Etimologia 54 (Postuma) – (Espressioni dialettali)

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Etimologia 54 (Postuma) – (Espressioni dialettali)

E ’l resto, baila!
Letteralmente significa «E il resto, balia!». È frase usatissima per far capire che una certa cifra – il costo di un oggetto, un debito, un credito, un salario – è in realtà assai più alta (per esempio: ’sa còstela, ’sta machina, diese milioni? – Sì, e ’l resto baila!).
L’origine dell’espressione la si piò desumere dal dizionario veronese-italiano di Patuzzi-Bolognini del 1900. In quel periodo, per esprimere scetticismo sulla vera età di una donna, si diceva per esempio: Quanti ani g’ala? – Trentassinque – E quei dela baila! Come a dire: già, però aggiungici quelli della balia!
V’è qui un riferimento agli anni di durata dell’allattamento della balia, che una volta arrivavano fino a tre e oltre (non c’era la fretta di svezzare i lattanti che abbiamo oggi). Dal commento sarcastico sull’età di certe donne si è passati poi a esprimere un dubbio su qualsiasi cifra ritenuta troppo bassa.

Te me pari ’n’ava mata!
Lo si dice a una persona che corre di qua e di là affannosamente, senza riposare un attimo. Siccome ava signfica «ape», popolarmente si crede che la frase voglia dire «mi sembri un’ape impazzita». In realtà, invece, ava mata è il nome del fuco, del maschio dell’ape; l’aggettivo qui non significa «pazza», ma «falsa, non buona» (è lo stesso aggettivo che ricorre nelle espressioni oro mato, «ottone, ossia oro falso», schei mati, «soldi falsificati oppure fuori corso da tempo», mato come ’n cassirèl, «pazzerellone», ma in origine «di metallo vile come i calzirei, i secchi di rame»).
L’espressione ebbe origine dall’osservazione del comportamento dei fuchi nell’alveare. Questi animaletti sono solo destinati alla riproduzione, essendo inabili a qualsiasi altro compito. Una volta fecondate le api regine, i fuchi fecondatori muioiono; gli altri, divenuti inutili, vengono scacciati dall’alveare da parte delle api operaie, o comunque viene loro impedito di nutrirsi. Costoro volano disordinatamente intorno ai depositi di cibo dell’alveare, venendo sempre respinti finché muoiono anch’essi.

Giovanni Rapelli

Articolo apparso nella rubrica “L’angolo culturale: storia di parole” in “La voce socialista” n. 7, 10 novembre 1989, pag. 3.

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