Massalongo Roberto
…a cura di Giancarlo Volpato
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Medico, filantropo, studioso e primo Direttore dell’Ospedale di Borgo Trento, Roberto Massalongo nacque a Tregnago il 26 settembre 1856. Terzogenito di Abramo (v. questo Sito), paleontologo e scienziato di fama mondiale e di Maria Colognato, ebbe un fratello, Caro Benigno (nato nel 1852), insigne botanico e professore all’Università di Ferrara e un altro, Orseolo (1854), ingegnere ed entomologo; dopo di lui nacquero due bimbe, scomparse in giovanissima età. Il matrimonio tra il padre e la madre era tra consanguinei, essendo lei la figlia primogenita della sorella più grande del marito. Il nonno paterno, Bortolo, era un ricco possidente e grande commerciante; quello materno, Giovanni, era medico come Scipione, suo fratello.
Il solido patrimonio familiare permise a tutti i fratelli di studiare, frequentare l’università e avvalersi di una vita sostanzialmente adeguata alle esigenze della ricerca. Roberto si laureò in medicina a Padova, nel 1880, con Achille De Giovanni, clinico assai noto ed importante di quell’ateneo e dell’Italia. Nonostante quest’ultimo fosse assai attento alla costituzione fisica per la quale il soggetto era molto legato ai fattori ereditari, il giovane Massalongo pose subito la sua attenzione anche all’importanza dei fattori esterni che potevano diventare forme rilevanti per le patologie. La sua propensione alla ricerca e all’indagine lo portò a pubblicare il suo primo lavoro nel 1883 manifestando il suo particolare spirito critico di fronte ai batteri e alla diffusione delle malattie. Nella sua terra si manifestò una forma epidemica: La pneumonite epidemica. Descrizione di un’epidemia di pneumoniti accorsa a Tregnago nei mesi di marzo e aprile del 1883, seguita, l’anno dopo, da Le infezioni tifiche a Verona, con speciale riguardo alle forme anomale di febbre tifoide. La strada della ricerca, quella dell’attenzione a quanto accadeva e la pronta disponibilità medica avevano segnato la strada per quel giovane dotato. Si manifestò, subito, in lui, un futuro importante.
Tramite l’ambasciata italiana e l’aiuto di Edoardo De Betta, assessore intelligente della città, Roberto Massalongo andò a Parigi ad ascoltare le lezioni di Victor Cornil grande batteriologo: arrivò all’ospedale de La Salpêtrière dove lavorò con Jean-Martin Charcot, il padre della neurologia moderna. Era il 1885 e per il giovane veronese fu un periodo di straordinario interesse: la stretta amicizia con illustri clinici – dei quali rimarrà amico per tutta la vita, con scambi epistolari e scientifici – gli aprì il mondo della neurologia, dell’attenzione alle malattie polmonari, alle mai sopite “invasioni” batteriologiche. Robert Koch, nel 1882, comunicava la scoperta dell’agente patogeno della tubercolosi; Louis Pasteur, fondatore della moderna microbiologia, nel 1885 utilizzò il vaccino antirabbico sull’uomo; Sigmund Freud era presente – anche con Massalongo – alle lezioni e agli esperimenti di Charcot e dei colleghi. Gli scritti del medico tregnaghese furono subito apprezzati in Francia.
Nello stesso anno della sua partenza – oltreché suscitare l’interesse dei giornali locali – egli venne eletto come consigliere del Comune di Verona in un gruppo di minoranza: una carica che conserverà per molto tempo, assumendo – più tardi – anche quella di assessore, quando mutarono gli assetti; nel 1889, infatti, egli lo fu per l’Istruzione e beneficienza, per il periodo di due anni. L’impegno politico, che in Massalongo non significava assolutamente carriera, avevo l’unico scopo di portare aiuto (con la sua professione e per la sua attenzione sociale) a coloro che ne avevano bisogno. Nella Parigi di allora, egli non passò inosservato: tenne comunicazioni pubbliche e le principali riviste mediche pubblicarono i suoi lavori; ma fu rilevante l’impostazione ch’egli apprese da Charcot e dagli altri: la frequenza delle sale di degenza, l’osservazione anatomo-clinica, i reperti, l’uso della tecnologia dei laboratori gli aprirono strade immense. La sua attenzione particolare – anche se, poi, la manterrà per tutto il resto della vita – andò alle malattie neurologiche (per le quali fu chiamato, più tardi, a redigere la voce nell’allora celebre Trattato italiano di clinica e terapia medica diretto da Cantani e Maragliano). Più avanti – e sarà la sua storia a raccontarlo – Roberto Massalongo diventerà un uomo innovativo nella realtà veronese: alcune malattie, delle quali parleremo, trovarono in lui il medico e la mente non puramente clinica.
Al ritorno da Parigi, felicitato dai colleghi veronesi con alcuni dei quali condividerà, più tardi, gli impegni clinici, decise di andare a Londra. Poi, nel 1888, fu chiamato a partecipare al Congresso di medicina a Barcellona durante l’Esposizione universale: la fama dello studioso aveva oltrepassato le frontiere. Nel 1889 ottenne la libera docenza in “Patologia speciale medica” dall’ateneo patavino: ma la sua vita non era tra i banchi universitari. Egli era nato per restare tra le corsie degli ospedali, per accogliere e curare le persone, per infondere speranza a coloro che erano malati. Intrattenne buoni e corrispondenti rapporti con clinici italiani e stranieri: ma la sua vita era a Verona.
E, all’età di 36 anni, nel 1892 Roberto Massalongo, vincendo il concorso, fu nominato Direttore dell’Ospedale Civile della città: ancora oggi, a tutti coloro che s’incamminano nel percorso d’entrata di quello che è il nosocomio per eccellenza, il suo busto ricorda quel giorno e quell’epoca. Vi rimarrà per 27 anni: fino a quando, nonostante un’età ancora brillante, la morte non se lo porterà via. E saranno, per tutti, anni storicamente importanti. Prima della sua venuta, il nosocomio sorgeva poco lontano dalla zona della Valverde, vicino alla sua residenza.
Durante tutta la permanenza in consiglio comunale, il medico tregnaghese combatté alacremente per tutti i problemi sociali: e l’ospedale era uno di questi. Non ebbe vita facile nelle sue battaglie politiche: attaccato da socialisti, poi da altri spesso attratti da interessi più che dalla conoscenza vera dei fatti, Massalongo mostrò una coerenza costantemente tesa a non scendere a compromessi e, sostanzialmente, non si adontò quasi mai: forma di un carattere forte, ma proteso alla comprensione.
Al suo ingresso quale direttore dell’Ospedale, in Borgo Trento, egli dimostrò subito che bisognava cambiare: cominciò a funzionare la farmacia interna, istituì le visite ai malati da parte dei parenti, rivoluzionò la metodologia degli interventi medici, mise in piedi una biblioteca interna anche per spingere i colleghi agli aggiornamenti, migliorò le condizioni igieniche per le quali, in verità, egli si era battuto più volte in consiglio comunale come aveva fatto per l’Istituto Derelitti di via Cappuccini Vecchi. Istituì una Commissione, un nuovo Consiglio ospedaliero. Nonostante all’inizio – proprio per la sua capacità innovativa – fosse assediato dai veleni nemici, Massalongo, “valoroso e modesto”, continuava a mietere successi e riconoscimenti ovunque così da chiudere la bocca degli avversari grazie alla sua scienza e al suo mai dimenticato amore per la professione e per coloro che a lui e ai medici si affidavano. Subì anche un’aggressione da parte di un collega, ma egli se ne dimenticò.
Intanto, nonostante gli impegni e la vita attivissima a Verona, egli andava pubblicando le ricerche: alla fine saranno oltre duecento i suoi interventi scientifici: tutto questo lo aveva fatto conoscere ovunque. Le sue presenze a congressi e a convegni scientifici furono numerose ed egli partecipava con grande attenzione portando il proprio contributo, ma ricevendo sempre quello altrui. Anche durante la sua direzione ospedaliera, i nemici politici non l’abbandonarono: certamente perché egli rappresentava il volto umano e socialmente più aperto, filantropico e credibile in quella borghesia patriottica (com’egli sempre manifestò), laica e sensibile. Prese chiare posizioni sulle istanze ideologiche del progresso e a favore delle classi popolari.
In quegli anni, grazie al lascito di Alessandro Alessandri, nel 1895, nacque la necessità di erigere l’ospedale per i bambini: Massalongo lo sostenne, volendolo vicino a quello presente per la condivisione dei problemi sanitari e amministrativi; come noto, l’ospedale “Alessandri” sorgerà anni più tardi quando il tregnaghese non potrà vederlo.
Nelle sale del nosocomio, oltre a lui, si muovevano i medici, gli infermieri: nessun malato veniva lasciato solo e la sua presenza era costante, lucida, sempre attenta anche allorquando qualche collega – che forse non amava la sua direzione piuttosto forte – credeva possibile agire in altro modo. Affinché le malattie dei ricoverati non passassero inosservate, Massalongo si servì dell’amico Angelo Dall’Oca Bianca, assai noto come pittore ma quasi sconosciuto come fotografo. L’artista utilizzò entrambe le capacità ed oggi – grazie a lui – si può conoscere meglio l’attività del Massalongo medico e direttore oltreché alcune forme delle malattie.
Il tregnaghese aveva cognizioni precise delle difficili e spesso tristi condizioni economico-sociali della sua epoca e sapeva, soprattutto, che proprio queste potevano scatenare morbi non tanto sotterranei. Grande fu la sua attenzione alle malattie infettive, originate spesso dalle non buone condizioni stesse: quelle dei contadini, dell’aria irrespirabile, della mancanza di cibo adeguato, della scarsa pulizia, dei lavori pesanti, delle epidemie provocate da larve, insetti, batteri. Il suo nome è legato alle lotte contro la malaria, le polmoniti, il tifo, il morbillo, la pertosse; fu uno studioso della climoterapia, dell’uso benefico delle acque termali. Si occupò di alcoolismo, di tabagismo, di reumatismo cronico, fu un forte sostenitore dell’educazione fisica e di quella alla sessualità corretta. Non dimenticò mai di ricordare le possibili gravi malattie ereditarie per tutti coloro che avessero contratti legami tra consanguinei (né lui né i fratelli si sposarono essendo figli di un’unione tra zio e nipote).
Ma il nome di Roberto Massalongo è legato – come un filo assai stretto – alla lotta contro la tubercolosi (per colpa della quale era morto, in giovane età, il celebre padre). Molti suoi scritti furono dedicati a questo morbo che falcidiava le persone; ma – sopra ogni cosa – volle il tubercolosario. Per esso si batté strenuamente; pensò di farlo costruire a Malga Ime, in comune di Ferrara di Monte Baldo dove il grande chirurgo Edoardo Bassini (v. questo Sito) gli aveva ceduto uno spazio; non se ne fece nulla perché i tubercolosari sorsero alla Grola (sulle pendici del Monte Pastello), a Ponton (per le donne), a Chievo (dove la contessa Elvira Miniscalchi Erizzo cedette a buon prezzo la villa). La strada per il sanatorio fu proprio lui ad aprirla: non ne vide la conclusione, ma il suo nome è legato a quel luogo; egli sosteneva, infatti, che per i malati di tubercolosi erano necessarie due cose, innanzitutto: un luogo dove curarli, un’aria buona da respirare. Ora, quei posti che contribuirono a guarire e salvare tante persone, giacciono in abbandono.
L’eredità medica, lasciata nella storia della medicina non solo veronese (cosa della quale, tra l’altro egli si occupò e scrisse), appare da tempo un dato consolidato; ma sarebbe improprio non ricordare le altre sue eredità: quella culturale e quella sociale delle quali fu uno dei più grandi che il Novecento ci abbia lasciato. Nel 1905 dette vita al periodico più importante nella storia medica veronese: “Il Fracastoro” dedicandolo al grande e celebre veronese a cui egli aveva consacrato un importante studio scientifico. Fu, anche, uno dei più grandi filantropi della storia cittadina.
In Piazza Pradaval, numero 1, dov’era vissuto, Roberto Massalongo scomparve nella notte del 12 gennaio 1919: aveva poco più di 62 anni. Fu stroncato da malattia polmonare con crisi cardiaca: non si dimentichi, però, che era l’epoca della terribile “spagnola” che provocava anche quei sintomi ed egli era tornato, da poco, da un convegno a Bologna. Nove giorni prima della scomparsa, aveva ritenuto corretto ed opportuno convocare presso di sé un notaio e degli amici medici per dettare le ultime volontà. Fu un testamento che appare giusto ricordare: lasciò 350.000 lire all’Ospedale Civile Maggiore di Verona, lire 100.000 per una sala di medicina che portasse il suo nome, lire 250.000 per l’ospedale sanatorio “Girolamo Fracastoro” del Chievo, la villa di Tregnago affinché il comune erigesse l’Ospedale al nome di “Fratelli Massalongo”, la biblioteca medica personale al nosocomio, lire 1.000 cadauno ai suoi tre cugini.
Il tempo non tradirà: l’ospedale di Borgo Trento verrà allargato, la sala medica diventerà un centro di studio per medici, il sanatorio a Chievo entrerà in funzione, la sua biblioteca rimarrà in quella generale del nosocomio, a Tregnago sorgerà (qualche tempo dopo) l’ospedale. Della sua filantropia, del suo amore per i malati, della sua scienza, si ricorderanno tutti: Carlo Spazzi farà il monumento di Roberto Massalongo all’ingresso dell’Ospedale di Borgo Trento (inaugurato nel 1922), una targa sarà a Ponton; Verona, Tregnago e molti altri luoghi gli dedicheranno vie e strade. Se n’è dimenticato, invece, il Dizionario Biografico degli Italiani. Carte del suo archivio si trovano presso la Biblioteca Civica di Verona, nella biblioteca del nosocomio, in Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere della quale era stato un membro importante, come lo fu per altre nazionali ed internazionali.
Bibliografia: numerosissima è la bibliografia, per cui ci limitiamo a fornire quella più vicina nel tempo e più facilmente rintracciabile; Giuseppe Ferrari-Luciano Meneghelli-Giorgio Piccoli, Numero speciale in onore di Roberto Massalongo, “Il Fracastoro: bollettino degli Istituti Ospitalieri di Verona”, LXXXVI, n. 1-6 (genn.-dic. 1993), pp. 1-103; Luciano Bonuzzi, Orientamenti dottrinali e prospettive antropologiche nel pensiero di Roberto Massalongo, “Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona”, 172, 1995-96, pp. 143-154; Giuseppe Ferrari, Massalongo Roberto, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 531-532; I Massalongo: una grande famiglia per la crescita culturale e civile di Verona. Atti del Convegno di studio, Verona 21 maggio 2004, Verona, Biblioteca Civica-Museo di Storia Naturale-Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, 2008: il volume contiene, specificatamente rivolti a R. Massalongo, i seguenti saggi: Luciano Bonuzzi, Contesto dottrinale e ricerca scientifica in R. Massalongo (pp. 151-169), Giuseppe Ferrari, Il Direttore dell’Ospedale Civile di Verona (pp. 171-203), Vasco Senatore Gondola, R. Massalongo pubblico amministratore e filantropo (pp. 205-224), Massimo Valsecchi, L’attenzione alle malattie infettive nel contesto sociale (pp. 225-238); Valeria Rainoldi, L’ospedale dei veronesi da Sant’Antonio in Valverde a Borgo Trento, “Il Fracastoro…”, 103, 2010, n. 1 (gen.-giu.), pp. 17-99; G. Ferrari, Impronte famigliari nella formazione di R. Massalongo, in Abramo Massalongo (1824-1860) scienziato e patriota per un’Italia unita. Atti del Convegno di studio Tregnago (Vr) 27 novembre 2010, Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere-Provincia di Verona-Comune di Tregnago, 2011, pp. 89-101; Ettore Curi, Roberto Massalongo, in I busti dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, a cura di Chiara Contri e Camilla Bertani, Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, 2019, pp. 70-71; Giovanni Piccirilli, Roberto Massalongo: una vita per la medicina (“I quadernetti della Veronensia”), Verona, Biblioteca Civica, 2019; Paola Milli, Roberto Massalongo medico tra XIX e XX secolo, “La Lessinia – Ieri oggi domani”, 43, 2020, pp. 216-220; Un ricordo di Roberto Massalongo nel centenario della scomparsa. Atti del Convegno, Verona 12 dicembre 2019, a cura di Giancarlo Volpato, Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, 2020: il volume contiene: G. Ferrari, Roberto Massalongo e la sua formazione in Francia (Parigi, febbraio-luglio 1885), pp. 13-28; L. Bonuzzi, Naturalismo e promozione della salute in Roberto Massalongo, pp. 29-44; Massimo Valsecchi, La libertà critica di Roberto Massalongo, pp. 45-52; Giancarlo Volpato, L’eredità culturale di Roberto Massalongo, pp. 53-90.
Giancarlo Volpato
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Foto dall’archivio dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona