10 – FIGURE DELL’IMMAGINARIO LESSINICO: “Le storie: il basalisco”
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FIGURE DELL’IMMAGINARIO LESSINICO
10. Le storie: il basalisco.
Il serpente non ha mai goduto di eccessive simpatie dalle nostre parti. Uomini e donne, ma soprattutto i bambini, nella stagione calda, erano ossessionati dalla presenza di questo animale, silenzioso e infido, che essi potevano incontrare nelle alte erbe dei prati o dei boschi, lungo i sentieri, accanto alle marogne che costituivano il loro habitat preferito.
Ma non è da questo timore, immediato e concreto, che nasce la figura del basalisco.
Il mito del basalisco o basilisco o bisso galeto viene da molto lontano. Ma, pur vantando origini antichissime, anch’esso non ha potuto fare altro che evaporare lasciando tracce sempre più labili nella memoria, all’inizio degli anni Cinquanta, quando si sono avuti gli ultimi “avvistamenti” di questo essere davvero raccapricciante.
Diversamente dal serpente che striscia, il basalisco era munito di due zampe simili a quelle del ramarro, o quattro zampe identiche a quelle del gallo, aveva piccole ali, cresta da gallo (donde la dizione “bisso galeto”) e portava infissa sul capo una pietra preziosa. Essenzialmente è descritto come un serpente dalla lunghezza contenuta, circa mezzo metro, dotato di uno sguardo magnetico che poteva immobilizzare anche un bue, o far precipitare gli uccelli dagli alberi; talvolta il collo era ricoperto di scaglie, il suo colore era verde come il ligaoro (ramarro), ma poteva anche presentare strisce rosse sul collo e sul corpo. Non sfugge qui una certa affinità con un altro animale mitico, il drago. Franco Cardini descrive il drago raffigurato nei bestiari medioevali e dice che ha cresta e ali di uccello e che ciò lo rende simile a Satana. E il filo rosso continua nel Settecento quando nel suo saggio Itinera alpina lo studioso Jacob Scheuchzer descrive ben undici specie di draghi.
Il basilisco è il risultato di una metamorfosi e già questo è elemento di non poco conto. In seguito ad un evento traumatico e in determinate condizioni, un essere vivente cambia forma e natura e ciò rende tangibile quanto di misterioso e inspiegato esiste nella natura. La sua trasformazione è segno di un potere che sfugge al controllo degli uomini e che sconvolge i dati della quotidianità. Ogni legge, ogni regola riproduttiva viene dal basalisco infranta a vantaggio di una casualità incontrollabile. Tutto questo genera paura e ansia.
E quanto alla sua genesi il basalisco non è secondo a nessuno. Infatti talvolta originava da una serpe tagliata in due: la parte superiore, quella della testa, che dopo l’amputazione dal resto del corpo continuava a saltellare, generava le ali, la cresta e le zampe. Talaltra era il risultato della cova di un uovo di gallo. O ancora qualcuno raccontava che l’animale nascesse dall’uovo più piccolo covato da una chioccia.
Infine gli avvistamenti. Giuseppe Rama ne ha raccolti diversi, grazie ai suoi fedeli informatori: al Gonzo, Badia Calavena; in contrada Fiori (Tregnago) un esemplare viene ucciso a sassate; in contrada Belgi (Cazzano); nelle boscaglie della val di Mezzane, ad Erbezzo a Torbe di Negrar…
Dimenticavo: e il diamante infisso sulla testa della terribile bestia? Qui le versioni discordano, come è giusto che sia: c’è chi sostiene che tanti abbiano dato la caccia al basalisco ma che nessuno sia mai riuscito ad acchiapparlo né morto, né, tantomeno, vivo. E sforzi in tal senso se ne devono essere fatti molti perché la ricchezza facile tentava, ieri come oggi. E tuttavia sembra che a Sant’Andrea di Badia Calavena, in quei tempi lontani, un cacciatore sia riuscito nell’intento e che si sia impadronito dell’anello d’oro che il malcapitato basalisco portava ad una zampa.
L’uomo visse ricco e in mezzo agli agi per tutto il resto della sua vita, ma, si sa, i cacciatori qualche volta la sparano grossa.
Aldo Ridolfi – (10 Fine)
Foto da Wikipedia