Martini Nino

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Nino Martini

Cantante lirico, tenore, attore cinematografico, Antonio Gaetano Martini, detto Nino, nacque a Verona il 7 agosto 1902: egli era il secondo di quattro figli e la famiglia viveva nel quartiere dei Cappuccini, sull’area dell’antico convento dove si trova la tomba di Giulietta. Il padre, Beniamino, era il custode della leggendaria eroina shakespeariana oltreché del “Campo Fiera Cavalli”, un ampio recinto con grandi scuderie ricavato negli orti dei Padri Cappuccini e dove, semestralmente, si tenevano i più grandi mercati europei equini. La madre, Alessandra Tauber, era figlia di un ex ufficiale boemo arruolatosi nell’esercito austro-ungarico. Appena undicenne, rimase orfano del padre: egli non era affatto, allora, un bravo studente mentre la madre, sarta provetta, cominciò a provvedere anche al vecchio lavoro del marito.
Il giovane si appassionò ai cavalli diventando un provetto cavallerizzo; ma, oltre al campo della fiera, vicino a lui vi era il Patronato delle Stimate e per lui fu il luogo della sua formazione. Dapprima come sportivo e poi, invece, grazie alla scoperta dell’allora direttore dei padri Stimmatini, iniziò a cantare in chiesa durante le funzioni religiose.
Diventato, anche, un ottimo studente di grande intelligenza, si andò cimentando in campo calcistico e nel teatro dove recitava come commediante assieme alle sorelle. Si fece notare per la passione del canto e iniziò come solista nella chiesa delle Stimate grazie a don Valerio Tommasi che si accorse delle doti del giovane. Dal 1920 cominciò ad accompagnare la messa domenicale nella basilica di San Fermo: grazie, pure, alla sua voce chiara, robusta e assai intonata dal timbro tenorile, i fedeli aumentarono; si cimentava con motivi religiosi di Schubert e Gounod. Nessuno poteva supporre che quelle prove fossero l’inizio di una carriera fulgida e prestigiosa se non avesse avuto la forte spinta del sacerdote stimmatino che lo aveva “scoperto”.
Qualcuno, nel 1922, lo presentò a Lucia Crestani, allora grande soprano veronese, che lo fece studiare tre anni con lei. A fianco della stessa maestra e di Maria Zamboni (v. questo Sito) Nino Martini si presentò al pubblico del Teatro Filarmonico di Verona il 27-28 marzo 1925 in due concerti che anticipavano le grandi celebrazioni per il venticinquesimo anno della scomparsa di G. Verdi. Il debuttante tenore interpretò romanze di Aida, Il Trovatore, Luisa Miller; il 3 maggio si esibì, sempre con la sua maestra, in un concerto di beneficienza con brani verdiani, ma anche di Ponchielli e con Nerone, opera postuma di Arrigo Boito. Un’altra occasione, sempre gratuita, fu quella dell’8 giugno 1927 presso il Regio Liceo Ginnasio “S. Maffei” per i cent’anni della morte di Beethoven: anche quest’occasione gli offrì uno straordinario successo; ora era pronto per le grandi scene.
Nino Martini, sui palcoscenici, esordì l’8 e il 9 ottobre al Teatro Sociale di Treviglio, in provincia di Bergamo con due recite del Rigoletto. Da quel giorno, scritturato sempre senza compensi, il giovane tenore veronese apparve a Genova, a Milano interpretando, con i maggiori soprani, opere di Bellini, di Rossini e Donizetti. In verità, egli aveva cantato, nel 1926, in alcune arie verdiane, sempre gratuitamente, anche con la Crestani e la Zamboni nella Turandot alla Scala di Milano.
Nel giugno 1928 nella vita di Nino Martini apparve Giovanni Zenatello (v. questo Sito), il tenorissimo di Verona, impresario artistico assai affermato: l’esistenza del Nostro cambiò prestigiosamente. Fu invitato nella villa di Quinto di Valpantena dove venne ascoltato nella romanza “A te, o cara” de I Puritani di Bellini. Scritturato da Zenatello, al quale Martini rimarrà grato per sempre, terrà dei concerti ad Ostenda, in Belgio assieme alla soprano e attrice cinematografica Grace Moore: anche il mondo del cinema lo stava aspettando. L’anno successivo sarà sui palcoscenici di Parigi, Marsiglia, Nizza, Tolosa, Alta Garonna, Montecarlo: si esibirà con i più celebri colleghi di allora (da Tito Schipa a Giacomo Lauri Volpi, ad Aureliano Pertile e altri), verrà notato da Arturo Toscanini, ma a cui Martini dovette rinunciare essendo sotto contratto con Zenatello sino al 1946. L’avventura artistica del tenore veronese, piuttosto schivo ma ormai consapevole del proprio valore, prenderà la strada dell’America: qui, il suo impresario era di casa e New York diventerà la città dove Martini si sentirà sempre bene accolto.
L’emigrante si esibirà, tra gli altri, con Enrico Caruso e con Giuseppe Lugo, il tenore veronese di Sona ch’era stato tra i minatori in Belgio. Chiamato ad esibirsi a Parigi, il Nostro ebbe la fortuna di avere, tra il pubblico del concerto del 13 maggio 1929, Jesse Louis Lasky, produttore della nuova cinematografia americana. Folgorato dall’interpretazione, questi scritturò subito Martini, lo riportò con sé in America. E il Nostro, ormai cantante di successo, con una presenza fisica che si prestava perfettamente alle moderne esigenze cinematografiche, era artista ideale per diventare una nuova star di Hollywood, l’ex bosco di agrifogli divenuto un quartiere di Los Angeles. L’artista veronese debuttò realizzando, in circa due anni, cinque cortometraggi assieme alla celeberrima attrice e ballerina Rosita Moreno. Divenuto immediatamente popolare, egli conquistò pure il notissimo e gradevole cantante italo-americano Dino Crocetti che, in omaggio al veronese, muterà il nome in Dean Martin. La strada del cinema non lo fermerà più; conobbe e divenne amico di grandi attori e musicisti: tra questi, Dolores Del Rio, tra i primi e il violinista Yeudhin Menuhin fra i secondi. Tra una cavalcata e l’altra, Martini interpretò – in questi cortometraggi – delle canzoni che diventeranno celebri.
Dopo un rientro in Italia ed una breve fermata a Verona, nel febbraio 1931 ritornò a New York per cantare alla radio; nel novembre dell’anno successivo venne scritturato dalla Columbia Broadcasting System, il più grande network radiofonico americano, per il quale tenne due concerti la settimana per un anno intero. La popolarità andò alle stelle e Lasky approfittò del felice momento. Martini fu scritturato e, cominciò in questo modo, la sua vita di attore nel 1935: per cinquemila dollari la settimana (una cifra inaudita per i tempi) si dedicò al celebre film Here’s to Romance (in Italia Canto d’amore). Proprio in quel periodo scomparve la madre e per il tenore-attore fu un colpo indescrivibile. Nel frattempo, Giovanni Zenatello, assai attento ai successi del suo “cantante-figliolo” mandava dei reportages al giornale “L’Arena di Verona” per fare conoscere la fama e la bravura della sua scoperta e di quella della nuova figura dello schermo; incomprensibilmente – ma sempre con una certa continuità – Martini trovò assai poco spazio sul quotidiano della sua città: questo ostracismo, in verità senza ragione, non venne meno anche per il futuro. Nino Martini aveva debuttato al Metropolitan di New York, che diventerà, poi, una delle sue sedi più importanti e anche abbastanza continue, sempre con Rigoletto e con una strepitosa Lucia di Lammermoor che fu ricordata per la sua interpretazione e così avvenne anche per Gianni Schicchi e per altre opere: la sua voce di tenore, ammirata e ascoltata sempre con piacere, non mancò quasi più nel maggiore teatro conosciuto.
Il fortunato emigrante andò alternando la sua presenza davanti alla macchina da presa e la sua presenza sui palcoscenici dell’America come pure nei maggiori teatri statunitensi: Broadway, New York, Massachussetts, Pennsylvania; la sua voce tenorile, profondamente robusta e amata dagli spettatori, si esibì nelle opere di Gounod, Verdi, Bellini, Bizet e molti altri. Con Marietta Cazzaniga, soprano drammatico ed altri, ritornò con il Rigoletto a riaprire, a Filadelfia, il più celebre teatro americano del canto d’opera, l’“Academy of Music”; cantò nel Pescatore di perle di Georges Bizet sempre nella capitale della Pennsylvania, dove venne ad ascoltarlo un ragazzino: quel Mario Lanza che diverrà una delle voce più grandi che la musica lirica abbia conosciuto.
Passò su quasi tutti i grandi palcoscenici statunitensi, fu diretto da Arturo Toscanini, da Tullio Serafin, si esibì nella Madame Butterfly, ne La fanciulla del West, ripetè più volte le opere di Verdi e di molti altri. Non abbandonò i piccoli teatri, quelli per le persone meno ricche dove andò sovente accompagnato anche da Caruso e da altri.
La fama portò Nino Martini anche tra le famiglie di censo che in quegli anni giravano i mari sulle grandi navi da crociera: sempre assistito dalla “Columbia film e radio”, cantò più volte per questi passeggeri; e, sempre, la sua voce veniva trasmessa alla radio. Appare giusto ricordare, a proposito di questi concerti un poco speciali, almeno quello ch’egli tenne, il 21 luglio 1933, al Waldorf Astoria di New York, in un vero e proprio bagno di folla, in onore di Italo Balbo, allora deputato italiano e ministro della Regia Armata per onorare la “Crociera del Decennale” nella quale si ricordava la trasvolata del rappresentante fascista e degli aerei, delle crociere e delle navi che avevano solcato i mari: concerto voluto dalla casa cinematografica Century of Progress, fu trasmesso alla radio in gran parte del mondo occidentale.
Ritornò al Metropolitan di New York assieme ai grandi italiani del canto lirico che, in quegli anni, calcavano tutti i palcoscenici degli Stati Uniti. Cantò assieme a Giacomo Lauri Volpi, con il quale, però, s’interruppe il buon rapporto iniziale, fu con Beniamino Gigli e i grandi soprani.
Nel frattempo Martini non aveva dimenticato il cinema né Lasky l’aveva lasciato decantare: divenne celebre anche in Italia con Notti Messicane (in originale The Gay Desperado) dove, tra il deserto dell’Arizona il cavallerizzo veronese cantava arie imperiture e il film gli fruttò il premio dei critici newyorkesi. Interpretò, pure Music for Madame (Musica per Signora) dove, per allontanare le attenzioni della signora, i ladri sfruttavano il canto sonoro dell’attore Martini. Questo film fece il tris delle prime sue interpretazioni cinematografiche.
Accantonata momentaneamente l’esperienza cinematografica, egli riprese espressamente l’attività concertistica al Metropolitan e altrove. Ma la guerra incombeva e a Martini, come per altri italiani poteva costare cara: infatti, per lo schieramento dell’Italia a fianco della Germania nazista, gli fu proibito di cantare e saltarono tutti i concerti; così, nel 1941, prese la cittadinanza statunitense. Per le truppe alleate si mise a cantare e questa sua scelta lo portò a Parigi e in varie località francesi oltreché tedesche finché, dopo sette anni, fece un rapido ritorno a Verona. Non era nella sua città natale allorquando questa conobbe – nel 1945 – uno dei momenti più drammatici quale la distruzione di undici ponti e i bombardamenti aerei. Egli era a Montreal e, poi, a Toronto con l’attrice e cantante celeberrima Dorothy Kirsten nel Mefistofele di Arrigo Boito, da lui interpretato.
Nel 1947 Nino Martini ritornò davanti alla cinepresa per gli schermi cinematografici senza, tuttavia, trascurare le opere liriche. Tra Inghilterra e Lago Maggiore in Italia interpretò il suo quarto film, One night with you (in italiano Fuga a due voci) assieme al grande baritono Gino Bechi e agli attori Paolo Stoppa, Carlo Campanini, Aroldo Tieri: fu l’addio al cinema.
Nell’aprile 1947 – tre mesi dopo la morte di Al Capone – Nino Martini sposò Nancy Maloney, nata a Pittsburg, ma di origine irlandese, di 19 anni più giovane di lui: ella aveva voluto salutare e congratularsi con il cantante dopo averlo ascoltato, proprio nella città natale, quale tenore ne La bohème di Giacomo Puccini ch’egli replicherà a Washington, a Philadelphia e altrove. Il viaggio di nozze fu fatto a Verona dove egli aveva acquistato una villa. Ritornati in America, egli riprese la sua vita di artista recandosi a Città del Capo, a Johannesburg, a Pretoria in Sud Africa, poi in Rhodesia (oggi Zimbabwe), in Kenya.
Nino Martini avvertiva, ormai, che la sua attività doveva trovare una fine e, sempre più, Verona divenne la sua patria rinvenuta. Bosco Chiesanuova, la Lessinia, il lago di Garda diventarono luoghi frequentati. Oltre le sue tre sorelle alle quali rivolgeva sempre la massima attenzione, Martini cominciò a guardare anche i bisognosi; nel 1952 l’ospedale pediatrico “A. Alessandri” di Borgo Trento aveva necessità di una costosa apparecchiatura per fare respirare i bambini in difficoltà: la donò lui e poi un’altra ancora, ma guardò anche altrove e fu un benefattore silenzioso e sempre disponibile. Il cantante che Verona aveva trascurato e che, forse, realmente non aveva mai conosciuto, diventò un uomo caritatevole attento ai suoi concittadini. Cominciò a frequentare, da spettatore, le serate estive della lirica areniana: quell’anfiteatro mondiale dell’opera che non l’aveva mai invitato né voluto come interprete.
La sua carriera – egli l’aveva chiaramente voluto – stava andando verso il termine nonostante l’ancora giovane età. Nel 1949 cantò sempre negli Stati Uniti, in Spagna e, nell’ottobre, al Teatro Nuovo per un concerto di beneficienza; come interprete d’opera, a Verona si esibì una volta sola: il 12 marzo del 1950, sempre nel medesimo teatro, nella Madama Butterfly. La sua vita, ormai, viaggiava con gli aerei poiché non negava all’America le sue presenze, ma sentiva che anche le poche presenze veronesi, nei teatri non nell’anfiteatro areniano, lo attiravano: e le onorò. Passò gli ultimi anni tra Canada e Stati Uniti. Il 6 gennaio 1952, al Carnegie Hall di New York tenne l’ultimo concerto. Fu l’addio alla carriera di cantante, giacché quella di attore l’aveva già conclusa qualche anno prima. Bisogna ricordare, altresì, che – durante la vita – egli aveva inciso un buon numero di dischi nei quali la sua voce tenorile apparve sempre lucidissima e ferma. Nei suoi numerosissimi viaggi, incontrò Fiorello La Guardia, allora famoso sindaco di New York, lo volle conoscere il presidente degli Stati Uniti, Dwight D. Eisenhower.
Ritornò a casa, a Verona. Non si dimenticò di Lucia Crestani che l’aveva avviato da giovane e, per lei, non risparmiò alcun aiuto. Al nipote ingegnere, Pier Giorgio Puppini, consegnò tutti i suoi beni affinché li gestisse. Nella sua città natale, diventata residenza definitiva nella villa di via Nino Bixio, trascorse gli ultimi anni con la moglie, le sorelle e i nipoti che erano figli e figlie di queste e ai quali egli si sentì fortemente legato. Nel 1965 ricevette l’onorificenza dalla Repubblica Italiana per quanto aveva donato, sempre nel silenzio. Passava i suoi giorni passeggiando per la città, andando a trovare gli amici di gioventù, aiutando i poveri e frequentando lo stadio quale appassionato di calcio. Il pomeriggio del 9 dicembre 1976, mentre passeggiava tra le bancarelle di Santa Lucia nella sua sempre amata Verona, per cercare i regali per le nipotine e i nipotini, ebbe un malore. Portato in ospedale, si spense il giorno dopo, il 10 dicembre 1976. La moglie, Nancy Maloney, scomparirà a Verona nel 1985. La morte dell’artista, sino ad allora quasi sempre dimenticato, fu ricordata dai giornali veneti ed italiani con grande attenzione. Verona gli ha dedicato una via e tutto il suo archivio giace presso il nipote Puppini Martini.

Bibliografia: Alberto Gajoni-Berti, Dizionario dei musicisti e cantanti veronesi (1400-1966), Verona, Accademia Filarmonica, 1966, pp. 50-51; Paolo Padoan, Voci venete nel mondo. I cantanti lirici veneti nella storia dell’opera e del canto, Taglio di Po (Ro), Diemme, 2001, pp. 196-198; Giancarlo Beltrame, Nino Martini, un tenore a Hollywood, in Luci sulla città: Verona e il cinema, a cura di Paolo Romano e G. Beltrame, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 90-91; Pier Giorgio Puppini Martini, Il tenore Nino Martini (1902-1976), in “Vertemus: seconda serie di studi musicali e teatrali”, a cura di Paolo Rigoli, Verona, Conservatorio Statale di Musica E. F. Dall’Abaco”, 2003, pp. 69-83; Giovanni Villani, Martini Nino, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 525-526; Daniele Rubboli, Nino Martini: un veronese tra Metropolitan e Hollywood, Modena, Artestampa, 2022 (oltre una copiosa iconografia, il volume contiene, nella parte finale, la cronologia completa dell’attività dell’artista).         

Giancarlo Volpato

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 Foto da: Wikipedia

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