L’Alpino: “Scemo di guerra… – 24/5

…a cura di Ilario Péraro

Alpini 2

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Scemo di guerra

Racconto liberamente ispirato alla figura di don Primo Discacciati, 
cappellano militare all’Ospedaletto di Storo dal 1915 al 1918.

ERANO PARTITI DA STORO ALL’ALBA

Giovedì 21 giugno 1917

(…continuazione)

“Brillantina in guerra?” fu il pensiero di don Primo, che però rimase tranquillo ad aspettare che l’altro fosse pronto.
Era pallido, il comandante, come se si portasse dietro chissà quale orribile malattia, e soprattutto puzzava di sigaro!
«Don Primo Discacciati, vero?» sibilò con quella voce cartavetrata che faceva accapponare la pelle.
«Ai suoi ordini, signor colonnello» rispose don Primo alzandosi in piedi e poi risedendosi.
«Ai miei ordini, è vero» rispose quell’altro con una forte inflessione meridionale, «ma non certo per mio volere. Io l’avrei lasciata volentieri a poltrire a Storo, in seconda linea, e mi sarei arrangiato con il nostro cappellano. Ma ordini superiori hanno deciso diversamente… ed ora eccola qui!»
«Lo ripeto, signor colonnello: sono qui ai suoi ordini!» ripeté un po’ piccato don Primo, stranito da quell’accoglienza a dir poco gelida.
«Sì sì, tanto qui è un grande circo di amicizie che puzzano d’incenso e di massoni, di convenienze e di aiuti reciproci, tu dai una mano a me che io la do a te… E noi italiani vorremmo vincerla, questa guerra? Ma come si fa, se preti e vescovi tramano nel buio per darsi e ricevere favori…»
«Non capisco dove vuole arrivare, signor colonnello, io…»
«Io non voglio arrivare da nessuna parte, ma dico che lei non avrebbe dovuto essere qua! L’abbiamo tolta dalla sua tranquilla Storo solo perché così è stato deciso tra le quattro mura della Curia di Milano e dell’Ordinariato militare e, come sempre, il nostro Stato maggiore ha chinato il capo e s’è fatto da parte!»
C’era livore, in quelle parole, e anche un che di blasfemo, don Primo l’aveva capito subito, ma soprattutto trapelava la rabbia di chi vedeva il proprio potere offeso e limitato da un altro potere esterno, probabilmente più forte. “Vabbé, non erano fatti suoi” si disse: “che venga fuori il motivo per cui mi hanno chiamato a Verona e vediamo che cosa si può fare.”
«I suoi vescovi e cardinali l’hanno mandata fin quassù al forte San Marco» riprese a berciare il colonnello, che adesso stringeva in mano un fascicolo striminzito, «per collaborare alla soluzione di un pasticcio che non so nemmeno io come sia nato… Lei, Discacciati, ha mai visto un disertore? Ce ne sono su a Storo, di traditori, mentitori, simulatori, codardi che io manderei tutti quanti davanti al plotone? Anzi no, non ci sprecherei nemmeno una pallottola, con quei vigliacchi, ma li farei portare tutti quassù, al forte San Marco, li metterei in fila sull’orlo del burrone e li butterei giù di sotto… trecento metri di volo per sfracellarsi nei campi in riva all’Adige, così i peschi e le vigne poi crescerebbero più forti e darebbero più frutti… Eh! Eh!»
«Certo che ho avuto a che fare coi disertori, signor colonnello, ma questo che c’entra?»
«C’entra, perché almeno avere al forte un prete con un po’ d’esperienza di codardi mi farebbe stare un po’ più tranquillo… Comunque lei è qui per un caso un po’ strano di automutilazione prima e di simulazione poi. Tutto ad opera di una persona sola! Sa che facciamo? Non le anticipo nulla: lo scoprirà da solo. Venga con me!»
«Senta signor colonnello» disse don Primo alzandosi in piedi con la testa piena di domande, «va bene, non mi dica nulla, ma almeno mi consenta di avere vicino il mio aiutante, quel ragazzo che mi aspetta all’ingresso del forte.»
«Un altro codardo anche quello, vero?» espose il graduato. «Un imboscato che l’ha fatta franca scampando dal fronte!»
«No, un giovane zoppo che sta a malapena in piedi» lo interruppe il cappellano con una rabbia montante che gli faceva tremare le mani, il cuore e la voce. «Un ragazzo bravo e buono, che ama la patria e cerca di aiutarla come può, servendo un prete cappellano militare…»
«Vada a chiamare questo suo aiutante della malora e ci vediamo tra mezz’ora al cortile centrale del forte. Sta per cominciare la sua danza macabra, caro il mio prete!»

Ilario Péraro – (5 continua)

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