Tea Eva

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Eva Tea

Storica dell’arte, archeologa, filantropa, Evangelina Tea nacque a Biella il 18 febbraio 1886. Figlia dell’avvocato Alberto e di Anna Ricci, utilizzò sempre, in ogni suo scritto e in ogni occasione, solamente il nome Eva. Sorella di Silvestra (v. questo Sito), moglie del filologo musicale Ugo Sesini (v. questo Sito) e donna importante nella storia a favore del sesso femminile oltreché come resistente, di Maria, pittrice veronese e di Giuseppe che s’affermò nella città scaligera come avvocato e consigliere d’amministrazione di vari Istituti, due anni dopo la nascita arrivò, con la famiglia, a Verona poiché il padre divenne segretario capo dell’Amministrazione provinciale. L’amore e la propensione per l’arte le vennero sicuramente dalla propria casa: la madre insegnava disegno ai bambini dell’asilo che dirigeva, il padre era un dilettante pittore e la sorella si affermerà nel tempo come una buona artista.
Dopo la licenza magistrale e, l’anno successivo, di quella liceale conseguita al Ginnasio-Liceo “S. Maffei”, vinse una borsa di studio presso la Regia Università di Padova dove si laureò brillantemente in Lettere e Filosofia, nel 1911, con una tesi sulla storia religiosa dell’isola di Candia o Creta, tra 1590 e 1630, che fu pubblicata a Venezia nel 1913: il lavoro fu insignito anche di un premio nazionale. Si specializzò pure in ortofrenia poiché aveva frequentato la Scuola Pedagogica per bambini affetti da menomazione. Subito dopo la laurea fu chiamata ad insegnare a Mantova; quindi s’iscrisse, presso l’ateneo di Roma, dove fu allieva di Adolfo Venturi, alla scuola di perfezionamento in Storia dell’arte medioevale e moderna: sarà questa, infatti, la strada che Eva Tea percorrerà per il futuro. Fece l’assistente volontaria alla cattedra, vinse una borsa di studio per ulteriore perfezionamento, insegnò la sua disciplina presso il Liceo-Ginnasio “Umberto I” a Roma, poi passò alla scuola d’arte di Ravenna.
Nel 1915 avvennero due fatti importanti nella sua vita. Allo scoppio della guerra Eva Tea divenne crocerossina: sui treni, nelle campagne del conflitto e dove c’era bisogno, ella fu presente; per questo fu, poi, decorata della Croce di guerra. Fu l’inizio, silenzioso come sarà in futuro, del suo amore verso gli altri, verso coloro che non chiedevano. Nello stesso anno conobbe Giacomo Boni, allora probabilmente il più celebre archeologo italiano: e la passione per quella disciplina l’avvolse. Lavorò con lui agli scavi del Palatino a Roma, contribuì alla pubblicazione degli esiti; la studiosa si legò a lui, dal punto di vista scientifico, in maniera molto vicina tanto che ne sarà, più tardi, l’erede delle ricerche, delle opere e degli studi.
Durante gli anni della guerra, Eva Tea cominciò quella che sarà – per buona parte della sua vita – una delle attività predilette: quella dell’Ispettrice delle Soprintendenze per le Belle Arti ed iniziò da quella della Romagna mentre conduceva, altresì, il compito di docente a Ravenna per riandare, poi, al Palatino romano, a Venezia, a Trento dove lavorò per il recupero delle opere d’arte italiane in Austria.
Nel 1917 si convertì al cattolicesimo. Non fu un semplice avvenimento; l’evento mutò completamente la sua esistenza. Da quel giorno – pure proseguendo le attività di sempre – cambiò per Eva Tea la visuale del mondo, compreso quello dell’arte. Non ultimo, il rapporto complesso e piuttosto difficile da capire sino in fondo, verso Giacomo Boni, suo maestro che la volle come erede morale e scientifica. Non del tutto comprensibile appare il fatto che Eva Tea fosse “presa” da quell’uomo, un poco strano, diventato fieramente fascista dopo la marcia su Roma, cristiano ma non perfettamente coerente con le idee neppure quando diventò senatore nel 1923.

Eva Tea

Dopo la conversione, Eva Tea si dedicò agli studi su S. Maria Antiqua e della quale nessuno si era occupato; ne sortì un’eccellente monografia: La basilica di Santa Maria Antiqua (Milano, Vita e Pensiero, 1937). Alla fine della guerra lavorò presso l’università di Roma, quindi quale ispettrice nella Soprintendenza alle Gallerie di Venezia, al Museo civico di Treviso; si perfezionò in archeologia. Uno degli aspetti rilevanti della vita della studiosa fu quello di collaborare a molte riviste scientifiche: i suoi saggi, i suoi apporti quale donna di cultura furono sempre molto apprezzati sin da quando, ancora giovane, intraprese la via della ricerca nel campo dell’arte e, seppure in misura minore, in quello dell’archeologia, una disciplina che, comunque, le farà pubblicare un’importante opera (di oltre 800 pagine) dal titolo Preistoria civiltà extraeuropee (Torino 1953).
Nel 1922 vinse il concorso per l’insegnamento della storia dell’arte presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera dopo avere lasciato l’incarico di Ispettrice per la Venezia Tridentina. Contemporaneamente si era affermata anche all’Accademia Albertina di Torino, ma preferì il capoluogo lombardo da cui, nonostante i contatti veronesi con la famiglia, non si staccherà quasi mai.

Ritratto di Eva Tea da giovane, Angelo Dall’Oca Bianca

Nella città scaligera, dov’era cresciuta e della quale rimase sempre cittadina, Eva Tea veniva assai sovente: ogniqualvolta i suoi numerosi impegni glielo potevano permettere.
L’Accademia di Brera diventò la sua sede, il luogo prediletto per i suoi studi. Nel 1925, alla morte di Giacomo Boni, Eva Tea si sentì investita di un dovere prezioso quale fu, nella realtà, la raccolta degli scritti, delle ricerche e delle opere incompiute dell’archeologo: per questo andò anche a Londra. Ne curò il ricordo pubblicandone la biografia (Giacomo Boni nella vita del suo tempo, 2 v., Milano 1932: da leggersi con qualche riserva); fu, anche, incaricata di tenere la segreteria di una fondazione a lui dedicata (e della quale faceva parte pure Benito Mussolini).
Di lei s’accorse padre Agostino Gemelli, all’epoca Rettore dell’Università Cattolica del “Sacro Cuore” di Milano; ottenuta la libera docenza all’insegnamento universitario, Eva Tea vi fu chiamata: dapprima come libera docente (sino al 1936), poi come incaricata. Dal 1927 al 1956 ella sarà la professoressa di Storia dell’arte medievale e moderna: ma non lascerà mai l’Accademia braidense. Richiesta all’estero, grazie alle sue ricerche e ai suoi saggi scientifici, ella diventerà una studiosa molto nota: andrà in Germania, in Svezia, in Cecoslovacchia e in altri paesi; presso l’ateneo milanese, terrà pure l’insegnamento di Storia della Critica d’arte. Fu in questo periodo che in lei maturò l’amore per il pensiero filosofico tomista, studiato, approfondito e diventato, poi, il punto di riferimento in molti suoi scritti.
Il carisma, la straordinaria capacità comunicativa e la vita molto semplice (quasi monacale) di Eva Tea non passarono inosservati. Ella viveva pressoché in solitudine avvolta dal fascino del suo ardore di essere a disposizione di tutti coloro che in lei vedevano un punto fermo: costantemente attenta agli studi ma, in questo caso, piena di comprensione per il mondo dei giovani, si dedicava a questi ultimi secondo quello spirito che la fede, in un cristianesimo convinto e fervido, le chiedeva. Così, nel 1929 iniziò la collaborazione con Monsignor Giuseppe Polvara per la Scuola d’Arte “Beato Angelico” e per l’arte sacra a Milano; subito dopo fondò l’“Opera delle modelle” (o Scuola T.E.A.) per le giovani che posavano per i dipinti. Per queste allieve – e per la storia di questa particolare tipologia d’arte – assieme a Emma Calderini, ella darà alle stampe Acconciature antiche e moderne (Milano 1962).
Al di fuori del suo contributo nel campo degli studi della critica d’arte, Eva Tea – soprattutto in questo periodo – espresse un messaggio contenente un’espressione lirica del suo credo artistico, una tensione sincera e profonda verso lo studio dell’arte sacra; uscì, alla metà degli anni Trenta, un suo lungo saggio nel quale spiegava che l’educazione religiosa, quella filosofica e quella filologica erano le basi fondamentali per gli studi; pure attaccata da atei e liberi pensatori, ella sosteneva con chiarezza la bellezza e la profondità acuta del fatto creativo che aveva sorretto, da sempre, coloro che si erano dedicati all’arte sacra. Molti studenti, poi diventati noti, ricorderanno l’estrema disponibilità della “signora dalla voce gentile che si spogliava del suo abito di docente, per stare con noi”.
La professoressa della scuola del “Beato Angelico”, nel 1941, ebbe un allievo speciale: Lorenzo Milani che si era iscritto poiché riteneva di dedicarsi all’arte. L’incontro schiuse al giovane venuto da Firenze, figlio di un ateo e di un’ebrea, la bellezza del sacro. Il carisma di lei (e anche di un’altra docente) offrì al giovane studente, intelligentissimo e dotato di grande capacità, la strada per la conversione. Fu proprio Eva Tea, donna profondamente cristiana, trasmettitrice di gioia, serenità e amore a fare breccia, per prima, nel cammino verso la conversione di colui che diventerà, poi, un sacerdote di straordinaria apertura. Egli stesso volle sempre ricordare la sua “professoressa”.
Nel 1944 fu rinchiusa nel carcere milanese di S. Vittore perché ritenuta ebrea e, quindi, indegna soprattutto a causa del nome; la salvò la sua conversione e fu liberata. Nel 1945 diventò vice-direttrice dell’Accademia di Brera.
Risulterebbe mancante, tuttavia, questo lungo racconto della milanese-veronese se non si pensasse un poco alle sue opere. Il raggio dei suoi interessi di studiosa fu molto vasto e spaziò dall’arte medievale a quella contemporanea, di cui fu critica acuta ed esigente. All’inizio i suoi interessi erano stati eminentemente focalizzati sul patrimonio artistico veronese: aveva pubblicato sulla rivista “Madonna Verona”, aveva collaborato, tra 1911 e 1912, all’Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler von der Antike bis zur Gegenwart (il celebre U. Thieme-F. Becker, Leipzig 1907-1947) per la sezione dedicata agli artisti della città e provincia; negli anni immediatamente successivi il primo conflitto mondiale s’interessò particolarmente d’arte contemporanea recensendo mostre collettive e personali, intervenne su problemi di critica artistica pubblicando, nel 1921, un saggio sulla Storia e critica d’arte che ebbe grande risonanza; nel medesimo anno uscì una monografia su Paolo Veronese, l’anno successivo sui Monumenti di Ravenna, città che ella amò intensamente e, proprio allora, per la seicentesca ricorrenza dantesca, Eva Tea occupò un posto importante nelle manifestazioni. S’interessò della Pinacoteca di Brera che illustrò per i grandi e straordinari tesori posseduti, dedicò le sue attenzioni alle pitture e alle sculture delle chiese milanesi pubblicando, su queste opere, due rilevanti monografie. Per la Storia universale dell’Arte, ebbe l’incarico, con Franco Mazzini, di dirigere il Quattrocento e il Cinquecento. La profonda fede cristiana la indusse ad approfondire tematiche sacre con un’attenzione raramente conosciuta: ci limitiamo a citare, fra i libri editi, La Vergine nell’arte (Brescia 1943) seguito da La Madonna nella pittura italiana (Bergamo 1959). La bibliografia di Eva Tea supera il numero di 200 titoli; molte furono le riviste che accolsero suoi contributi. Il suo nome è legato anche – come sopra scritto – alle opere e all’eredità culturale di Giacomo Boni per le quali subì le critiche non benevoli di Benedetto Croce e di altri. Queste non provocarono, in lei, alcun gesto ma ebbe sempre, invece – come trofeo della sua anima – la conversione e l’opera di don Lorenzo Milani.
Furono anni molto importanti quelli dell’insegnamento a Milano soprattutto perché, essendo largamente affermata come studiosa, fu chiamata in molte parti d’Italia e all’estero sia come relatrice sia come rappresentante di istituzioni culturali rilevanti. Quando, nel 1956, fu collocata a riposo la sua attività non venne meno: continuò a prestare il suo insegnamento laddove veniva richiesto. Due anni prima l’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona l’aveva accolta come socia. Durante questo periodo – e accadde sino alla sua scomparsa – Eva Tea non dimenticò affatto la critica dell’arte occupandosi, in particolare, di quella contemporanea. Tra i lavori pubblicati, ricordiamo quello (citando come esempio del suo interesse) sull’opera di Angelo Barabino, un pittore tortonese allievo di Giuseppe Pellizza da Volpedo (Milano 1961), pressoché sconosciuto. Soprattutto nell’ultimo periodo, accentuò i rapporti con le sorelle con le quali, comunque, si era sempre tenuta assai stretta (il fratello Giuseppe era morto durante la guerra); alla scomparsa di Silvestra (v. questo Sito) dedicò un accorato e struggente ricordo: Silvestra (apparso nella rivista “Brutium”, XXXIX, 1960, n. 6, pp. 3-4).
Nel 1964, di ritorno da un convegno, cadde malamente fratturandosi il femore: fu l’inizio della fine poiché, alle difficoltà fisiche s’aggiunsero anche quelle mentali; lasciò il capoluogo lombardo e, nel 1967, si ritirò, con la sorella Maria, nella casa di riposo delle Suore Orsoline di Tregnago dove scomparve il 29 luglio 1971. Le sue spoglie riposano nel cimitero monumentale della città con tutta la famiglia.
La sua corrispondenza (1921-1942) con Ugo Ojetti si trova all’Archivio della Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma (sono presenti, tra le altre, lettere di John Ruskin); il suo lascito – cospicuo e molto interessante – giace presso il Museo di Castelvecchio a Verona; il ricchissimo fondo Eva Tea-Giacomo Boni è depositato presso l’Istituto lombardo-Accademia di Scienze e Lettere di Milano. Oggi la sua figura appare quasi dimenticata nonostante che, durante la vita, fosse stata onorata di medaglie d’oro, riconoscimenti nazionali e internazionali e fosse stata decorata per il servizio di crocerossina prestato durante la prima guerra mondiale.

Bibliografia: Marco Melzi, Eva Tea (1886-1970), “Arte cristiana”, Milano, 59, 1971, pp. 250-254; Roberto Togni, Ricordo di Eva Tea, “Scuola italiana moderna”, LXXXI, 1971, pp. 30-31; Gioconda Albricci, Bibliografia di Eva Tea, “Arte cristiana”, 65, n. 640, lug.-ag. 1977, pp. 197-210 (con curriculum vitae e ripubblicazione di Guido Ludovico Luzzatto, Profilo di Eva Tea, da “L’Italia che scrive”, a. 18, n. 7, luglio 1935); Giuliana Tomasella, Tea Eva(ngelina), in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 799-800; Monica Gasparini, Eva Tea e il tomismo nell’arte (tesi di laurea, Univ. di Verona, Fac. di Lettere e Filosofia, a. a. 2006-2007, rel. G. Tomasella); Loredana Lorizzo, Un’allieva di “buon metodo e finezza d’osservazione”. Eva Tea in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna (1913), in Vedere e rivedere e potendo godere. Allievi di Adolfo Venturi in viaggio tra l’Italia e l’Europa (1900-1925), a cura di L. Lorizzo e Adriano Amendola, Roma, Campisano, 2014, pp. 97-104; Myriam Pilutti Namer, Giacomo Boni (1859-1925): gli anni del dopoguerra e il rapporto con Eva Tea, “Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici”, Bologna, 29, 2016, pp. 279-297; Valentina Alberici, Lorenzo Milani: l’artista che trovò Dio, Milano, Paoline, 2017; Myriam Pilutti Namer, Il fondo “Eva Tea” al Museo di Castelvecchio a Verona: linee interpretative per una ricostruzione preliminare, “Verona illustrata”, n. 31, 2018, pp. 147-159.

Giancarlo Volpato

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La foto è dovuta alla cortesia di Myriam Pilutti Namer.
Ritratto di Eva Tea da giovane, Angelo Dall’Oca Bianca (archivio privato Avesani)

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