L’Alpino: “Scemo di guerra… – 24/1

…a cura di Ilario Péraro

Alpini 2

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Scemo di guerra

Racconto liberamente ispirato alla figura di don Primo Discacciati,
cappellano militare all’Ospedaletto di Storo dal 1915 al 1918.

ERANO PARTITI DA STORO ALL’ALBA

Giovedì 21 giugno 1917

«Monsignor Primo, ma che ci andiamo a fare, a Verona?» chiese Alcide, alzando la voce per sovrastare il rumore rancoroso del motore spinto al massimo.
Don Primo era seduto al centro, nella cabina di un’ambulanza Fiat 15 ter: sulla sinistra aveva Alcide Ferretti, il suo giovane aiutante, alla destra l’autista, un silenzioso fante del Genio che guidava con gli occhi incollati alla strada.
Erano partiti da Storo all’alba per raggiungere la stazione ferroviaria di Brescia a metà mattina: lì, il cappellano militare e il suo aiutante avrebbero preso il treno che veniva da Milano ed era diretto a Venezia, mentre l’ambulanza sarebbe passata dall’ospedale militare per lasciarvi due feriti che non potevano essere curati all’Ospedaletto di Storo. Scesi a Peschiera, il prete e il giovane avrebbero trovato una camionetta che, passando per Caprino Veronese, li avrebbe portati al forte San Marco, costruito in cresta a strapiombo sulla Valle dell’Adige.
«Per prima cosa non sono monsignore, quante volte te l’avrò detto?» rispose il sacerdote con un fazzoletto sulla bocca per far barriera alla polvere che entrava dai finestrini aperti. «E poi non andiamo a Verona, manco la vedremo quella città! Ci fermeremo un po’ prima, a Caprino Veronese, vicino a Rivoli… paese importante, sai, Rivoli? Paese storico: alla fine del Settecento vi combatterono una furiosa battaglia, la battaglia di Rivoli, napoleonici contro austriaci…»
«E vinsero gli austriaci, vero?»
Alcide, contadino di una Storo che faceva parte dell’impero asburgico, covava in fondo al cuore sentimenti contrastanti, che talvolta andavano in favore dei suoi amici Kaisejager partiti per la Galizia nel 1914 e non ancora tornati a casa, altre volte propendevano per quelli italiani come don Primo, cappellano militare efficiente, sincero, serio ma sempre gentile con tutti.
«Eh no, caro mio: quella volta non solo vinse Napoleone, ma il suo esercito distrusse praticamente quello dell’imperatore di Vienna. Vittoria senza pietà e senza remore!»
Detto che Alcide non sapeva che cosa significasse la parola “remore”, il giovane insistette: «D’accordo, andiamo a Caprino, ma si può sapere a far che cosa? Perché hanno chiamato lei da Storo e non hanno fatto venire a questo forte un prete di Verona?»
Don Primo rimase in silenzio, gli occhi fissi sulla strada polverosa e piena di buche. Già, perché avevano scomodato lui, sacerdote militare volontario comandato a Storo, a ridosso del fonte di guerra, per correre in fretta e furia al forte di San Marco, dall’altra parte del lago di Garda? “Il cappellano militare don Primo Discacciati, di stanza a Storo, Lago d’Idro, è convocato al forte San Marco di Caprino Veronese colà richiesto espressamente dall’Ordinario militare mons. Bartolomasi per incombenze legate al suo ruolo di sacerdote. Don Discacciati, dal momento in cui riceverà questa lettera, avrà 48 ore di tempo per presentarsi al comandante del forte, il colonnello Icaro Tomasi…”
«Se lo sapessi» disse don Primo sollevando un poco il fazzoletto dalle labbra, «innanzitutto valuterei se si tratta di notizie di cui posso parlare con te. Siccome però non so nulla e obbedisco a ordini muti, non so proprio che dirti. Qui bisogna solo obbedire caro mio, siamo o non siamo in guerra?»

Ilario Péraro – (1 continua)

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