Piatti Donatella – “Una mosca turchese”

…a cura di Elisa Zoppei

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Carissimi amici, miei affezionati lettori, vi presento con piacere un nuovo libro che ho letto con vero trasporto dalla prima all’ultima riga: Una mosca Turchese di Donatella Piatti. Scritto bene, scorre veloce fra piccole avventure quotidiane dell’autrice in una Istanbul piena di vita, di profumi, di colori, di incontri… Un libro da non perdere. Parola di Elisa.

Donatella Piatti

La vita di Donatella Piatti: un lungo volo tra Turchia e Italia.
L’ho incontrata per la prima volta poche settimane fa presentata da un amico comune che mi aveva parlato di lei come di una scrittrice in gamba che valeva la pena di conoscere perché autrice di un nuovo romanzo meritevole di essere letto. Mi ha immediatamente conquistata per la sua simpatia e la sua semplicità: una signora dai lineamenti fini, sorriso spontaneo e sguardo vivo e luminoso. Una bella donna sorprendentemente giovane per essere già nonna come seppi. Nacque fra noi una intesa spontanea e confidenziale come se ci conoscessimo da sempre. Ci siamo riviste e approfondendo il nostro dialogo mi ha raccontato molte cose di sé,  confidandomi di sentirsi da sempre predestinata ad una esistenza “avventurosa” con dei genitori, gente di teatro, sempre in giro per il mondo a calcare le scene e che fin da piccola l’avevano trascinata su e giù per l’Europa passando da alberghi, case provvisorie e varie scuole. Un girovagare senza sosta che le permise di affinare una provvidenziale tecnica di adattamento ai cambiamenti che nel tempo le fu di aiuto per superare agilmente un’infinità di situazioni a volte davvero molto difficili. Il padre Elio Piatti era un attore cantante che faceva parte del gruppo musicale comico dei BRUTOS, che fra gli anni 50/70 riscosse notevoli successi internazionali e negli Stati Uniti d’America. La mamma, donna solare, dinamica e instancabile viaggiatrice, la chiamava la sua moschina bianca, sempre in volo fra posti e lingue nuovi da imparare. Quando finalmente i suoi decisero di fermarsi a Milano, Donatella riuscì a diplomarsi e a godersi una vacanza studio presso l’Università di Francoforte dove conobbe Derya, un bellissimo ragazzo turco di buona famiglia. Fu un vero colpo di fulmine. La moschina bianca non si fermò e con la leggiadria dei sui vent’anni senza esitare lo seguì nel suo Paese. Perdutamente innamorata e anche un po’ spaesata, ebbe la gioia di essere accolta a Istanbul con le braccia aperte dai genitori di Derya e imparò grazie a loro a scoprire e ad amare quel paese allora ancora poco conosciuto. Si sposò che aspettava un bambino ed iniziò una nuova vita. Fu dopo la morte tragica di suo marito, che, poco più che trentenne, si trovò combattuta tra il grande desiderio di tornare in Italia con il suo bambino o restare in quel paese dolce e ospitale che ormai li aveva adottati. Vinse il desiderio di rimanere a Istanbul e darsi da fare per trovare lavoro, accettando di insegnare la lingua italiana presso il Centro di Cultura Italiano, professione che svolse per tutto il tempo che rimase in quella città. Ma per non essere soggetta alla noia di una vita di routine rispolverò una sua grande passione: scrivere. Cominciò con piccoli racconti per i giornali della scuola, poi per delle riviste fino a diventare editorialista per un importante quotidiano nazionale, il Milliyet, dove veniva pagata per osservare e punzecchiare con sorridente ironia i Turchi, visti da un’italiana. I media nazionali apprezzarono i suoi articoli e in poco tempo oltre che insegnare e scrivere si ritrovò conduttrice televisiva in programmi di cucina sponsorizzati da importanti marchi di pasta italiana. Insomma doveva mostrare agli amici turchi come si fa un vero piatto di pastasciutta! E cosi tra le lezioni, la stesura di tre romanzi, due libri di cucina, il giornale, i programmi televisivi, qualche colpo di stato, terremoti epocali e qualche amore, trascorsero quasi 36 anni fino a quando un bel giorno, prepotente e incontenibile, si risvegliò in lei l’ardente desiderio di tornare alla terra natia, alimentato anche dal fatto che, le imperscrutabili vie del destino le avevano fatto incontrare un nuovo amore: un italiano di Verona.
In più la Turchia stava cambiando: quel paese così tollerante, dolce e più laico che islamico, cui si era felicemente abituata si stava radicalizzando, tornando indietro di quasi cento anni dai grandi progressi sociali e culturali prima raggiunti.

Ora, dopo essere diventata una bellissima e rara mosca turchese vive a Verona, vicino all’uomo che ama cercando di affondare le sue radici nella nostra nobile città che l’ha accolta e la fa sentire ancora a casa.

Scrittrice dalla vena fervida ha al suo attivo numerosi romanzi.

 

Grazie a Donatella per il suo racconto.Una mosca turchese

 

Una mosca turchese, Mauro Pagliai Editore,
(Collana Le ragioni dell’Occidente), 2015

 

 

 

Dalla Quarta di copertina:
Deliziose storie ricche di particolari che raccontano una Turchia poco conosciuta, storie che fanno sorridere ma, con amarezza, presentano un paese che, combattuto tra oriente e occidente, islam e laicità, non si riconosce più, un paese che sta perdendo ogni identità (Mine G. Kirikkanat, «Cumhuriyet Gazetesi»).

Queste storie narrate con stile fluido, sciolto e frizzante in un romanzo dalla veste editoriale poco appariscente ma dal titolo avvincente, ci allerta a una lettura vigile e curiosa perché fatti e aneddoti, eventi quotidiani e cose comuni di una città come Istanbul, ospitale e rumorosa e della sua gente cordiale e generosa, sono raccontati con lo slancio appassionato da chi li ha vissuti non da ospite straniera,  ma da persona felicemente inserita nella famiglia e nel contesto sociale. Donatella, giovanissima, timida e inesperta, piombata nel Paese della luna e della stella, è riuscita pienamente a integrarsi nella nuova realtà partendo col piede giusto. Prima di tutto ha voluto imparare la lingua, non le è stato facile districarsi nei meandri dei suoni sconosciuti e gutturali. Le ci volle qualche mese, ma parlando e sbagliando, sbagliando e parlando con l’aiuto di tutti, donne di casa, parenti, e conoscenti, riuscì a prestare orecchio alle parole, a memorizzarle e capirle. Le interessava soprattutto scoprire attraverso i loro discorsi, cosa li faceva ridere, come la pensavano e ancor più cosa avrebbe dovuto dire lei per farsi conoscere più a fondo da loro, farsi accettare e amare. Imparò a parlare scorrevolmente il turco e a scriverlo correttamente, impossessandosi della musicalità delle parole, facendole sue, allargando il suo orizzonte interiore  e la sua anima alle atmosfere domestiche della vita turca diventando parte viva della comunità, non come una fra loro, ma una di loro.

Donatella Piatti  in questo libro non trasporta i lettori nel favoloso Paese dove echeggiano le gloriose imprese dell’antica corte regale di Bisanzio, ma fa sedere ognuno di noi accanto a sé nel taxi che prende quasi ogni giorno per andare al lavoro o al bagno turco per sottoporre il corpo a qualche salutevole strigliata e incontrare le amiche. Percorriamo le strade di Istanbul andando da una parte all’altra di questa antica, sontuosa città, dorata di fregi bizantini, ricca di chiese dalla cupole d’oro, che sta inesorabilmente e troppo in fretta cambiando il suo volto, seppellendo sotto mastodontici palazzi condominiali i fasti e gli splendori di un complesso esistenziale ormai sulla via del tramonto. La ascoltiamo mentre parla cordialmente con il taxista, anche se sa che da furbetto fa la strada più lunga per farsi pagare di più. Chiede, raccoglie opinioni, punti di vista sulla vita della città, gli accadimenti, le gente, la politica, i gossip. Tutto serve come materia per i suoi articoli .
Un po’ commovendoci un po’ facendoci sorridere un po’ tenendoci sospesi fra realtà e magia, questa donna che ha seguito alla cieca il richiamo dell’amore per trovarsi poi a fare i conti con un Paese ben radicato nelle proprie tradizioni, ci fa vivere le sue esperienze in modo tangibile. Ci mette di buon umore raccontando le peripezie da film comico messe in atto dalla banda dei ragazzini capeggiata dal figlioletto, per salvare tre pecore destinate alla mattanza tradizionale come vittime sacrificali, in occasione di una importante festa religiosa.
Ci fa incontrare donne belle eleganti e intelligenti, padrone del loro potere di seduzione, durante  il rituale pomeridiano del te versato in preziosi bicchieri di cristallo finemente decorati. Ma ci racconta anche, lei complice, le scappatelle di qualche amica un po’ sbarazzina e sprovveduta.
E ricorda invece con accenti di grande affetto e nostalgia una donna di bassa estrazione sociale, entrata al suo servizio: Nazli Ceylan di origine curda, instancabile lavoratrice, fattezze imponenti e portamento orgoglioso. Ne aveva passate di tutti i colori fra violenze e maltrattamenti indicibili, fino a scontare in carcere, senza mai perdere la sua fierezza e dignità, la pena per volersi fare giustizia da sè. Ora la rivede nelle mattine di primavera piene di sole e vento quando dopo aver steso il bucato la chiamava a gran voce Donatellaaaa, per sedersi a terra insieme, spartire i loro pensieri masticando semi di zucca…
Un ritratto al femminile di grande forza morale cha fa onore all’Umanità.
                                                                                                                     Teşekkür ederim. Grazie

Vi lascio a tante altre figure fatti e momenti seri e spassosi tutti da assaporare leggendoli con piacere. Buona lettura.

Il libro può essere acquistato c/o le librerie veronesi o in on-line su Amazon.

Elisa Zoppei 

 

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