Nascimbeni Giuseppe

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Beato Giuseppe Nascimbeni

Beato, ecclesiastico, fondatore di un ordine religioso femminile, benefattore, Giuseppe Luigi Nascimbeni nacque a Torri del Benàco, sulla sponda veronese del Lago di Garda, il 22 marzo 1851. Il padre, Antonio, faceva il falegname e la madre era Amadea Sartori; da un punto di vista economico, i due provenivano entrambi da famiglie discretamente benestanti; Giuseppe fu l’unico figlio, il quale venne al mondo con molta difficoltà tanto da essere battezzato immediatamente dal medico e dall’ostetrica. Riuscì a sopravvivere e anche per la madre non fu un momento facile. Egli, molto più avanti, ricorderà l’evento come un benefico destino voluto dal Signore. Crebbe in un ambiente molto cattolico; manifestò, fin da piccolo, un accentuato carattere tanto da essere ripreso per alcuni gesti non consoni in un paese chiaramente poco avanzato. Ragazzo intelligente, fu mandato a Verona a frequentare le scuole dopo le elementari e fu accolto dall’Istituto “Don Mazza”; iniziò molto bene l’I.R. ginnasio liceale a S. Anastasia (l’attuale Liceo “S. Maffei”); i primi anni adolescenziali, nella realtà, furono molto difficili per Giuseppe Nascimbeni il quale, dopo qualche periodo, poco brillante e assai ricco di assenze, venne dimesso da quest’ultimo ed egli stesso manifestò qualche difficoltà nella prosecuzione degli studi; obbligato al lavoro dal padre che non gli risparmiò la fatica, cambiò la sua precedente decisione ed entrò, nell’anno 1863-64, nel Collegio degli Accoliti della Cattedrale. Totalmente a carico della famiglia, il giovane capì realmente la sua condizione. Tuttavia, in lui rimaneva l’incertezza del suo domani: lo superò egli stesso quando, alla fine del ginnasio, entrò nel liceo. Fu allora che Giuseppe Nascimbeni capì la vocazione al sacerdozio. Pure rimanendo nel collegio accolitale, il carattere del giovane mutò e frequentò il seminario con esiti davvero brillanti: studioso, caritatevole, disinteressato alle cose del mondo, molto pio. Tra gli insegnanti della teologia ebbe Bartolomeo Bacilieri, futuro vescovo di Verona e cardinale, che egli reputò assai severo ma che seppe infondere una strada profonda alla futura vita sacerdotale; prefetto degli studi era Giovanni Battista Stegagnini, un sacerdote dall’intelligenza molto aperta per quell’epoca oltreché letterato e studioso di fama.
Fu consacrato presbitero dal cardinale Luigi di Canossa il 9 agosto 1874 e il 15 dello stesso mese, festività dell’Assunta, celebrò la sua prima messa nel paese natale a Torri del Benàco. Oltre al corso teologico, Nascimbeni si era preparato per avere il diploma di maestro e lo conseguì esattamente una settimana dopo, il 22 agosto di quel 1874: un anno assai rilevante che, nonostante il Nostro fosse poco più che ventitreenne, lo vide subito al lavoro sia nel campo dell’insegnamento sia in quello spirituale; a quel tempo, per l’abbondanza di clero, per la scarsità di maestri e anche per risolvere alcuni problemi economici, erano molti i sacerdoti che si dedicavano alla scuola.
Un mese dopo, il vescovo Luigi di Canossa inviò il giovane sacerdote a S. Pietro di Lavagno, una parrocchia nata nel 1837 dopo la divisione con quella, unica nel territorio comunale, di S. Briccio. La governava, allora, don Gaetano Cislago. La venuta di don Giuseppe Nascimbeni mutò letteralmente la vita del paese. Giovane curato, assai attento alle esigenze spirituali, dimostrò subito l’esigenza verso i giovani e verso tutti coloro che ne avevano bisogno raffinando il senso del suo ministero.
Oltre alla cura delle anime, egli divenne il maestro della scuola pubblica elementare; inoltre, aderendo alle richieste di alcuni genitori, tenne gratuitamente una scuola privata: ciò risiedeva nel fatto che l’insegnante di San Briccio era un garibaldino e reputato massone; nell’archivio appare chiaro quanto gradito fosse quel giovane che operava “per tre”: essere contemporaneamente “prete, maestro, istitutore”. Quell’alunnato, che costava 240 lire all’anno alla famiglia, si esplicò nelle tre classi ginnasiali dove il giovane insegnante applicava il concetto fondante di san Filippo Neri: oratorio, passeggiate, vita comune, letture di libri (dette gratuitamente tutto ciò che conteneva la sua biblioteca personale), gite ricordate dagli allievi, vacanze gratuite sul lago di Garda presso case di suoi parenti. Nello stesso tempo, Nascimbeni studiava e leggeva anche per gli altri; affinò l’abilità nella predicazione, iniziò a scrivere un volume di catechismo, dimostrò quell’altruismo che l’aveva contraddistinto nella seconda parte della giovinezza: più volte, la mamma Amadea – che lo aveva seguito – si chiedeva come mai mancasse la carne, come mai sulla tavola fosse rimasto quasi nulla. A S. Pietro, oltre alla scuola pubblica e privata, oltre all’aiuto al parroco, si era assunto l’incombenza della scuola di canto sia per la sua parrocchia sia per quella di S. Briccio. S’avvicinarono i tre anni e la comunità mandò una sottoscrizione al vescovo perché, da curato, passasse al posto di cooperatore; ma non fu esaudita dal presule e don Giuseppe fu trasferito a Castelletto di Brenzone. Dopo un breve periodo di riposo, il 2 novembre 1877 giunse nella nuova parrocchia, vicina a quella della sua nascita, con l’incarico di cappellano cooperatore e maestro.
Da quel giorno cambiarono molte cose: i giorni di Nascimbeni, la sua attività quasi frenetica, la vita del paese, il quotidiano senso del dovere e dell’amore per gli altri. L’allora piccolo centro contava su una comunità decisamente in espansione demografica ma non protetta dal punto di vista sanitario; era arretrata in quello economico, senza alcuna autonomia amministrativa (Castelletto era una delle contrade del comune di Brenzone), era mancante di congregazioni religiose che il nuovo cappellano sentiva assolutamente necessarie per un miglioramento della vita, non solo religiosa, della parrocchia a lui affidata e del comprensorio gardense che sentiva come parte integrante della gente. La zona di quella costa veronese del lago era in difficoltà di comunicazioni stradali – oggi decisamente inimmaginabile – che avevano lasciato gli abitanti in una situazione quasi impraticabile per gli esterni: plaghe isolate, contrade dove le persone non conoscevano neppure gli altri abitanti. Su quelle terre, dove i Brenzoni, nobili dall’epoca di Carlo Magno si sarebbero fermati, sembrava che il nuovo stato italiano nemmeno avesse avuto la fortuna di essere conosciuto.
Era parroco di Castelletto don Donato Brighenti, il quale comprese subito la fortuna di avere un giovane totalmente diverso: aperto, intelligente, coordinatore di molte cose, rispettoso ma fermamente deciso a cambiare la vita spirituale e umana di quella gente. Di grande aiuto era stata, per il Nascimbeni, la breve permanenza a S. Pietro di Lavagno poiché gli aveva fatto aprire occhi, cuore e mente.
Cominciò ad occuparsi della fabbriceria della parrocchia (sempre data agli esterni) allora in una non lieve povertà, aprì un oratorio maschile e uno femminile, non lasciò mai il suo impegno di maestro, istituì dei corsi di religione e la catechesi poiché avvertì che la lontananza dalla fede cattolica da parte del nuovo stato italiano aveva tolto l’obbligatorietà per gli alunni di frequentare i corsi di religione; non si curò, anche per questo, delle forti sette religiose che dilagavano (che poi, grazie a lui, vennero meno); volle l’Associazione delle Madri Cristiane per curare i piccoli e le donne. Il curato-maestro ebbe la fortuna di trovare Maria Domenica Mantovani (v. questo Sito), diventata santa nel 2022, che fu, sempre e dovunque, il suo braccio forte per qualsiasi cosa egli volesse. Si occupò del restauro della vecchia chiesa parrocchiale, non disdegnando il lavoro manuale: il lucernario artistico, decisamente bello, fu ideato da don Angelo Gottardi (v. questo Sito) che non lesinò la presenza quando necessaria.
Alla morte di don Brighenti, avvenuta nel giugno 1884, i capifamiglia votarono affinché il giovane cooperatore-curato rimanesse e diventasse il nuovo parroco. Superò qualsiasi prova (esami compresi, da una commissione di sacerdoti) e, nominato il 5 ottobre 1884, fece l’ingresso ufficiale il 25 gennaio 1885. La piena responsabilità di pastore della parrocchia stimolò ancor più la sua operosità e il suo zelo pastorale; molte attività trovarono in lui una vera macchina: dalle confraternite laicali alla precisione di ogni cosa che riguardasse le spese e gli introiti (un’amministrazione della quale teneva la partita doppia), una vita spartana e aperta ad ogni esigenza altrui, una pressoché ininterrotta presenza affinché la scuola elementare funzionasse. Una sola sottolineatura appare necessaria: pur non scostandosi molto dagli insegnamenti della Chiesa sul ruolo femminile, il giovane parroco capì che le donne, oltreché essere il fulcro vero della famiglia, erano pure il centro degli interessi spirituali: e per loro ebbe delle attenzioni che molti altri sacerdoti non avevano còlto: saranno proprio loro, anche con abiti diversi, che formeranno la linea portante dell’aiuto ai poveri, ai bambini, a chi aveva bisogno.
Le tre frazioni in cui era diviso il territorio (Castello, Castelletto e Magugnano) erano così diverse e non facili da raggiungersi ed avevano costantemente bisogno di qualche insegnante. Laddove necessario, il parroco non faceva mancare la sua presenza; poiché aveva ufficialmente lasciato l’insegnamento quotidiano, si occupava – da questo punto di vista – degli studi di coloro che avessero voluto proseguire dopo le scuole elementari.
Le attività di don Nascimbeni, molto attento a qualsiasi forma di educazione, guardavano le genti di quel paese (e di quelli vicini) quasi emarginate dalla società civile. Mancavano l’ufficio postale, il telegrafo, i trasporti pubblici; le vie di comunicazione praticamente erano ridotte a una mulattiera, a vere difficoltà pericolose (le piene del Garda), a strade quasi inesistenti. Egli sapeva bene, tra l’altro, che il suo mondo era un altro, ma non aveva dimenticato di essere come gli altri e che ognuno aveva il diritto di lavorare in maniera umana, di potere usufruire di uffici, di godere in modo normale dei giorni della vita. Le comunicazioni attraverso il lago erano la via più praticata e comune per gli spostamenti: ma le navigazioni e le fermate non erano per i singoli; tutto era abbastanza difficile e complicato. Tra l’altro, proprio per la bellezza del luogo, la popolazione cominciava ad aumentare. Grazie all’intervento costante del sacerdote, seppure nel volgere degli anni, Castelletto conoscerà una strada a percorrenza veloce, avrà la posta, avrà – e questo lo si deve molto a lui – un piccolo porto piuttosto efficace per la pesca; oltre a queste conquiste, nel periodo 1885-1914, avverranno l’autonomia amministrativa del paese, l’illuminazione, l’acquedotto, un certo rinnovamento edilizio, l’oleificio, una piccola tipografia (egli stampava, tra le altre cose, il giornale “Nazareth” per le famiglie), una nuova chiesa parrocchiale e, nelle vicinanze, un piccolo edificio simile alla grotta di Lourdes. Un’ultima cosa da non dimenticare, per l’attività da lui svolta nel campo economico-sociale, fu quella dell’istituzione (nel 1896) della Cassa Rurale Cattolica ovvero “Società cooperativa in nome collettivo” di Castelletto di Brenzone. Nata nel solco delle tante piccole banche cattoliche di fronte alle speculazioni del padronato e di coloro che non esitavano a prestare denaro ad usura, egli ne fu il primo presidente, rogato dal notaio. Fu di una onestà lodata da chiunque; nel 1935 la Cassa rurale scomparirà.
All’intraprendenza spirituale di don Nascimbeni è legata la nascita dell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia. Per molto tempo egli aveva chiesto a vari istituti religiosi femminili di trasferire qualche sorella a Castelletto per la cura dei piccoli, per le donne, per coloro che ne avevano bisogno; furono vani i tentativi e, rivoltosi a Mons. Bartolomeo Bacilieri, allora collaboratore del cardinale Luigi di Canossa vescovo della diocesi di Verona, al quale espose la difficoltà di ottenere delle suore in aiuto alla sua azione pastorale, si sentì rispondere: “Se nissuni ve le dà, févele vù, come volì”. Così il futuro beato si accinse a fondare una nuova congregazione di diritto pontificio, con l’aiuto della Mantovani, co-fondatrice.
Tre pie giovani di Castelletto, della Compagnia delle Figlie di Maria, che già si dedicavano all’apostolato parrocchiale e una del Trentino, furono mandate per un mese d’iniziazione presso le claustrali Terziarie Francescane di Verona. Furono le prime Piccole Suore della Sacra Famiglia: emisero la professione il 4 novembre 1892 nelle mani di mons. Pietro Vidi. Il giorno successivo, ritornate a Castelletto, dettero inizio all’Istituto che don Nascimbeni volle indicare con il nome appena riferito: erano suor Domenica Mantovani (oggi Santa Maria Domenica), suor Teresa Brighenti, suor Giuseppina Nascimbeni e suor Anna Chiaroni. Il 6 novembre 1892, tutto il paese di Castelletto festeggiò l’inizio della nuova famiglia religiosa.
La prima superiora, la santa di cui tutta la comunità si onora, si adoperò in maniera straordinaria; l’Istituto si allargò, varcò i confini anche nazionali ed oggi si trova in Europa, in alcuni paesi africani, in altri dell’America Latina. Il periodo più florido dell’espansione, anche per la forza che la superiora concedeva assieme al fondatore, fu il primo ventennio del Novecento: ma l’amore per l’apostolato non venne mai meno. Probabilmente – ma non solo per questo – al beato Nascimbeni e alla santa Maria Domenica Mantovani il nome della dedicazione alla Sacra Famiglia era avvenuto anche grazie alla lettera apostolica di papa Leone XIII Neminem fugit del 14 giugno 1892, nella quale il pontefice nominava la Sacra Famiglia come fonte assoluta della salvezza divina. L’Istituto religioso ebbe l’approvazione diocesana il primo gennaio 1903, quella pontificia – con decreto di lode – il 26 agosto 1910 e quella definitiva delle costituzioni il giorno 1 aprile 1941. Per le sue benemerenze egli fu insignito, nel 1911, della dignità di protonotario apostolico.
Alla vigilia del 1917, don Giuseppe Nascimbeni fu colpito da apoplessia e paralisi. Nel novembre dello stesso anno, lentamente migliorato, festeggiò il 25° della fondazione dell’Istituto delle Suore. Nel 1921, dopo essersi ripreso dall’epidemia dell’influenza spagnola e da un attacco di diabete, ebbe un nuovo collasso. Circondato dalle suore che pregavano, egli scomparve nella notte del 21 gennaio 1922. La sua tomba fu nel giardino davanti alla grotta di Lourdes.
L’8 luglio 1985 furono riconosciute le sue virtù eroiche. La notte del 19 agosto 1967, Cinzia Cornacchia, una bimba di Monte Romano, in provincia di Viterbo, ricominciò a camminare dopo che i medici avevano previsto la morte: suore e famiglia della piccola avevano invocato l’intercessione del Venerabile Giuseppe Nascimbeni. Il 17 aprile 1988, a Verona – nel giorno della santificazione di Giovanni Calabria – papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato allo stadio, alla presenza di moltissime persone.
A Castelletto di Brenzone tutto parla di lui e della Santa Mantovani. A Torri del Benàco gli è dedicata la via ove nacque, la casa di ricovero, dei ricordi murali. Verona gli ha dedicato una via, come pure Lugagnano di Sona. Alcune case di riposo portano il suo nome, laddove le suore della Sacra Famiglia svolgono la loro opera di carità. A San Pietro di Lavagno, la piazza della parrocchia porta il suo nome; a Castelletto si trova pure una tela a tempera del 1988 di V. Cordioli con il curato Nascimbeni assieme ai piccoli allievi.

Bibliografia: gli scritti su di lui sono numerosissimi; per cui ci limitiamo ai maggiori e a quelli più rintracciabili: Giuseppe Trecca, Monsignor Giuseppe Nascimbeni: [fondatore delle Piccole Suore della Sacra Famiglia Castelletto di Brenzone], Castelletto di Brenzone, [s.n.], 1932; Giulio Daldoss, Monsignor Giuseppe Nascimbeni e l’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, 2 v.,Torino-Roma, Marietti, 1942; Franco Segala, Nascimbeni, Giuseppe, in Bibliotheca Sanctorum, Prima appendice, Roma, Città Nuova, 1987, pp. 954-955; Istituto Piccole Suore della Sacra Famiglia, Da quel seme quanta vita: Beato Giuseppe Nascimbeni parroco e fondatore, S. Giovanni Lupatoto, Stimmgraf, 1988; Giuseppe Briacca, Il Beato Giuseppe Nascimbeni: gemma e modello di parroco, Malcesine, Andreis, 1989; Antonio M. Alessi, Cuore di padre: Beato Giuseppe Nascimbeni, Leumann (To), Elle Di Ci, 1989; Mario Gecchele, Contemplazione e azione: le Piccole Suore della Sacra Famiglia nei primi cento anni, Castelletto di Brenzone, [s.n.], 1994; Quirino Bortolato, Mons. Giuseppe Nascimbeni (1851-1922). Parroco, fondatore, beato. Dal Microcosmo gardesano alla dimensione mondiale, Castelletto di Brenzone, Piccole Suore della Sacra Famiglia, 2001; Emilio Butturini, Nascimbeni Giuseppe, in Dizionario Biografico dei Veronesi (sec. XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 592-593; Rino Cona, Pietà e carità pastorale. Il parroco Nascimbeni e le origini delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, Malcesine, Andreis, 2011; Dario Cervato, Beato Giuseppe Nascimbeni, in Id., Verona agiografica. Dizionario storico dei santi, beati, venerabili e servi di Dio veronesi, Verona, Bonato, 2018, pp. 119-120.

Giancarlo Volpato

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