Risposta ai lettori 25/3 (grafia del dialetto — parte terza)

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Risposta ai lettori 25/3 (grafia del dialetto — parte terza)

Un altro problema si presenta quando occorra trascrivere il nesso s + ci o ce, nesso cosí frequente nelle parlate settentrionali (in quelle a sud della Val Padana non esiste, venendo sostituito da sci / sce). Alcuni hanno voluto trascriverlo senza punteggiatura, presupponendo che si sappia già in partenza come pronunciarlo. Troviamo, cosí, ’na scianta «un pochino», sciafa «schiaffo, sberla», sceto «schietto, genuino», sciòpo «schioppo, fucile», ma è evidente che una grafia del genere è assurda.

Giovan Battista Pighi, nel suo aureo libretto del 1966 Questione de lingua veronese, aveva deciso di inserire un punto tra la s e la c, e scriveva per esempio me ris.ciaria «mi arrischierei». Ma sarà piú opportuno restare con la maggioranza degli scrittori in vernacolo, che inseriscono un piccolo trattino: quindi, ’na s-cianta, s-ciafa, s-ceto, s-ciòpo.

Per inciso, il notissimo saluto italiano ciao! presentava in origine proprio il nesso in questione, provenendo dal veneto s-ciao! (che letteralmente significò «schiavo [vostro], servo [vostro]»). Fu con la prima guerra mondiale che il saluto si diffuse in tutta Italia, modificandosi però secondo la fonetica centro-meridionale.

Giovanni Rapelli – (continua)

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