Baganzani Sandro

…a cura di Graziano M. CobelliPoesia

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Chi è Sandro Baganzani,

Nacque a Verona nella contrada di Santa Maria in Organo. Si laureò in lettere a Bologna con Giovanni Pascoli. Nel 1913 andò ad insegnare nel Liceo di Adrano (Catania); si arruolò volontario nella Prima Guerra Mondiale con il grado di sottotenente nel 6° Reggimento Alpini. Combatté sull’Ortigara, dove fu ferito, guidò i suoi soldati sugli altipiani d’Asiago dove fu fatto prigioniero dagli austro-ungarici e finì nella prigione di Mauthausen dove rimase 10 mesi; ritornò, con il grado di tenente, alla fine del 1918. Gli morirono due figli: una bimba di nove mesi e un bambino di sedici mesi: a quest’ultimo dedicò una lirica bellissima, Le scarpine, più volte antologizzata. Fu amministratore del Comune di Verona con la carica di Assessore alla cultura ricoperta tra 1926 e 1929; fu vice-presidente dell’Amministrazione provinciale. Nel 1932 lasciò tutte le cariche politiche. Insegnò nei Licei, fu Preside dei Licei Classici di Rovereto e Rovigo; diresse il giornale “L’Arena” nel 1928-29 finché fu licenziato direttamente da Mussolini – che lo aveva precedentemente voluto – per la libertà intellettuale con la quale egli condusse tutta la sua vita. Fu insignito di medaglia al V.M. per la sua attività nella guerra, amò e si gloriò di essere stato un alpino: i suoi soldati furono i suoi figli, i suoi fratelli con i quali condivise dolori e canti. Pubblicò nove libri di poesia, un libretto di favole per bambini, arricchito dai disegni di Felice Casorati; scrisse dei racconti che rimasero inediti per circa ottant’anni e hanno riveduto la luce solo recentemente con il titolo La casa illuminata e altri racconti inediti a cura di Giancarlo Volpato. Morì, per un tumore al pancreas, il 28 gennaio 1950 e volle essere sepolto a San Briccio di Lavagno, il suo Belmonte, dove aveva un podere e dove visse lungamente: qui ambientò grande parte della sua produzione letteraria. Il capitano di tante battaglie militari politiche e culturali volle che sulla sua tomba fosse scritto semplicemente Sandro Baganzani / Alpino.

 

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Mio cappotto alpino

Mio vecchio cappotto alpino
insanguinato
tra l’odore di canfora
del chiuso armadio
mi capiti sottomano.
Non è più l’ora delle canzoni
nei baracchini, quando
s’imparava a morire cantando.
Oggi bisogna invecchiare
tra le molte inutili speranze
senza credere magari
più a niente
più a nessuno.

Ma se ho freddo
e battono di brividi i denti,
sento che fa bene
tirarmi addosso la “tua rozza stoffa,
sporca di neve, di fango,
martoriata dai reticolati,
mio cappotto alpino.

Tornano i cari compagni
(capace ognun di salire
le fulminate cime),
attorno al tavolo greggio
con la Sipe accesa nel mezzo,
il toscano tra le labbra
e la lunga penna nera.
Scrollano dalle spalle
con allegra baldanza
la fioca » della tormenta.
Cantiamo che si senta
che siamo sempre noi!

Poi, domani,
anch’io morirò.
Troverò i morti
dei cimiteri improvvisati
sotto gli abeti in croce,
i morti della mia compagnia.
E mi verranno incontro,
e io avrò il mio cappotto
e il cappello sulle trentatrè,
per farmi riconoscere.
– Sìor tenente!
– Figlioli, son io!
La vita è stata una battaglia vana
con l’onore
con il dovere
con l’amore.

– Riposo!
Questo dirò.
E torneremo a camminare
insonni
per i sentieri di montagna,
mio cappotto insanguinato
d’alpino,
bellissima veste,
quando sarà,
per l’al di là.

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Le scarpine

NOTA: La poesia “Le scarpine” è tratta da “Arie paesane”, 1920
e “Mio cappotto alpino”, da “Senzanome”, 1924.

Le scarpine del bambino morto
ànno ancora un granellino di ghiaia
sotto la suola appiccicato :
erano le scarpine
per girare il suo mondo
piccino come un cortile
con un orto e una siepe :
il suo mondo di grandi meraviglie
popolato di tati e di bubù
con i voli delle mosche
con le ali delle farfalle
con tanti fiorellini color del cielo blù.
Il bambino batteva le manine :
la mamma gli dava il latte :
sulle colline
sprizzavano stelle piccine :
le campanine
delle chiesuole distanti
cullavano i bambini morti nei camposanti.
Sulla pioppa di casa
le civette facevano il verso.
Il bambino chiudeva gli occhi
ninnato dalla mamma :
qualcuno passava in punta di piedi :
un secchio cigolava sul pozzo :
i pipistrelli in pena tessevano l’ombra :
la mamma gli levava le scarpine
a piano
con le mani d’aria.

Ci ài lasciate le tue scarpine :
ànno un granellino di ghiaia
sotto la suola.
Non camminano più.
Sono morte come sei tu.
Sono come due alucce
che non battono più.
Il tuo piedino nudo
che non à bisogno delle scarpine,
per le stradine del paradiso!…

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Foto da Wikipedia

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