14. Della coltivazione de’ monti dell’abate Bartolomeo Lorenzi: “Ancora sui lavori invernali: la riparazione degli attrezzi”

…a cura di Aldo Ridolfi

Poesia

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14. Ancora sui lavori invernali: la riparazione degli attrezzi

Efficace come lo è sempre il testimone oculare, Lorenzi coglie l’atmosfera invernale non solo nelle sue manifestazioni meteorologiche, ma anche nelle sottili atmosfere che esse sempre inducono negli umani.
La stanza XC apre con un Piovoso è il ciel? che raccoglie tutta la magia e la tipicità dell’atmosfera invernale. Il legame tra uomini e bambini da un lato e le manifestazioni meteo dall’altro era strettissimo. Si guardava il cielo appena alzati e veniva immediatamente stilato il programma della giornata. Si riguardava il cielo alla sera e si traevano previsioni per il giorno dopo. Il “tempo” era una costante con cui confrontarsi. Senza altri ausili che non fosse l’esperienza. E ciò è continuato anche dopo che la radio trasmetteva il quotidiano bollettino meteo.
Comunque sia, ad ogni tempo atmosferico era collegabile un’attività rurale. Quando pioveva il portico era il luogo deputato alle attività di quella giornata. I lavori non mancavano. Seguiamo l’abate che nella stanza XC dimostra di saperne qualcosa:
… altri il manico appresti al buon pennato
al roncol, al sarchiel; quei che son vecchi
rimova, altri il rastrel prepari al prato
Tutto avveniva, ancora una volta, a chilometro zero. Nessuna forma di spreco, nessuna tentazione consumistica. Sarà stato pure un mondo arretrato, ma lasciava quasi inalterati gli equilibri ecologici, non toglieva alle generazioni successive alcunché. Apprestare il manico al pennato (strumento adunco di ferro per potare le viti) significava andare in “magazzino” scegliere un legno adatto allo scopo e ben stagionato e adattarlo allo strumento con “rengaietta” raspa e pochi altri attrezzi. Così per la roncola e per il sarchiello. E per il rastrello al quale potevano mancare il manico oppure i denti. I quali – Lorenzi non lo dice ma noi siamo testimoni oculari attendibili – erano conservati in un barattolo da mesi e mesi ed erano di legno scelto, il “cornale” (corniolo) che garantiva durata nel tempo e resistenza all’usura. Osservando quei gesti, riflettendo sui diversi legni utilizzati, tenendo conto che il tempo incideva sulla qualità delle cose, abbiamo trascorso la nostra infanzia e, forse, ci siamo formati le prime categorie interpretative del mondo, abbiamo mentalmente dato vita ad insiemi e dei sottoinsiemi. Dopo sono arrivati i rastrelli di plastica e le categorie interpretative del mondo ce le siamo costruite in altro modo. Speriamo non peggiore.
Certo, però, ritornando a Lorenzi e al suo poema – ché questo è lo scopo del nostro scrivere – si deve dire che l’abate non era pedagogo da lasciare inattivo il suo discente. Egli sapeva bene che in quella società di contadini poteva insinuarsi una certa accettazione fatalistica della vita e una certa rinuncia al miglioramento delle condizioni esistenziali, e dunque non solo chiede di sostituire ciò che è danneggiato, ma aggiunge: quei che son vecchi rimova: il messaggio è chiaro, non attendere l’estate, verifica ora che hai tempo lo stato dei tuoi attrezzi e provvedi a sostituire le parti logore. Ma ogni cosa è suggerita con tatto, quasi per non offendere, per fornire un rinforzo positivo, tacendo ciò che poteva far nascere della ruggine.
Qualche altro esempio faremo alla prossima puntata.

(Aldo Ridolfi, continua)

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