L’Alpino: “LE SCARPE AL SOLE, cronache di gaie e tristi avventure di alpini, di muli e di vino”… – 40

…a cura di Ilario Péraro

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Racconto tratto dal libro “LE SCARPE AL SOLE, cronache di gaie e tristi avventure di alpini, di muli e di vino” dello scrittore Paolo Monelli (Fiorano Modenese, 15 luglio 1891 – Roma, 19 novembre 1984).

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Il caporalmaggiore Pesavento porterà il rapporto al comando, perché il telefono è fracassato irrimediabilmente.

«Aspetta il buio» gli consigliò l’aiutante maggiore.

«Co l’è scuro tira l’artiglieria, sior tenente. L’è mejo de provar adeso che no i ne tira».

E giù a rompicollo per il pendio, poi attraverso la busa ingombra di materiali abbandonati e di cadaveri, finora va benone, i cecchini non se ne sono accorti.

Ecco, cominciano adesso, che Pesavento attacca la salita. Ta-pun, ta-pun.

Suonano così bonari i colpi, nella tranquillità pomeridiana. Ma noi rabbrividiamo, gli occhi sbarrati sulla marcia dell’alpino, il cuore preso in una morsa: ci pare che nessun dramma sia più atroce di quello a cui assistiamo, dell’uomo solo nella montagna enorme a cui io nemico appostato dà la caccia. E il sentiero è lungo ed erto, e il cecchino paziente. Ta-pun, ta-pun.

Se Pesavento potesse giungere fino a quella svolta! Là comincia il camminamento. Tutti i nostri sguardi sono puntati su di lui, come se potessero creargli attorno una corazza. Ancora venti metri – e poi è in salvo. È vero che quello è il punto peggiore: ci sono altri morti che lo fanno capire.

Ta-pun. E Pesavento s’abbatte, d’un colpo, sul sentiero. E rimane lì, senza un brivido, senza uno sgambetto, stecchito. E dopo venti minuti, chi guarda col binocolo per vedere se per caso è solo ferito, vede brillare immobili al sole i chiodi delle scarpe.

Mezz’ora dopo Jardella ha cacciato un urlo: «Guardate Pesavento!»

Pesavento s’era alzato d’un balzo, aveva superato di volo i venti metri di salita, s’era già tuffato nel camminamento. E il cecchino, minchionato, ha fatto suonare due scariche arrabbiate ed innocue sui morti autentici del sentiero.

Ilario Péraro 

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