Broglio Dante

…a cura di Giancarlo VolpatoPoesia

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Dante Broglio

Incisore, pittore, Dante Broglio nacque a Sorgà, nella Bassa veronese, il 6 aprile 1873. Conseguì la “patente” di maestro elementare di grado superiore presso la Scuola Normale maschile provinciale di Verona, pareggiata alle governative; trovò subito impiego come insegnante di disegno e plastica e come istitutore nelle scuole elementari interne al Collegio Provinciale maschile della città.
Nel 1897, grazie a Gaetano Lionello Patuzzi, preside dello stesso Collegio, Broglio s’iscrisse ai corsi quadriennali dell’Accademia “G. Cignaroli”: fu, per due volte, tra gli allievi premiati e conseguì il diploma nel 1902. Era allora direttore Mosé Bianchi che fu il suo grande maestro per l’acquaforte. Fu allievo di Egidio Girelli e Alfredo Savini dai quali egli apprese un’orma di appropriata modernità e un indirizzo artistico grazie ai quali Broglio iniziò ad occuparsi soprattutto della grafica e dell’incisione. L’insegnamento di Mosé Bianchi, però, fu determinante per le sue scelte.
Vocato al disegno, il giovane conseguì pure l’abilitazione all’insegnamento della calligrafia, frequentò il corso di ornato a Verona, poi si recò a Modena all’Istituto di Belle Arti dove ottenne l’abilitazione all’insegnamento del disegno. Da quel momento, Dante Broglio cominciò a peregrinare per le scuole dell’Italia settentrionale quale insegnante delle due discipline. Dal 1904 al 1908 fu nelle terre comasche: e, proprio nel 1904, iniziò l’attività espositiva a Mantova; fu la prima di una serie lunghissima che culminò solamente con l’approssimarsi della fine della vita.
Approdò, quindi, a Bassano del Grappa dove acquisì ulteriori spunti per le sue incisioni, grazie allo studio di quelle dei grandi del Cinquecento.
Nel 1909, assieme al fratello, Dante Broglio acquistò una villetta a Colognola ai Colli: il luogo divenne la sua patria, la sua residenza allorquando l’insegnamento gliene consentiva la possibilità.
Nel 1912 fu inviato ad insegnare a Udine alla Scuola Normale femminile: qui nacquero le sue prime acqueforti dove egli poté mettere in evidenza tutta la sua capacità; egli era attratto dal bianco e nero con acqueforti su zinco e su rame. Non trascurò neppure l’acquatinta, anche se a quest’ultima concesse poco spazio nella sua attività artistica. Ispirate dalla maniera di Piranesi, le opere di Broglio dimostrarono una personalità e uno stile compiutamente definito.
Con l’anno scolastico 1916-17, fu trasferito a Venezia. Nella città lagunare, durante la guerra “tra una guardia e l’altra”, l’ormai ultraquarantenne, diventato cittadino di Colognola ai Colli, s’iscrisse alla Regia Accademia per frequentare il corso di incisione diretto dal celebre acquafortista Emanuele Brugnoli. Broglio non dimenticò mai l’insegnamento entusiasta dei suoi maestri ma di quest’ultimo serbò un ricordo incancellabile. Fu questa l’epoca delle grandi esperienze anche perché egli non si accontentava di quello che già sapeva.
A Venezia si mise a indagare sulle tecniche degli artisti del passato per cercare di carpirne i segreti e le intime connessioni. Nel 1918, finalmente, espose a Verona; poi a Torino, a Venezia, alla galleria d’Arte moderna a Roma. Nella città lagunare la guerra non risparmiò nessuno e da quei tragici eventi Broglio trasse dolorosi momenti: ma conobbe la donna che diventò, nel 1918 a Milano, la compagna della sua vita. Ines Fanna, friulana e insegnante anch’ella, molto più giovane del marito, fu la compagna dolcissima a cui il quarantacinquenne artista si legò in maniera straordinaria: anche se la professione, da entrambi esercitata, non fu molto clemente con gli sposi. La giovane signora fu mandata ad insegnare a Lodi e Broglio alla Scuola Normale “Carlo Montanari” di Verona e successivamente a Milano.
Furono questi, intorno agli anni ’20, i momenti più proficui per la stagione espositiva dell’incisore. Verona, le sue colline, i suoi borghi, le sue particolarità, i paesi del territorio con le loro case e i loro luoghi più belli diventarono l’oggetto prediletto per le acqueforti di Broglio. I chiostri, i mulini, i castelli, le strade e i viottoli, le persone si caricarono di una densa pittoricità; le sue lastre diventarono, spesso, scenografiche e gli scorci della Verona antica trovarono in lui un cantore appassionato e fascinoso. Nel 1921 egli cominciò a dedicarsi anche alla decorazione ceramica ispirandosi alla tradizione lodigiana: le sue maioliche ad alto fuoco (piatti, vasi, brocche e tazze) furono improntate da motivi raffaelleschi. A Lodi espose questi suoi lavori ottenendo un successo importante. Fu chiamato alle mostre di Torino, Milano, Padova, Vienna e ancora Verona dove presentò i suoi lavori sull’Adige, Santa Anastasia e i portali gotici delle chiese della città. Per quasi tutte le sue lastre (comprese quelle del trittico di Salice Terme dedicate ai pozzi artesiani) Broglio continuò a privilegiare la stampa con inchiostri di colore verde o seppia nell’intento di conferire un maggiore carattere pittorico alle opere. Partecipò, in seguito, alle Biennali di Venezia, a quelle di Roma, alle permanenti di Milano e Torino.
Intanto egli andava pubblicando saggi sulle tecniche incisorie. Fu presente a Madrid che lo volle onorare come membro della propria Accademia, alle mostre estive di Pieve di Cadore, amò soggetti della costa friulana e ormai la fama lo volle alle mostre di Parigi e a quella dell’Istituto della calcografia nazionale italiana. Fu l’epoca delle incisioni di figure femminili, di due autoritratti, di paesaggi lirici.
All’inizio degli anni Trenta, Broglio cominciò a cimentarsi con piccole ed inconsuete acqueforti di soggetto entomologico: insetti, cervi volanti, mostri in miniatura in cui si addensano i caratteri della ricerca grafica con un grande senso dell’unità stilistica.
Fu ospitato a Firenze con un alto numero di opere, a Bordeaux, a Bologna. Nel 1934 una sua lastra risultò vincitrice di un concorso del Ministero dell’Educazione nazionale. Dall’anno prima, finalmente, Dante Broglio e Ines Fanna avevano cominciato a vivere insieme perché avevano dismesso l’attività d’insegnamento. Da allora per l’artista furono giorni di felicità e di sereno lavoro. La sua fama aveva travalicato i monti. Partecipava, ormai, alle più importanti mostre dell’incisione. Roma, Buenos Aires, Milano, Urbino, San Paolo del Brasile, Calcutta, Ankara, Istanbul lo videro tra i protagonisti.
Nel 1937 morì la moglie e l’evento gettò l’artista in un dolore infinito. Nel 1940, dopo i gravissimi bombardamenti aerei sulla città, i fratelli Broglio abbandonarono Milano – con tale fretta da determinare lo smarrimento di gran parte del materiale biografico dell’artista – e si trasferirono definitivamente nella villetta di Colognola ai Colli. Ci pensò anche la guerra a tarpargli le ali poiché la penuria di materiali adatti al suo lavoro venne meno.
A Colognola ai Colli Broglio istituì un cenacolo di discepoli, molti dei quali s’affermarono come talentuosi artisti e la sua vita ridiventò operosa e votata ai suoi discepoli. Nessuna mostra, in nessun luogo, non lo vide presente e, finalmente, la critica cominciò ad accorgersi di lui. Dalla sua scuola uscirono Federico Bellomi (v. questo Sito) e Francesco Menegazzi.
Al suo paese di Colognola egli dedicò acqueforti e così fece con i paesaggi della sua valle (su cui eccelse Giazza), alla sua Verona consacrò incisioni splendide: sempre con occhio sereno e animo disteso, traboccante di poesia e di lirismo. Le opere mature risentirono di tonalità chiaroscurali più leggere e luminose di quelle dell’età giovanile.
Broglio fu un uomo operosissimo sino alla fine dei suoi giorni: se ne andò il 12 aprile del 1954 mentre la Galleria della Società delle Belle Arti della città aveva in esposizione alcune sue incisioni.
Tutte le sue lastre originali sono state depositate presso il Museo di Castelvecchio.
Nel 1956 gli eredi hanno donato al Comune di Verona venti acqueforti e nel 2015 dieci acqueforti al Comune di Colognola ai Colli, esposte al pubblico nella sede comunale.
Sorgà, il paese che lo vide nascere, gli ha dedicato la scuola media ed una via. Colognola ai Colli ha dato il suo nome ad una via e alla scuola primaria.

Bibliografia: piuttosto rilevante è quella sulla sua opera per cui riteniamo doveroso citare gli studi più recenti; Verona anni venti, a cura di Licisco Magagnato e Gian Paolo Marchi, Verona, Società Belle Arti, 1971; Anna Maria Prati, Le incisioni di Dante Broglio: catalogo, bibliografia e antologia della critica, con una nota di Licisco Magagnato, Verona, Museo di Castelvecchio, 1977; La grafica di Dante Broglio, Colognola ai Colli, Comune-Associazione Amici di D. Broglio, 1984; Umberto G. Tessari, Dante Broglio, in La pittura a Verona dal primo Ottocento a metà Novecento, a cura di Pierpaolo Brugnoli, Verona, Banca Popolare di Verona, 1986, pp. 298-304; Giorgio Marini, Il ritratto nell’incisione del primo Novecento, in Il ritratto nel Veneto: 1866-1945, a cura di Sergio Marinelli, Verona, Banco Popolare di Verona e Novara, 2005, pp. 157-170; Giuseppe Franco Viviani, Broglio Dante, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 166-167; Dante Broglio (1873-1954), a cura di Gian Paolo Marchini e Anna Maria Prati, Verona, Fondazione Museo Miniscalchi Erizzo, 2011; Anna Maria Prati, Colognola ai Colli: ricerca bibliografica, Colognola ai Colli, Biblioteca Comunale-Assessorato alla Cultura, 2016, pp. 134-137.

Giancarlo Volpato

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