De Amicis Edmondo

… a cura di Graziano M.CobelliPoesia

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Chi è Edmondo De Amicis,

Nato nel 1836 nella località ligure di Oneglia (prima che nel 1922 fosse accorpata nell’unica città di Imperia). A soli due anni si trasferì e crebbe in Piemonte, dapprima a Cuneo, dove frequentò le scuole primarie, poi a Torino, dove frequentò il liceo. Era di famiglia benestante. Il padre ricopriva l’ufficio di banchiere regio per il monopolio del sale e dei tabacchi e, sia la sua casa d’infanzia ad Oneglia, sia quella a Cuneo, erano spaziose ed eleganti. A diciassette anni entrò nell’Accademia militare di Modena, dove divenne ufficiale. Nel 1866 partecipò alla battaglia di Custoza e assistette alla sconfitta patita dai Sabaudi a causa dell’incapacità dei comandi di gestire la pur larga superiorità numerica. Fu, forse, questo a far nascere in lui la delusione che lo spinse a lasciare l’esercito nel 1867, conservando, però, quello spirito patriottico tipico di quegli anni in cui si formò l’Unità d’Italia, attraverso i valori e i principi della disciplina militare come metodo educativo. Scelse quindi la professione di inviato di guerra e si trasferì a Firenze per assumere la direzione de L’Italia militare, organo del ministero della guerra. Sempre nel 1868 fu assunto, appena 22enne, dal giornale la Nazione di Firenze e subito inviato in Sicilia in occasione di una epidemia di colera che colpì l’isola in quell’anno. Più tardi riprese ancora la strada dell’inviato militare, in Italia e all’estero, assistendo, tra l’altro, alla storica presa di Roma del 1870. In questo periodo le sue corrispondenze andarono anche a formare vari libri-diari di viaggio.Dopo il periodo passato come inviato di guerra, De Amicis si stabilì definitivamente in Piemonte. A Pinerolo (1882-1884. Qui scrisse Alle porte d’Italia, dedicato alla città e ai territori valligiani circostanti. Nel 1884, la stessa città di Pinerolo gli conferì la cittadinanza onoraria, con tanto di diploma. Dal 1879, ma più permanentemente dal 1885, lo scrittore alloggiò a Torino. Qui, ispirato dalla vita scolastica dei suoi figli Ugo e Furio, terminò quella che fu considerata la sua più grande opera: Cuore, pubblicato nel 1886 dalla casa editrice milanese Treves. Il libro ebbe subito grande successo, tanto che in pochi mesi si superarono quaranta edizioni e ci furono delle traduzioni in decine di lingue straniere. Cuore ebbe una grande influenza educativo-pedagogica e fu molto apprezzato dai lettori anche perché ricco di spunti morali attorno ai miti affettivi e patriottici del recente Risorgimento italiano. Fu invece molto criticato dai cattolici per l’assenza totale delle tradizioni religiose, specchio politico delle aspre controversie tra il Regno d’Italia e Papa Pio IX dopo la breccia di Porta Pia del 1870. E’ da ricordare che la frattura tra i Cattolici italiani e o stato italiano venne sanata ufficialmente solo con il Concordato del 1929 firmato dal cardinal segretario di Stato Gasparri e sua eccellenza il cavalier Benito Mussolini.Nel 1889 De Amicis si avvicinò poi al socialismo, fino ad aderirvi nel 1896. Questo mutamento di indirizzo è visibile nelle sue opere successive, in cui presta molta attenzione alle difficili condizioni delle fasce sociali più povere e vengono completamente superate le idee nazionalistiche che avevano animato il libro Cuore. Amico di Filippo Turati, collaborò a giornali legati al partito socialista come la Critica sociale e La lotta di classe. Vicinissimo alla massoneria, nel 1895 fu proprio De Amicis a pronunciare il saluto al massone torinese fra Giovanni Bovio, in occasione della rappresentazione teatrale del dramma San Paolo, che era interpretato da un altro massone, l’attore Giovanni Emanuel. La sua iniziazione non è però considerata certa dalla letteratura specializzata, così come non vi è traccia della sua Loggia di appartenenza, sebbene molti ipotizzino fosse la Concordia di Montevideo. Fondandosi su tale appartenenza, molti critici sostengono che Cuore sia un libro di forte ispirazione massonica, dove si sostituisce la religione cattolica degli italiani con la religione laicista della Patria, la chiesa con lo Stato, il fedele con il cittadino, i Comandamenti con i Codici, il Vangelo con lo Statuto, i martiri con gli eroi.Seguirono libri come Sull’oceano (1889) in cui racconta le condizione dei poverissimi emigranti italiani e poi Il romanzo di un maestro (1890), da cui è stato tratto nel 1959 lo sceneggiato televisivo omonimo, Amore e ginnastica (1892), dal quale è stato tratto il film omonimo, La maestrina degli operai (1895) e La carrozza di tutti (1899), ritratto della città di Torino vista da un tram. Inoltre scrisse per Il grido del popolo di Torino numerosi articoli di ispirazione socialista che furono poi raccolti nel libro Questione sociale (1894). Gli ultimi anni furono rattristati sia dalla morte della madre, a cui era molto legato, sia dai continui screzi con la moglie Teresa Boassi. Sposati nel 1875, a causa dei frequenti tradimenti di lui che lo portarono anche ad “infettarla di una malattia terribile”, si scatenavano spesso tra i due delle furiose litigate, che provocarono altresì, nel 1898, il suicidio del loro ventiduenne figlio maggiore Furio, disperato a causa della situazione familiare divenuta ormai infernale. L’altro figlio Ugo, invece, si ritirò in solitudine. La vita privata Di De Amicis fu, dunque, ben poco edificante e “puzza nettamente di sadismo”, ha scritto Edoardo Sanguinetti commentando le sue lettere ai familiari. Nel 1903, in occasione della sua elezione a socio dell’Accademia della Crusca, soggiornò brevemente a Firenze. Nel 1906 poi, si recò in Sicilia, a trovare il suo collega, ex commilitone e scrittore Mario Rapisardi. Il Primo Ministro Vittorio Emanuele Orlando lo chiamò (insieme a Fogazzaro) a far parte del Consiglio Superiore dell’Istruzione. Le ultime sue opere furono L’idioma gentile (1905), Ricordi d’un viaggio in Sicilia e Nuovi ritratti letterari e artistici. Dopo la Sicilia De Amicis tornò nella sua natìa Liguria, dove morì improvvisamente per un’emorragia cerebrale, nel 1908, a Bordighera, in una camera d’hotel. Secondo le sue ultime volontà, il corpo fu tumulato nella tomba di famiglia nel cimitero monumentale di Torino.

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Gelosia

Ella era di Granata, ei di Siviglia,
E avean d’arabi il sangue ed il sembiante,
Ei vano, ella gelosa, e un scintillante
Stiletto nascondea nella mantiglia.

E un di gli vide in fronte la vermiglia
Traccia del labbro de la nuova amante,
E – bada – mormorò, cupa e tremante, –
un’ape ti feri sopra le ciglia. –

Egli la fronte nelle man nascose.
Poi con un volto ridente e risoluto ;
– Un’ape si, una dolce ape, – rispose.

– Ebben, – diss’ella con un bieco riso,
– Senti se questa ha il pungiglion più acuto,
-E gli confisse lo stiletto in viso.

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A un’Andalusa

T’he vista al Circo, bruna maledetta,
E m’hai messo le fibbre alla tortura….
Avevi indosso la tua veste oscura
E un giglio al capo e al collo una crocetta.

Ed era ogni tuo sguardo una saetta
Ed ogni riso una morsicatura,
E con lasciva e perfida impostura
Stavi al tuo sposo avvitichiata e stretta;

E vedendo piegar sotto i lucenti
Ferri la testa fulminata i tori,
Le nari aprivi e digrignavi i denti;

E fiutavi i l sangue sulle arene,
Bruna feroce, e ti fuggia dai pori
L’inferno che ti bolle entro le vene.

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Biografia e foto da Wikipedia

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