Volpato Giancarlo

…a cura di Graziano M. CobelliPoesia

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Giancarlo Volpato

Docente all’Università di Verona, insegna Bibliografia e Biblioteconomia, Storia della stampa e dell’editoria. Ha diretto per anni la Biblioteca Centralizzata “A. Frinzi” dell’ateneo veronese; ha diretto periodici scientifici inerenti i suoi campi di studio ed è in alcuni comitati scientifici. Ha pubblicato monografie, saggi in periodici nazionali e internazionali. Si è occupato – dirigendo “Terra cimbra” per otto anni – anche delle minoranze linguistiche; è stato ospite in alcune università straniere (Lione, Grenoble, Bruxelles, Vienna, Vilnius) ed ha partecipato a convegni nazionali e internazionali. Tra le sue attività si è occupato molto della cultura veronese sulla quale ha pubblicato alcune opere importanti: Bibliografia veronese (attualmente 10 volumi), Emeroteca veronese 1674-2009, Biblioteche private, biblioteche pubbliche: dalle biblioteche veronesi un’analisi storico-funzionale; ha curato e redatto monografie e saggi sulla veronesità. Nel mese di dicembre 2015 ha visto la luce, forse la sua Opera più impegnativa che narra la storia dell’erede di Comboni, “Antonio M. Roveggio Instancabile erede di Comboni (1858-1902)“, per la Casa Editrice Mazziana. È membro effettivo dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona e della Deputazione di storia patria veneta a Venezia. Si è occupato, scrivendo e consegnando alle stampe, di biografie veronesi. È giornalista-pubblicista sin dal 1976. Da alcuni anni ormai, tiene un suo rubrica culturale, “L’Angolo dei Profili veronesi” nel Sito www.ilcondominionews.it dove mensilmente pubblica biografie di personaggi illustri veronesi la cui fama e il cui valore scientifico sono stati almeno di caratura nazionale, ma con predilezione per coloro che hanno varcato i confini italiani: i personaggi sono scelti – fra i non pochi importanti – fra coloro che hanno vissuto o la cui esistenza si è spenta tra 1860 e 2010: 150 anni di storia anche veronese inserita nel più ampio contesto italiano.

***

 Mia madre

In quei giorni amari
dell’ultima tua vita
quando i meriggi assolati
non c’erano più,
reclinato il capo
nell’attesa d’un silenzio
che tardava a venire,
mi guardavi e dicevi.

Non sono più la bimba bruna e agile,
non sono più la fanciulla
che rassoda il grano
che piega le alghe.

Ora, a volte, un sole nero e ansioso
arrotola i fili del mio pensiero
perché tu non stendi più le braccia
e mi lasci tra nuvole scure.

Tutto pare allontanarmi da te
ma il mio cuore cupo
ti cerca ogni giorno.

E allora risento la tua voce
sciolta e gentile
come la farfalla dolce e giuliva
come il campo di grano
ritornato assolato
come il fiore che si apre
come l’acqua che filtra dalla tua brocca.

***

La mia collina

Dolce collina delle mie corse infantili
prati colorati pieni di fughe
nei meriggi assolati:
io vi ricordo, vi ho nel cuore.

Vi rivedo nel profilarvi al cielo
con i canti dei contadini
negli ovattati silenzi
delle albe primaverili.

Là, in fondo, nascosta tra i giaggioli
la bimba dagli occhi verdi
aspettava la mia corsa
sul far della sera.

Ora, però, il monte s’è fatto corto
e il vento degli anni ha spazzato
i segni dei nostri giochi

Sono cresciute le case
sui nostri crocicchi erbosi
i rombi dei motori
hanno cancellato le nostre canzoni

Il libro della mia vita
non ha più pagine bianche
non vi sono più coriandoli colorati
a illuminare la mia via.

E sulle nostre parole è caduto il silenzio.

***

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