Casati Modignani Sveva – “DIECI E LODE”

…a cura di Elisa Zoppei

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Cari amici del Condominionews, ben ritrovati.

Questa settimana per il nostro Angolo della Lettura ho scelto di presentarvi l’ultimo romanzo di Sveva Casati Modignani, autrice di successo di tante storie definite all’italiana, per quei tanti tepori e sapori nostrani che vi affiorano e addolciscono il cuore. Questa si intitola “DIECI E LODE ”, ed è in un libro, edito da Sperlig&Kupfer, vivamente pubblicizzato in questi giorni, per non dire  a grancassa, dalle reti Tv. Ed è proprio il titolo che mi ha intrigato e mandato alla ricerca del libro, predisponendomi alla sua lettura. Mi ha riportato tra i banchi di scuola di quando ero piccola e fatto ricordare quanto l’ho desiderato un 10elode, senza mai riceverne uno. E quando poi sono stata maestra io, era il voto a tutta pagina che davo più volentieri, anche se magari in qualche caso si trattava di premiare più la buona volontà che il profitto. Sono sicura che più di uno di quei 10elode  è andato a buon fine, infondendo nei miei alunni la fiducia nelle proprie capacità di riuscita anche nella vita.
Una volta letta la storia, mi è sembrato cosa buona condividerla con voi. Ma vediamo ora chi è Sveva Casati Modignani.

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Sveva Casati Modignani

 

 

 Note biografiche

È risaputo che quello di Sveva Casati Modignani è uno pseudonimo, un  nom de plume, perché lei in realtà si chiama Bice Cairati, nata a Milano il 13 luglio del 1938 nella casa della nonna paterna, dove ha continuato ad abitare anche dopo essersi sposata con il giornalista Nullo Cantaroni (Milano 27 agosto 1928 – 29 dicembre 2004) e dove ha cresciuto i suoi due figli. Rimasta sola, ci vive tuttora.
È conosciuta come una delle firme più amate della narrativa contemporanea: i suoi romanzi, tradotti in ben diciassette paesi (tra i quali Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Russia, Brasile) hanno venduto quasi dieci milioni di copie. Per come sia arrivata a questo stupefacente successo qualcuno afferma che tutto ha avuto inizio quando Bice ha sposato Nullo Cantaroni, un collega affermato nel campo giornalistico,  mentre lei era una semplice cronista mondana ancora alle prime armi. Insieme essi formarono una coppia affiatata nella vita privata e in quella professionale, tanto che nel 1977, pubblicarono Nelle mani dell’uomo, un documento che raccoglieva la drammatica testimonianza di donne vittime della violenza maschile. Nel 1981 al loro amico Tiziano Barbieri Torriani, amministratore delegato della Sperling & Kupfer, da lui rilevata nel 1970, con il sogno ambizioso di farne una moderna casa editrice, mostrarono un loro manoscritto composto a quattro mani, intitolato Anna dagli occhi verdi. Dotato di un particolare fiuto editoriale, dopo averne letto solo l’incipit, Torriani decretò che quel romanzo era destinato a un successo senza pari: -Diventerà un best-seller- sentenziò. E lo pubblicò. I due autori scelsero di firmarsi con lo pseudonimo di Sveva Casati Modignani, che diventò un marchio di garanzia di successo commerciale anche per tutti gli altri romanzi che seguirono. Anna dagli occhi verdi ebbe infatti un immediato lusinghiero riscontro di critica e di pubblico, inaugurando un genere nuovo nel panorama della nostra narrativa. Insieme, Bice e Nullo  continuarono a “fabbricare” storie, raccontando le avventure della vita comune, ambientate nei luoghi riconoscibili delle nostre città e paesi, con vicende vicine alla realtà italiana sociale e della famiglia e con personaggi autenticamente e realmente credibili.
Lavorarono in coppia fino al 2004, quando Nullo, per una malcapitata malattia morì, dividendosi le competenza: lei buttava giù i complotti, le perfidie, gli amori dell’intreccio vero e proprio, lui aveva il compito di limare la scrittura e di dare respiro a tutta la vicenda. Bice asserisce di aver imparato la tecnica narrativa sulle pagine di Harold Robbins (1916-1997), prestigioso scrittore statunitense, dove, alla fine, i buoni vengono premiati e i cattivi puniti. Perciò è convinta che, almeno nei romanzi, si deve far trionfare la giustizia.
Venuto a mancare il marito, Bice non arrestò la sua operosità, e con lo stesso nom de plume continuò a costruire trame e a pubblicare romanzi con la stessa tenacia e determinazione di prima. Tutti i suoi libri sono stati editi da Spoerling&kupfer, tranne il mondadoriano Il diavolo e la rossumata (2012), dove Bice ricorda le penurie dei tempi della sua infanzia post guerra, quando le donne di casa si industriavano a inventare cose buone da mangiare con quel poco che c’era. La rossumata è uno di questi: una speciale crema a base di zabaione profumato al Barbera d’Asti.
Chi sa fare i conti dice che le vendite complessive, ormai, sono nell’ordine della decina di milioni di copie!!! Da tutti le viene riconosciuta la capacità di affrontare il tema dei sentimenti ogni volta da un’angolazione diversa, di saper cogliere con sensibilità le trasformazioni, i cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni nella nostra società, con particolare riguardo al ruolo della donna che si è notevolmente evoluto. C’è chi la definisce la più autorevole erede di Liala (1897-1997), la scrittrice in rosa più feconda del ‘900, e lei ne va fiera, perché afferma che i romanzi d’amore di Liala sono stati i più amati dalle donne del ventesimo secolo. Concordiamo che ambedue hanno ininterrottamente sfornato storie d’amore all’italiana, di un sorridente realismo.
A chi le chiede come nascano i suoi libri, la nostra autrice risponde che li genera da una idea di fondo, da un problema, da un fatto curioso, da ciò che accade intorno a lei e la colpisce. Ad esempio, dice che per scrivere “Disperatamente Giulia”, ha cercato di sapere che cosa prova di preciso una donna quando scopre all’improvviso di avere un tumore al seno. Ha così parlato con donne che avevano affrontato il problema e dall’insieme delle notizie e delle informazioni è nato il romanzo.
Spesso, a chi glielo chiede, riferisce che da 25 anni si ostina a scavare nel mondo delle donne attraverso la storia del nostro paese. Da un lato, dice, la sua scrittura è costituita dalla grande passione d’amore propria delle donne, dall’altro da un’attenta indagine delle conquiste femminili nel campo del lavoro, dell’affermazione sociale, della famiglia, dei cambiamenti legati al passare del tempo.
Navigando qua e là in internet ho trovato un suo simpatico autoritratto: “Ho due figli, un numero ragionevole di parenti e amici affettuosi che mi sopportano con infinita pazienza, alcune (un paio) amiche del cuore con le quali litigo spesso per il piacere di far pace. Cucino volentieri, ricamo a punto croce, coltivo l’arte del sonno. Mi piacciono le torte fatte in casa, i film sentimentali, le canzoni di Paolo Conte e Frank Sinatra, i fiori del mio giardino e la neve. Vorrei avere la battuta pronta, scrivere commedie brillanti, saper usare bene il computer e non sentirmi in colpa quando non lavoro. Detesto gli elettrodomestici, la pentola a pressione, la pioggia e le persone arroganti”.

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DIECI E LODE

Passando ora a parlare del libro, confesso che è la prima volta che leggo un romanzo di Sveva Casati Modignani, non certo per una malriposta sfiducia nella letteratura cosiddetta di svago,  entro cui viene superficialmente collocata la sua nutrita produzione letteraria, ma per altri troppi impegni e la tirannia del tempo con la quale devo sempre fare i conti. Le ragioni che mi hanno portato a questo nuovo romanzo le ho già esposte, ma ora aggiungo che pagina dopo pagina mi ha affascinato e sedotto, offrendosi a una lettura per niente scontata o banale, ma condita di freschi e stuzzicanti ingredienti da farmela gustare fino all’ultima riga. Narra con semplice e gaia scorrevolezza vicende ambientate nella città di Crema e dintorni, colte nella vita reale che si inseriscono nella storia dei due protagonisti Fiamma e Lorenzo e la
completano, arricchendola di significati.
È soprattutto alla figura di Lorenzo Perego che va la mia preferenza, un bell’uomo, tipo George Clooney, aitante e, detto in gergo giovanile, piuttosto fico, che si incontra spesso in tuta da ginnastica mentre va in palestra, o in giro per la città di Crema in bicicletta. Di solito per raggiungere il suo appartamento sito in un palazzo signorile degli anni Trenta, non usa l’ascensore, ma  fa due rampe di scale a piedi. La cosa più importante non è che dopo che quella poco di buono di sua moglie l’ha lasciato, verso la quarantina si è perdutamente innamorato di Fiamma Morino, bellissima donna, chioma fiammeggiante, sorriso aperto, pieno di dolcezza, e intelligente ed efficiente direttrice editoriale di una piccola casa editrice, appassionata del suo lavoro. Pure lei con un matrimonio malamente finito e due figlie da crescere da sola. Si amano da ormai otto anni, ma non hanno ancora pensato né di convivere né di sposarsi, anche se il sentimento che li unisce si è intensificato, donando ad ambedue equilibrio, serenità e sicurezza. Si sostengono l’un l’altro confidandosi, consigliandosi e affrontando insieme i problemi che si affacciano nelle loro vite quotidiane, e contemporaneamente alimentando  il desiderio reciproco di amarsi. Sì, Sveva Casati Modignani ne ha fatto una coppia da 10 e lode. Vi anticipo che convoleranno a felici nozze, ma alla fine ci riserveranno una sorpresa talmente inaspettata, per cui vi assicuro, vale la pena di leggerselo fino in fondo questo libro.
A parte tutto questo, ciò che in questo romanzo mi ha maggiormente fatto ammirare il ruolo di Lorenzo è che fa l’insegnante presso la scuola professionale di indirizzo tecnico informatico Annibale Scalzi, dove insegna geografia economica e dove cerca ogni giorno di guadagnarsi la stima, la fiducia e l’affetto dei suoi studenti specie di quelli problematici, ribelli e non produttivamente inseriti in un sistema scolastico che non è sempre all’altezza di dare risposte ai loro bisogni adolescenziali e guidarli a diventare persone preparate e responsabili ai compiti della vita.
Accanto a Lorenzo e Fiamma ruotano altri personaggi minori, ciascuno dei quali, anche i meno importanti, con una propria personalità ben definita, incisiva e funzionale all’intrecciarsi della storia, una storia che valorizza e premia sempre e dovunque l’amore, quello vero, che resiste agli attacchi del tempo, che supera gli ostacoli, che va oltre le apparenze, che si muove da un cuore verso un altro cuore.
Conosciamo Casimira la madre di Fiamma, una donna contorta, che per una male interpretata idea del ruolo materno, pur amandola moltissimo, influisce negativamente sulla figlia, rovinandole spesso entusiasmi, e momenti felici. Ho scoperto, leggendo qualche pagina autobiografica di Il diavolo e la rossumata, che Bice riporta in Casimira molti tratti della sua mamma vera, la quale non sapeva esprimerle il proprio amore se non confezionandole begli  abitini e preparandole deliziosi manicaretti. E come Casimira pur amandolo, era bisbetica con il marito e lo condizionava nella sua libertà. Nel nostro romanzo, Aristide Morino, marito di Casimira, è un uomo con la U maiuscola, un padre solare, vero angelo tutelare della figlia. La moglie, non perde occasione per vantare in pubblico le sue qualità, mentre in privato lo rimbecca e lo mortifica spesso nelle sue espansività affettuose e impeti generosi. Però Fiamma dopo la morte della mamma troverà qualcosa che le rivelerà insospettabili aspetti di dolcezza in quella donna, capace di soffocare slanci d’amore per il presunto bene della figlia.
Molti altri volti e caratteri fanno corona alle peripezie familiari sentimentali professionali dei due protagonisti, e c’è chi interviene positivamente per risolvere insieme a loro vere e proprie crisi in situazioni difficili sia nel campo editoriale di Fiamma che in quello della scuola di Lorenzo. Essi sempre più innamorati, potranno contare, oltre che su se stessi e sul loro amore, anche su qualche bella prova di amicizia disinteressata e solidarietà gratuita.
Concluderei col dare un bel dieci e lode a questo libro perché si presta a una lettura di largo respiro, che trasmette serenità, buon umore, fiducia negli altri e… voglia di essere buoni.

Buona lettura a tutti.

Vs. Elisa Zoppei

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Foto da Wikipedia

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