Boccaccio Giovanni
… a cura di Graziano M.Cobelli
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Iscinta e scalza, con le trezze avvolte
Iscinta e scalza, con le trezze avvolte,
e d’uno scoglio in altro trapassando,
conche marine da quelli spiccando,
giva la donna mia con le altre molte.
E l’onde, quasi in sé tutte raccolte,
con picciol moto i bianchi piè bagnando,
innanzi si spingevan mormorando
e ritraènsi iterando le volte.
E se tal volta, forse di bagnarsi
temendo, i vestimenti in su tirava,
sì ch’io vedeo più della gamba schiuso,
oh, quali avria veduto allora farsi,
chi rimirato avesse dov’io stava,
gli occhi mia vaghi di mirar più suso!
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Il folgor de’ begli occhi
Il folgor de’ begli occhi, el qual m’avampa
il cor qualor io gli riguardo fiso,
m’è tanto nella mente, ov’io l’ho miso
spesso, segnato con eterna stampa,
ch’invan, caro signore, ogn’altra vampa
ver me saetti del tuo paradiso:
questo m’allegra, questo m’ha conquiso,
questo m’uccide, questo ancor mi scampa.
Dunque, ti prego, al tuo arco perdona,
e bastiti per una avermi preso,
ch’assai è gran legame questo e forte;
e mentre ‘l tuo valor la sua persona
farà più bella, sì com’è testeso,
mai non mi scioglierà se non la morte.
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Biografia e foto da Wikipedia
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