Mondadori Arnoldo

… a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

Per le tue domande scrivi a:  giancarlovolpato@libero.it
Arnoldo Mondadori

Editore, nato a Poggio Rusco, nella bassa mantovana, il 2 novembre 1889, Arnoldo Mondadori era figlio di una famiglia molto povera il cui padre, Domenico, era un uomo tuttofare: ambulante, artigiano, contadino e la cui madre, Ermenegilda Cugola, che aveva messo al mondo sei figli (egli era il terzo), s’ingegnava a fare dei piccoli lavori per aiutare al sostentamento. Passando di paese in paese alla ricerca di occupazioni, la famiglia Mondadori fu a Gazzo Veronese, poi a Pradelle di Nogarole Rocca per arrivare a Ostiglia (MN) nel 1897 dove, forse, il piccolo Arnoldo riuscì a terminare le scuole elementari. Fece il garzone di bottega, lo sguattero, aiutò il padre nei lavori; fece l’operatore e l’annunciatore delle didascalie nei film muti. Sin da giovane s’iscrisse al partito socialista, ne divenne segretario, cominciò a scrivere novelle, fu il corrispondente della “Provincia di Mantova”, sostenne i lavoratori, cominciò ad occuparsi anche di critica musicale. Andò a bottega da un tipografo ostigliese, Giustino Manzoli e lì scoprì la sua strada. A diciotto anni (era il 1907) fece uscire i fascicoli di “Luce: giornale popolare istruttivo”: a quell’epoca si fa datare la sua nascita come tipografo-editore. La tipografia mutò nome e divenne “La Sociale”. Grazie all’aiuto di un mecenate e con la firma del padre (Arnoldo era ancora minorenne), il giovane l’acquistò. Nel 1912 firmò come editore il suo primo libro (Aia madama di Tommaso Monicelli) che dette inizio ad una bellissima collana di libri per bambini dal titolo “La lampada” dove portò a scrivere, per lui, Guido Gozzano ed Olga Visentini.
Nel 1913 sposò Andreina Monicelli, costruì un’altra tipografia in Ostiglia: ma quel mondo cominciava ad essergli stretto.
Nel 1917 venne a Verona dove acquistò la tipografia di Gustavo Franchini, allora il più noto stampatore veronese; Arnoldo si prese in carico l’azienda, ma non il giornale “L’Arena” che era di proprietà del venditore. Costituì la società “Casa editrice A. Mondadori” e Franchini ne fu il primo presidente. Stampò “La tradotta”, il periodico per la Terza Armata, “La ghirba” per la Quinta, “Le fiamme” per le truppe d’assalto. Il giovane editore, con la propria automobile, portava le riviste, appena pubblicate, al fronte dov’erano i soldati. E arrivarono le commesse dall’esercito alla fine della guerra.
Mondadori cambiò alcune residenze in Verona: alla città scaligera – anche dopo il trasferimento – resterà sempre legato affettivamente. Il suo primo segretario fu Valentino Bompiani. Nel 1924 s’iscrisse al Partito nazionale fascista – come tutti coloro che volevano lavorare – ma in cuor suo rimase sempre socialista.
Nel 1920 uscì la collana “Le Grazie”, diretta da Virgilio Brocchi e, piano piano, alla sua casa editrice si avvicinarono tutti i maggiori scrittori italiani. Si attorniò di menti colte, allargò l’officina di San Nazario e Celso che rimase, sino al 1957, il luogo della stampa della casa editrice finché, cioè, non sorsero le officine di Borgo Venezia.
Alla sua città d’adozione volle dare segnali importanti: pubblicò le opere dei veronesi (era amico dei poeti e degli artisti), delle istituzioni culturali, fu vicepresidente della Camera di Commercio; tutti i nomi della cultura veronese – e non solo – diventarono, o diventeranno amici; gli scrittori, certamente per la fama ma soprattutto per la perizia e la bellezza delle sue stampe, piano a piano arrivarono a portare prestigio alla sua casa editrice: leggere i cataloghi di essa, anche oggi, fornisce l’idea della straordinaria capacità dell’azienda oltreché della sua conoscenza all’estero.
Fondò l’“Accademia Mondadori”, poi confluita forzatamente (1929) nell’“Accademia italiana” voluta da Mussolini. Intanto aveva fatto uscire delle riviste che fecero la storia dei periodici popolari: “Novella”, “Comoedia”, “Il libro contemporaneo” ed altri.
Alla sua casa editrice approdarono scrittori internazionali e la sua azienda, ch’egli teneva costantemente aggiornata dal punto di vista tecnologico, prosperava. Le “Grandi opere illustrate”, “Le Scie”, le collane de “La Medusa”, i contratti con le imprese internazionali avevano lanciato Arnoldo Mondadori nell’agone mondiale. Sovente all’estero per tenersi aggiornato e per conoscere di persona i suoi autori, egli capì che, ormai, anche Verona aveva contorni limitati. Trasferì la sede a Milano che divenne il luogo legalmente depositario della casa editrice, nel 1926. Gli stabilimenti, la vera operatività della casa editrice, rimasero a Borgo Venezia che divenne, per tutti, il luogo simbolo della “Mondadori”. Vinse la gara per la stampa dell’“Opera omnia” di Gabriele D’Annunzio e, dal 1928 al 1937, Giovanni Mardersteig (v. questo Sito) lavorò con lui. Nel 1925 fu insignito del titolo di Cavaliere del lavoro.
Gustavo Franchini uscì dalla società nel 1929 e ne divenne presidente Senatore Borletti, l’industriale delle macchine tessili: ancora una volta Mondadori riservò per sé la parte operativa. Verona rimase il fulcro dell’attività grafica: design, tipografia, legatoria, direzione commerciale, direzione editoriale del settore ragazzi che ebbe la scrittrice Olga Visentini quale direttrice; ad alcuni intellettuali del luogo offrì direzioni importanti, ma ciò che più conta fu il fatto che la presenza della casa editrice allargò l’indotto, fece nascere le scuole di grafica e dette l’avvio ad un distretto grafico che nessun altro territorio italiano poté vantare. Questa realtà, nota in tutto il mondo, fu irrimediabilmente compromessa agli inizi di questo secolo ed ora, quello che fu il miracolo della grafica internazionale, ha preso un altro contesto, assai diverso dal pensiero e dall’azione del suo fondatore.
Nel 1929 Arnoldo Mondadori avviò la collana de “I gialli”: egli aveva visto, negli Stati Uniti, la fortuna dei libri polizieschi e pensò che ciò sarebbe accaduto anche da noi; così, inventò la copertina gialla che dette il nome alla stessa collana: ne affidò la direzione a Lorenzo Montano (Danilo Lebrecht, nella realtà anagrafica), scrittore veronese. Egli ebbe costante attenzione ai libri per ragazzi (fu anche l’editore di “Topolino” dal 1932), ai libri per le donne; fondò biblioteche e la sua casa editrice non acquistò mai giornali: ne fu costretto, una volta, da Mussolini, ma lasciò andare in perdita per rivenderlo al concorrente Rizzoli; si assicurò nomi importanti per dare lustro alla sua casa editrice. Alla morte di Borletti, nel 1939, egli divenne Presidente della sua azienda.
Fu un uomo molto attento e alquanto munifico; nel 1929 aveva aiutato Valentino Bompiani ad impiantare la propria casa editrice, aiutò la Einaudi in momenti di difficoltà, costruì una rete di distribuzione efficace ed efficiente che fece scuola. Non si lasciò molto irretire dalla politica, che assecondò per non compromettere l’azienda, ma che lasciò quasi sempre al suo destino. Nel 1945, dopo diciotto mesi di esilio in Svizzera, ritornò a Verona e riprese l’attività ch’egli aveva dovuto e voluto lasciare da parte per quell’anno e mezzo.
Nel 1958 il figlio Alberto, suo primogenito, volle fondare una propria casa editrice “Il Saggiatore”: Arnoldo Mondadori l’aiutò, lo sostenne economicamente sempre. Nel 1959 l’Università di Pavia gli conferì la laurea “honoris causa”: fu un giusto riconoscimento ad un uomo che, probabilmente, non aveva neppure concluso le suole elementari ma che era diventato coltissimo e aveva dato al mondo gli strumenti della cultura.
Verona lo onorò sempre: lo fece cittadino onorario, lo insignì del Premio “S. Zeno” nella prima edizione del 1963. D’altro canto, la città scaligera rimase il fulcro della sua attività di grandezza internazionale. Egli era membro dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona e dell’Accademia Virgiliana di Mantova.
Nel 1968 lasciò le redini dell’azienda al figlio Giorgio e assunse la presidenza onoraria, lasciando la vice direzione al genero Mario Formenton, che più tardi sarà il vero manager della più grande casa editrice italiana. Al vecchio Arnoldo passarono accanto le prime avvisaglie dei forti assestamenti che la sua azienda subirà negli anni successivi; nel 1975, Segrate (Milano) si affiancherà ai grandi stabilimenti veronesi per allargare, poi, l’attività tipografica e cartaria in varie altre parti d’Italia.
Arnoldo Mondadori scomparve, a Milano, l’8 giugno 1971 e Verona lo volle onorare ponendolo nel pantheon “Ingenio claris”. Molte città gli hanno dedicato piazze o vie.
Per molti, soprattutto per i colleghi stranieri, Arnoldo Mondadori fu considerato il più geniale editore del Novecento.

Bibliografia: È assai numerosa la bibliografia sull’uomo e sulla sua opera; per cui ci limitiamo a segnalare alcuni contributi: Il cinquantennio editoriale di Arnoldo Mondadori: 1907-1957, Verona, Officine grafiche A. Mondadori, 1957; Ricordo di Arnoldo Mondadori: testimonianze di scrittori e amici riunite per il primo anniversario della sua scomparsa (8 giugno 1972), Vicenza, Arti grafiche delle Venezie, 1972; Marina Mondadori, Una tipografia in paradiso, Milano, Mondadori, 1985; Franco Bechis-Sergio Rizzo, In nome della rosa: la storia gloriosa e tormentata, quasi una “dynasty” all’italiana, della casa fondata da Arnoldo Mondadori: dai lontani inizi del 1907 alle ultime, burrascose vicende che hanno coinvolto eredi litigiosi, magnati della finanza e personaggi politici, Roma, Newton Compton, 1991; Enrico Decleva, Mondadori, Torino, Utet, 1993 (più volte ristampato); Album Mondadori 1907-2007, Milano Mondadori, 2007 (che illustra i cent’anni di attività); Cristina Mondadori, Le mie famiglie, a cura di Laura Lepri, Milano, Bompiani, 2007 (ultima ed.). Per un profilo bio-bibliografico, cfr. Giancarlo Volpato, Mondadori Arnoldo, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 565-567 e Maria Iolanda Palazzolo, Mondadori, Arnoldo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 75, Roma, Ist. Enc. It., 2011, pp. 588-595.

Giancarlo Volpato

↓