Etimologia 63 (Postuma) – (Toponomastica)

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Etimologia 63 (Postuma) – (Toponomastica)

 Parliamo di Avesa

Oggi la località non è altro che un sobborgo di Verona, ma Avesa fu un tempo un paese a sé stante, che venne riconosciuto dal 1816 al 1927 Comune autonomo (nel 1927 venne ridotto a frazione del Comune di Verona).
Avesa ha origini antichissime. Essendo ricca di acque sorgive, favoriva l’insediamento di gruppi umani. Poco a nord del paese, nel Vajo Gallina, sono stati trovati frammenti di scheletri di 50.000-40.000 anni fa in due caverne, denominate Riparo Mezzena e Riparo Zampieri, dal nome degli scopritori. Il Vajo Gallina è noto per le sue cave di tufo giallognolo, detto anche “pietra gallina”, sfruttate fin dall’epoca romana (il muro di scena del Teatro Romano di Verona fu fatto proprio con questa pietra; e anche le fasce giallastre che vediamo nelle chiese romaniche veronesi furono ricavate dalle cave di Avesa).
Avesa è nome pre-romano, che compare per la prima volta nell’813 nella forma Habusa. Il significato del termine è ignoto, ma forse sarà da collegare alla sorgente del Lorì, come a dire «luogo ricco di fonti». Quanto al Lorì, si tratta di un’alterazione del veronese el rio, «il rio, il fiumiciattolo». Il piccolo corso d’acqua ebbe un’importanza enorme nell’economia di Avesa. A partire dalla seconda metà del Cinquecento, infatti, si sviluppò nel paese l’attività del lavandari, che lavavano i panni di molti veronesi: per quattro secoli questa fu una delle due industrie di Avesa (accanto a quella estrattiva).
Ma il Lorì ebbe grande importanza anche per Verona: i Romani avevano costruito un acquedotto che portava le sue acque nel cuore della città, e che fu sempre usato fino a tempi recenti.
Ad Avesa furono fondati due conventi, entrambi all’inizio del Duecento: quello di S. Martino (abbattuto per la “spianata” veneziana del 1518, e ricostruito più a nord) e quello di S. Maria, detto anche il Camaldolino.
Una curiosità: la fontana del Leon, davanti alla chiesa di S. Bernardo, è opera di Grazioso Spazzi, e fu collocata nel sito nel 1877 (perché la chiesa era allora sede del municipio).

Giovanni Rapelli

Articolo apparso in “El marciador”, gennaio 1998.

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