5. (1287) La Concessione di Bartolomeo della Scala: I^ parte

…a cura di Aldo Ridolfi

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I Cimbri della Lessinia

  1. 1287, la Concessione di Bartolomeo della Scala: I parte

   Ed eccoci, finalmente, approdare al famosissimo documento del Vescovo Bartolomeo della Scala del 1287! E alla lettura di questo “contratto” dedicheremo la presente puntata e la prossima.

   A Verona si erano da poco (1277) insediati gli Scaligeri. E’ proprio un rappresentante della famiglia dei Della Scala, il Vescovo Bartolomeo, che sigla il contratto, il 5 febbraio del 1287, con due rappresentanti della comunità tedesca in arrivo: Olderico di Altissimo e Olderico «de episcopatu vicentino». Quest’ultimo, vago riferimento nell’indicazione della provenienza del secondo Olderico può far pensare a un pastore più nomade degli altri suoi conterranei teutonici. L’osservazione non è del tutto marginale per capire quale fosse lo status delle popolazioni a quel tempo.

   Si parla dunque di due Olderico quali fondatori delle comunità cimbre della Lessinia, il primo residente, per così dire, nella zona di Altissimo, comune vicentino, e il secondo identificato come più generalmente residente a Vicenza. E’ altresì verosimile che i due Olderico avessero, negli anni precedenti, presentato richiesta di occupare la deserta fascia lessinica al di sopra dei 600-700 metri per insediarvisi sotto la spinta di un possibile aumento della popolazione. L’operazione, è ancora verosimile pensare, doveva essere gradita anche al Vescovo per le rendite che potevano derivare all’episcopato veronese in seguito alla concessione ai coloni teutonici di quei terreni di così difficile sfruttamento.

   Il Vescovo concede l’insediamento sia a questa prima ondata migratoria, sia «a coloro che abiteranno» in futuro quel territorio: il linguaggio adottato allude a un continuo arrivo di persone, a un fenomeno migratorio che si protrae nel tempo e non ad un evento conclusosi proprio nel 1287 e non più rinnovatosi. Tant’è vero che quasi un secolo più tardi, il 6 agosto 1376 un altro Vescovo scaligero, Pietro, rinnova l’atto del secolo a lui precedente, quello, appunto, del Vescovo Bartolomeo. Come si vede un’attività legislativa insospettata per essere dentro i “secoli bui” con cui spesso si definisce (o si definiva) il medioevo.

   Naturalmente il Vescovo Bartolomeo e i suoi notai sono bene attenti a definire geograficamente il territorio che viene concesso ai teutonici, e dunque ne tracciano i confini: «da una parte lo Squaranto… Dalla seconda parte il lessino e il comune di Verona. Dalla terza Velo… Dalla quarta le contrade dette Saline e Porcara. Dalla quinta i comuni di S. Mauro e Cancello» (Dalla traduzione che Domenico Luciano Nordera ha fatto del testo nel 1981). Il centro del nuovo insediamento è indicato come «Roveredum Velli».

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Roveré Veronese, sede della prima comunità di coloni teutonici in Lessinia,
ancora oggi immerso nel verde dei boschi.

   Lo stato in cui si trovavano i terreni era particolarmente impervio, tale da far scrivere, nero su bianco, che quella terra era «deserta et inhabitata».

Il documento non è molto lungo, solo alcune pagine, ma quante minute prescrizioni, quanta attenzione alla prassi insediativa contiene! Quanto ci consente di capire, con il suo linguaggio “oggettivo e fattuale” di quei tempi così apparentemente lontani!

Aldo Ridolfi (continua)

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