Etimologia 50 (Postuma) – (Espressioni dialettali)

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Etimologia 50 (Postuma) – (Espressioni dialettali)

I schèi. Questa parola è abbastanza problematica. Pare ormai accertato che il centro da cui essa si è irradiata sia Venezia; da qui il termine si sarebbe pian piano diffuso negli altri dialetti veneti e nel romagnolo a partire dai primi anni dell’Ottocento.
All’origine ci sarebbe la scritta scheid.munz, che compariva su alcune monetine austriache emesse per la prima volta nel 1797 o nel 1798 (per un arco di quattro-cinque decenni), e che stava per Scheidemünze, “moneta divisionale, moneta in cui si suddivideva la lira austriaca”.

I Veneti avrebbero preso la prima parte della parola per un plurale veneto, e così sarebbero nati gli schèi; l’espressione dapprincipio scherzosa e gergale, col tempo divenne un regolare termine veneto, col suo bravo singolare schèo. (Si cfr. Marcello Bondardo, Dizionario del dialetto veronese, Verona 1986, pag. 140)
Prima che i soldi venissero detti schèi li si chiamava bèssi (o bèzzi), e sulla montagna veronese anche marchèti (dall’immagine di San Marco sulle monete veneziane); il secondo termine è passato nel cimbro di Giazza, dove ancor oggi i soldi sono detti markitan.
Questa spiegazione, però, non è del tutto convincente. Vi sono, infatti, in Italia, varie altre parole per “soldi” simili alla nostra, ma sicuramente non derivate dall’espressione sulla moneta austriaca: il lucchese sghèi, il livornese schiglia, il milanese sghicc’.
Per esse il REW 7971 pensa al germanico skalja (da cui l’italiano scaglia), come a dire “scaglietta, piccolo pezzo di metallo, scheggetta”.

Ora, è possibile che in territorio veneto esistesse anche prima della comparsa delle suddette monetine austriache un termine simile a schèi, imparentato con l’uno o con l’altro dei termini citati; non sarebbe mai apparso nei documenti perché gergale. Le monetine divisionali imperiali avrebbero trovato, così, un terreno fertile per la formazione della nuova parola dalla loro scritta. Questa supposizione è rafforzata dal fatto che schèo significa anche “centimetro”; e tale secondo significato combacerebbe bene con l’idea  di “scaglietta, scheggetta”. Non solo: il veneto conosceva anche scui per “scudi”, e anche questo termine può aver contribuito alla fortuna di schèi da Scheidemünze.

Giovanni Rapelli

Articolo apparso nella rubrica “L’angolo culturale: storia di parole” in “La voce socialista” n. 2, 15 marzo 1987, pag. 3.

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