suoi doveri all’interno del suo istituto. Nel 1899 il Superiore venne a mancare; due anni prima, però, questi aveva redatto un testamento olografo nel quale aveva lasciato a don Spagnolo l’eredità universale del patrimonio dell’Istituto e la direzione dello stesso. Il Nostro accettò solo la prima delle due cose (che poi utilizzerà in maniera straordinariamente efficace) e si dette da fare affinché fosse eletto superiore, con l’aiuto e il permesso del vescovo di Verona, don Giovanni Beltrame, il celebre missionario che aveva passato parecchi anni in Africa centrale. Da questo momento il lavoro di don Spagnolo, all’interno del suo Istituto, divenne assai pressante: lo straordinario mutamento ch’egli apportò iniziò dal 1900. Il Regio Decreto del 6 maggio di quell’anno dava al “Don Mazza” uno statuto giuridico “civile”, in cui si attribuiva la competenza al Comune per la nomina dei responsabili. Due mesi dopo, il nuovo vescovo Bartolomeo Bacilieri (che diventerà cardinale nell’aprile 2001) promulgava un suo “Statuto canonico”, nel quale rivendicava a sé la scelta dei sacerdoti da destinare alla responsabilità dell’Istituto; inoltre, attribuiva a questo una precipua funzione di preparazione al sacerdozio.
Nel primo trimestre del 1902 questi atti del vescovo suscitarono feroci frizioni nella stampa veronese soprattutto nei giornali che, all’epoca, potevano considerarsi i corifei dell’anticlericalismo italiano: “L’Adige”, settimanale radicale e “Verona del popolo”, socialista ne furono gli alfieri: anche “Verona fedele”, però, non rimase in silenzio; furono attaccati Bacilieri, Beltrame e anche Spagnolo: quest’ultimo ne soffrì assai anche perché ne era stato coinvolto probabilmente controvoglia; c’era preoccupazione anche da parte degli avversari affinché non venisse meno la fedeltà al Fondatore.
Egli era e fu sempre un amministratore assai preciso e nel 1904 divenne rettore dell’Istituto maschile.
Nel 1906 morì don Beltrame, allora ottantenne; don Antonio Spagnolo fu il nuovo Superiore generale. Nonostante una certa timidezza che gli allievi avevano nutrito nei suoi confronti – soprattutto quello femminile che lo considerava piuttosto severo – egli dimostrò la sua capacità nel buon funzionamento e nell’affettuosità che seppe mettere in auge.
Le dimensioni considerevoli dell’Istituto misero alla dura prova le capacità del Nostro e ciò che fece rimase nella storia del “Don Mazza”: rinnovò le sedi, ampliò gli edifici, accolse tutte le persone bisognose e meritevoli, elaborò piani di riforma istituzionale, qualificò il personale; per tutti questi ed altri lavori, don Spagnolo donò anche i suoi risparmi ch’egli aveva messo insieme dai pure bassi stipendi (che, intelligentemente, aveva utilizzato per comperare delle azioni, poi fortunatamente rivalutate), regalò quel poco che la propria famiglia aveva lasciato, mise a profitto l’eredità – pervenuta nel 1911 –  della contessa Giulia Paletta Sigismondi, inizialmente contestata, ma poi correttamente data all’Istituto. Proprio grazie anche a quest’ultimo bene di notevole entità, il Superiore Spagnolo costruì il nuovo moderno fabbricato pieno di luce e di spazio per la gioventù che veniva accolta. A proprie spese, sulla bella facciata volle il monumento in bronzo dedicato al fondatore, opera dello scultore Egidio Girelli. Il nuovo fabbricato era quasi terminato, ma Spagnolo non poté vederlo abitato dai suoi allievi: i primi ad occuparlo furono i soldati essendo stato forzatamente utilizzato, all’inizio del 1916, quale ospedale militare. Nel breve tempo di vita che gli rimase, il Superiore non ebbe alcun timore nel proclamare la sua disponibilità di mettere il fabbricato a chi serviva la patria, ma volle, pure, con grande amore, gli orfani e le orfane dei combattenti del conflitto oltreché i figli dei richiamati di quella guerra; per quanto riguarda l’Istituto maschile, durante il periodo bellico fu accolta solamente una decina di studenti.
Nonostante il pesante incarico quale Superiore, il Nostro non abbandonò mai la sua presenza nella Biblioteca Capitolare; dormiva assai poco, non si curava affatto di se stesso né delle proprie malattie; diligente, metodico, egli assurse a fama di eccellente paleografo, di perspicace indagatore bibliografico e di buono scrittore. Conosciuto all’estero, oltreché in Italia, divenne amico e corrispondente di grandi studiosi della biblioteconomia, della codicologia. Limitandoci alla nostra penisola, è giusto ricordare il Card. Franz Ehrle, allora Monsignore, direttore della Biblioteca Vaticana, cui Spagnolo affidò il restauro di alcuni codici unici al mondo e il Card. Achille Ratti, della Biblioteca Ambrosiana di Milano, poi diventato Sommo Pontefice con il nome di Pio XI nel 1922.
In quell’epoca non gli mancarono i riconoscimenti. Nel 1898 era stato nominato membro effettivo dell’Accademia di agricoltura, scienze, lettere, commercio ed arti di Verona, ma fu chiamato pure come socio dell’Istituto archeologico germanico. Per il suo lavoro scientifico e le sue benemerenze ebbe assegnata la croce di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro; il suo nome risuonò, anche, tra i grandi studiosi francesi e tedeschi della paleografia e della biblioteconomia con alcuni dei quali pubblicò dei saggi.
Appare assai difficile parlare di tutte le sue opere scritte: quindi ne ricorderemo alcune anche se la sua bibliografia completa appare in molti degli scritti presenti al termine di questo profilo.
Tra le opere storiche eccelle Le scuole accolitali in Verona (1905), uno studio mancante sino ad allora sulla più antica istituzione della Chiesa scaligera, ma non vanno dimenticati altri importanti contributi quali Di Don Nicola Mazza e della 1° missione nell’Africa centrale (1909), robusta ricerca condotta su documenti inediti e con appendice di lettere di missionari veronesi e Vita di S. Leonardo romito del Limosino: storia del suo culto e de’ principali miracoli (1901).
Tra quelle paleografiche si ascrivono certamente i maggiori suoi contributi; in questi egli restituì a Scipione Maffei tutti i meriti del letterato sull’unicità, sull’organicità storica delle scritture presenti nella Capitolare a cui dedicò almeno tre importanti scritti. Spagnolo si occupò di codici, pergamene e manoscritti oltreché di scritture avvenute prima dell’anno Mille: citiamo solamente Abbreviature nel minuscolo veronese e un saggio sulle note tachigrafiche o stenografiche sparse qua e là in margine ai manoscritti. La ricchissima documentazione della biblioteca del Capitolo gli offrì il modo di occuparsi di opere su questi ultimi, alcune delle quali di enorme importanza e di sicura eccellenza come quella sul codice di Gaio, diventato celeberrimo, rescritto e comunemente detto palinsesto: straordinaria fu la riproduzione fototipica di questo e da lui curata (260 tavole in folio, con sua introduzione in latino), eseguita a Lipsia nel 1909. Il lavoro degli studiosi sul codice di Gaio, proprio grazie a Spagnolo, diventerà di un interesse dapprima sconosciuto. Famosi rimasero alcuni saggi storico-liturgici nei quali probabilmente trovò la maggiore gratificazione: ricordiamo soltanto Tre calendari medioevali veronesi con prefazione storica (1915) dove mise a conoscenza tre preziosi documenti della tradizione eortologica del nostro territorio appartenenti rispettivamente ai secoli IX, X e XI.
Ciò, però, che lo fece massimamente ricordare ai posteri fu quel lavoro di schedatura che un suo successore, Mons. Giuseppe Turrini, lodò e utilizzò nei propri studi e che solamente in tempi, relativamente recenti, ha visto la luce: il Catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca Capitolare. Redatto quasi certamente su suggerimenti di F. Ehrle e di Achille Ratti, esso appare, oggi, una pietra miliare nella storia della biblioteconomia veronese e non solo; chi lo corresse (don G. Turrini) ne riscontrò solo pochi errori ed imperfezioni. Del suo lavoro Spagnolo diede conto nei quattro articoli (1896, 1897, 1899, 1901) della Storia letteraria della Biblioteca Capitolare di Verona, 1894-1900.
Nel 1915, don Spagnolo fu pregato di insegnare anche nel Seminario Vescovile; non rifiutò neppure questo impegno e non volle essere retribuito; trascurò il sonno, le notti, il riposo del quale non conosceva alcuna forma. Di notte curava pure, con un’attenzione riconosciutagli, l’amministrazione dell’Istituto. Rimandò un’operazione erniale che avrebbe dovuto fare a causa della mancanza di tempo sino alla fine dell’anno scolastico; la subì all’Ospedale Maggiore di Verona il 24 luglio 1916; nonostante la buona riuscita gli sopraggiunse un altro male sconosciuto ai medici.
Don Antonio Spagnolo spirò nel nosocomio la domenica 30 luglio 1916; l’unanime cordoglio si appropriò, giustamente, della sua morte avvenuta, per tutti, a causa della sua tenacia nel lavoro e nell’assoluta dimenticanza di se stesso: era assai deperito. Aveva 53 anni. Alla Capitolare gli successe Giuseppe Zamboni (v. questo Sito). Le sue carte e i suoi libri si conservano in questa biblioteca, che gli dedicò una delle sale al primo piano
Nonostante i molti meriti, lo Spagnolo non godette delle considerazioni del Capitolo del clero scaligero, né – in generale – delle autorità ecclesiastiche, ma la sua figura di maestro, di educatore, di benefattore, di studioso e di lavoratore infaticabile trascende le inevitabili contraddizioni della vita.
Badia Polesine e Verona gli hanno dedicato una via. Porta il suo nome la biblioteca dell’Istituto che l’ospitò, che diresse e per il quale spese buona parte delle sua vita: nella medesima si trova pure una lapide marmorea con il suo volto e i suoi maggiori connotati ed un busto bronzeo di E. Girelli del 1926.

Bibliografia: Giuseppe Biadego, Antonio Spagnolo: parole dette nell’adunanza dell’Accademia del giorno 12 novembre 1916, Verona, Franchini, 1916; Emilio Crestani, Don Antonio Spagnolo nel decimo anniversario dalla sua morte (1916-1926), in “Don Nicola Mazza. Bollettino semestrale dell’Unione ex allievi”, n. 5, Verona, marzo 1926, pp. 95-111; Giuseppe Turrini, Don Antonio Spagnolo prefetto della Biblioteca capitolare di Verona (1894-1916), Verona, Bettinelli, 1941; Gianni Faé, Una polemica giornalistica riguardante gli Istituti di don Nicola Mazza, in “Note mazziane”, VI, 1971, pp. 16-20; Gian Paolo Marchi, Don Antonio Spagnolo e il catalogo descrittivo dei manoscritti capitolari, in A. Spagnolo, I manoscritti della Biblioteca Capitolare di Verona: catalogo descrittivo, a cura di Silvia Marchi, Verona, Casa Ed. Mazziana, 1996, pp. 24-38 con la bibliografia dello Spagnolo alle pp. 39-41; Giuseppe Franco Viviani, Archivisti e bibliotecari di Verona (sec. XX), in Per Alberto Piazzi: scritti offerti nel 50° di sacerdozio, a cura di Carlo Albarello-Giuseppe Zivelonghi, Verona, Biblioteca Capitolare, 1998, pp. 444-446; Alberto Piazzi, Tempi e luoghi della memoria, v. 2°, a cura di Lorenzo Antonini, Dossobuono (Verona) 1998, pp. 339-350; Giancarlo Volpato, Spagnolo Antonio, in Dizionario biografico dei veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 771-773; Dario Cervato, Tunica Christi. Preti veronesi del Novecento, Verona, Curia Diocesana, 2010, p. 134.

Giancarlo Volpato

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Foto da: www.aib.it

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