Cinà Bezzi Lia

…a cura di Graziano M. CobelliPoesia

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Chi è Lia Cinà Bezzi, 

Nata a Rovereto, vive e lavora a Villa Lagarina (Trento).
Il mondo incantato delle favole, raccontato dalla nonna, le ha trasmesso la voglia di scrivere e disegnare sin da piccola, seguita anche da uno zio con l’hobby della pittura e poi a scuola dal suo professore il noto acquarellista Piero Coelli e dal pittore Diego Costa.
Ha portato avanti contemporaneamente queste due passioni, maniere diverse e complementari di esprimere con brevi racconti, poesia e pittura, il cammino sensibile dell’anima.
Nell’età adulta, tirando fuori (come si dice) le Poesie dal cassetto, le ha sottoposte al giudizio della critica, partecipando a molti Concorsi e conseguendo, sia in lingua che in dialetto, molti premi regionali, triveneti e nazionali.
Ha pubblicato il suo primo libro di poesie dialettali “Mìgole de vita” illustrato da alcuni suoi quadri ed è presente in numerose antologie nazionali.
Fa parte del gruppo “Cenacolo Trentino di Cultura Dialettale” diretto da Elio Fox.

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C’è stato un tempo

C’è stato un tempo di brividi e pensieri,
bruciati nelle scarpe degli anni consumati.
Il fuoco della vita con fremiti e silenzi,
l’orma segnava e la fatica; quell’andare
dell’uomo contro vento simile a sparviero
schiodato dal suo nido.
E stemperava giorni sfogliando
una clessidra nel flusso delle stelle.
Ancora un passo
e poi la vita muta i sentieri
sospesi a lumi di lucciole smarrite.
Folate di ricordi già tremano negli occhi
che fragili si ammalano di nebbia e d’abbandono.
I vecchi vivono d’attese, ritornano bambini
sull’onda delle fiabe. Nell’iride del vento
dipanano sorrisi e tendono la mano
a nuovi cieli. Nel cuore più segreto,
cadenzano il ritmo delle cose
e la saggezza ha l’equilibrio ambrato
di un autunno calmo e disteso
nel tempo dello stelo, che docile
si piega al gioco dell’inverno.

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Via de la Tèra

Da pòpa, saltevo ‘ntrà le righe
del vècio marciapè, zugando
a passi longhi fim  da la nona.
Le case scondùe  ‘ntrà i portoni,
isole de pàze, cune per i sogni,
endó rideva piam via de la Tèra,
tra camini de fum e de saóri.
Soneva ‘l mezdì la sirena de la tór
sgarando i pizzoni .  Come n’onda
‘ntél cór, bóm odór de cafè brustolà,
de polenta ‘n le cusine
e la sera, quele storie malandrine
de me nona, òrchi e strìe, en la
memoria, ancor lì come ombrìe
sul barbacam del cór.
Se podés fermar el témp che slìpega
piam piam sui veci muri, se podés
tornar la zént del me destrani
no gaverìa quel gróp ninà da ‘nsogni
de sti àni, a strangossar ancor
de quel rochèl en mam; i balonzini
ormai i è sgolài via lontam.

Via della Terra: Da bambina, saltavo tra le righe/del vecchio marciapiede, giocando/a passi lunghi fino dalla nonna./Le case nascoste tra i portoni,/isole di pace, culle per i sogni,/dove rideva piano via della Terra,/tra camini di fumo e di sapori./Suonava il mezzogiorno la sirena della torre,/scacciando i piccioni. Come un’onda/nel cuore buon odore di caffè abbrustolito,/di polenta nelle cucine/e la sera quelle storie malandrine/di mia nonna, orchi e streghe, nella/memoria, ancora lì come ombre/sul barbacane del cuore./Se potessi fermare il tempo che scivola/piano piano sui vecchi muri, se potesse/tornare la gente della mia nostalgia/non avrei quel groppo cullato da sogni/degli anni passati, a desiderare ancora/quel  rocchetto in mano; i palloncini/ormai sono volati via lontano.

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