L’Alpino: “Scemo di guerra… – 24/18

…a cura di Ilario Péraro

Alpini 2

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Scemo di guerra

Racconto liberamente ispirato alla figura di don Primo Discacciati, 
cappellano militare all’Ospedaletto di Storo dal 1915 al 1918.

ERANO PARTITI DA STORO ALL’ALBA
Giovedì 21 giugno 1917

IL VOLTO DEL FRATE ERA TRISTE E SPRIZZAVA COMPASSIONE SINCERA
Venerdì 22 giugno 1917

ICARO TOMASI AMMUTOLI’ DI FRONTE A TANTA INSOLENZA
Sabato 23 giugno 1917

ADESSO, PERÒ, VORREI PROPRIO CONFESSARMI DA LEI
Domenica 24 giugno 1917

EPILOGO
Domenica 16 luglio 1922

(continuazione…)

La piccola borgata di Cadoneghe dorme con un occhio aperto, sotto il sole accecante della domenica pomeriggio. Non c’è niente da fare, la domenica pomeriggio: la mattina ci sono la messa grande, il passeggio in piazza, un caffè o un bianco al bar, due chiacchiere con le amiche o con gli amici e poi il pranzo a casa. Ma al pomeriggio la vita langue, le ore muoiono più lente, mentre il sole si mette a scaldare ancor di più.
È l’unico occhio aperto del paese ad accorgersi del commendator Icaro Tomasi, direttore della sede palermitana del Banco di Roma, a Padova per un convegno di bancari, che attraversa la strada e cerca un po’ d’ombra sotto gli alberi della piazza davanti alla parrocchiale di Sant’Andrea, che ha il campanile leggermente pendente, orgoglio degli anziani visto che non è mai venuto giù. “Il nostro campanile è tenuto su da San Pietro in persona” dicono sorridendo le donne di Cadoneghe che durante la settimana lavano i panni nell’acqua del Brenta.
Ma che ci fa lì, l’ex comandante del forte San Marco di Caprino, in un paesello senza storia, senz’anima: case di campagna, orti rinsecchiti, strade polverose e strette, fontane da cui l’acqua non zampilla più, cani addormentati sotto le panche di legno.
Ed ecco che un canto leggero e lontano fatto da voci di bimbi chiare e allegre lo attira dietro la chiesa, fin sulla riva del fiume. Dalle finestre di una vecchia casa, di sicuro l’oratorio della parrocchia, esce il ritmo cantilenante di una vecchia filastrocca veneta cantata da un gruppo di bimbi guidati dalla voce stentorea di un adulto
Venessiani gran signori
            Padovani gran dotori,
V
isentini magna gati
            Veronesi tuti mati
            Udinesi castelani
            coi cognomi da furlani
            Trevisani pan e tripe
            Rovigoti baco e pipe…
L’ha trovato! Non è stato un viaggio inutile. Il Tomasi sorride, si toglie il cappello e bussa forte alla porta dell’oratorio.
Il canto s’interruppe e nel silenzio di quell’afoso pomeriggio domenicale l’uomo strilla: «Don Sergio, don Sergio Babbolin…
Sono io! Sono il colonnello Icaro Tomasi! Apra, voglio solo salutarla, abbracciarla e restituirle alcuni documenti che le appartengono…»

Ilario Péraro – (Fine)

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