Etimologia 18 (onomastica + toponomastica)

…a cura di Giovanni Rapelli

Etimologie

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Etimologia 18 (onomastica + toponomastica)

   Nel Medioevo fu molto comune, soprattutto nell’Italia del Centro-Nord, creare soprannomi cosiddetti composti, formati da un verbo piú un sostantivo. Tali soprannomi rivestono un certo interesse per noi moderni perché da essi derivarono sia certi cognomi che tuttora portiamo sia un buon numero di nomi di località.

  Per esempio, in provincia di Verona — per quel che riguarda le località — troviamo Rosegaferro fraz. di Villafranca, Buttapietra, Cavalcaselle fraz. di Castelnuovo, Bevilacqua, Ponzilovo fraz. di Ronco all’Adige, Mazzagatta vecchio nome di Mazzantica fraz. di Oppeano. Tutti questi luoghi hanno preso il nome dal fondatore del villaggio, il cui soprannome significò, nell’ordine: «che rosica il ferro (= dotato di denti forti)», «che butta il sasso», «che cavalca con le selle (quindi non a pelo)», «che beve l’acqua (antifrastico per “che beve il vino”…)», «che punge il lupo», «che uccide la gatta» (dove “gatta” significò veramente «gatto», si pensi al proverbio “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”…).

   Per quel che riguarda, invece, i cognomi, abbiamo nel Veronese forme quali per esempio Magnaguagno, Cavazzocca, Fracastoro, Forapan, Tirapelle, FrasalastaNascimbeni. I soprannomi che ne sono all’origine significarono, nell’ordine: «scialacquatore (= mangia-guadagno)», «cava le ceppaie (ossia, colui che dopo l’abbattimento di un albero ne dissotterrava anche la ceppaia)», «chi sfrega la stuoia per pulirla», «chi ruba il pane», «mangione», «chi preme accuratamente le lastre», «chi nasce nel bene».

   Come è evidente, abbiamo in queste formazioni parole il cui significato oggi è talvolta poco chiaro, o incomprensibile addirittura. Si pensi a guagno, voce normale nel Duecento per «guadagno»; foràr per «rubare», voce che continua direttamente il latino furari; tira-pelle che nel toscano antico era usato nell’espressione mangiare a tira-pelle «mangiare a crepapelle». Quanto all’espressione frasàr le laste, era riferita all’attività del mastro selciatore, colui che a colpi di mazza sistemava le lastre di pietra (laste) in certi punti della città, specialmente sulle Regaste. Queste erano opere di protezione dell’incile sia dell’Adigetto che del Canale dell’Acqua Morta, per evitare l’ingresso di tronchi o rami che vi avrebbero ostacolato la navigazione.

Giovanni Rapelli

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