Ceradini Franco – “Saturnino e le ombre”

…a cura di Elisa Zoppei

 

Carissimi amici lettori, per augurarvi Buon Ferragosto, vi presento il nuovo romanzodi Franco Ceradini “Saturnino e le ombre” (Ed. Vocifuoriscena, Collana I Ciottoli, Maggio2014) scritto durante i fine settimana dalle quattro alle nove di mattina nella solitudine di Valcava, un paradiso sconosciuto di 54 abitanti, una vacca, una capra e prati e boschi, in comune di Segonzano (Tn), dove l’autore ha una casetta e ci passa il suo tempo migliore. Per presentarlo ufficialmente al pubblico è stato portato magistralmente in scena nel “Teatro nel Bosco” di Giulio Brogi (il noto e affascinante attore veronese di cinema e di teatro) sulle colline di Negrar.
Nel silenzio di quel luogo incantato abbiamo goduto un’ora di lettura interpretata
alle voci di Maddalena Roncoletta, Stefano De Simone e Giancarlo Beltrame in una orchestrazione scenica straordinaria perché fatta di niente o pochissimi segni.
Uno spettacolo retto sul miracolo della lettura, operato da lettori consapevolmente coinvolti in una storia viva, mossa da personaggi delineati in ogni particolare della loro vitalistica umanità.

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Franco Ceradini

Ho conosciuto Franco Ceradini come intraprendente manager culturale, organizzatore e conduttore di eventi artistico letterari, volti a valorizzare la vita socio culturale della Valpolicella. Fra gli altri dal 1996 al 2005 ha diretto il festival “Poesia in Valpolicella”con una serie di appuntamenti estivi nelle corti e nelle antiche ville, seguiti da un folto pubblico proveniente da tutto il territorio veronese e oltre.
A suo tempo ho letto anche i romanzi Pulviscolo (Ed. Perosini, collana  Ghiribizzi, 1999), Di Maddalena e di me (Ed. Perosini, collana Ghiribizzi 2004) eTeatro delle ceneri pubblicato nel 2008 da Mobydick nella collana I libri dello Zelig.

Il primo, ambientato in Valpolicella, attraverso le problematiche dei quattro protagonisti, ragazzi alle soglie della maturità, in un confronto-scontro con le generazioni più adulte, punta l’accento sulle trasformazioni strutturali subite dal territorio pedemontano a causa di insane scelte politico speculative che, a partire dal boom degli anni sessanta hanno deformato il volto del paesaggio naturale alterando valori, tradizioni, e identità personali. Ogni pagina trasuda dell’amore dell’autore per la propria terra, espresso in descrizioni di grande suggestione letteraria (da Giovanni Dusi, Introduzione).

Il secondo è un romanzo d’amore, di delusione e di frustrazione, di un protagonista che non è riuscito a realizzare le sue aspirazioni professionali nel campo del giornalismo, si è lasciato scappare l’unico amore della sua vita, Maddalena appunto, e che vive nel ricordo di quando da ragazzo giocava nelle valli, nelle piazze sulle rive dei fiumi, quotidiani teatri di una Valpolicella riccadi bellezza e di dolcezza uniche e ormai perdute. (da Claudia Robiglio Rizzo, Prefazione)

Nel Teatro delle Ceneri, Ceradini si discosta dai precedenti percorsi narrativi, non lega le vicende al suo territorio e si lancia in una nuova prova, avviluppandoci nel racconto profetico di un futuristico avvenire dell’Italia e degli Italiani del 2025. “Ho scritto – confessa – il romanzo in un periodo in cui avevo necessità di capire come va l’Italia, e nasce dalle suggestioni esercitate su di me dalla figura di Giordano Bruno, pellegrino fra i paesi d’Europa, una volta rientrato in Italia, fatto prigioniero dall’Inquisizione e messo al rogo”. Il protagonista, Frido Dallara, cacciato dall’Italia sotto accuse infamanti, è una sorta di alter ego di Giordano Bruno che vive sulla propria pelle analoghe situazioni dell’Italia sottoposta alla dittatura del N.O.M., il Nuovo Ordine Morale, a quelle intolleranti dell’Italia di fine Cinquecento. “Il mio libro – confida Ceradini – parla del futuro, di un futuro che vive per ora solo nella mia fantasia. Le inquietudini di Frido Dallara, il protagonista, sono le mie inquietudini e non quelle dell’Italia di oggi; anzi, l’Italia di oggi mi sembra poco preoccupata del suo futuro”. (da Losservatore: Intervista a Franco Ceradini, a cura di Marco Bolla).

Avvicinando la persona di Franco Ceradini, fuori dai suoi libri, si percepisce di aver a che fare con un uomo semplice, dall’aria vagamente ruspantina, schietto e un po’ schivo, che senza sfoggiare disinvoltura oratoria trovi pronto all’ascolto e al dialogo, lasciandoti spazio e tirandosi da parte. Avverti con l’orecchio interno (ma forse meglio con l’orecchio acerbo del grande Rodari) che questo scrittore, insegnante di storia e filosofia del Liceo “Primo Levi” di San Pietro Incariano, dove vive, racchiude in sé tesori nascosti, e comprendi che li puoi scoprire solo aprendo le pagine dei suoi romanzi. Ho letto come su accennato alcuni prodotti della sua arte scrittoria fra romanzi e saggi e senza alcun dubbio devo dire che Franco Ceradini possiede totalmente l’arte di scrivere alla guisa delle grandi firme di ogni tempo: un’arte consapevole, profusa senza risparmio per offrire al lettore il meglio di quello che vive, vede, pensa, immagina, ama, crea.

Per NOTE BIOGRAFICHE più ricche e dettagliate vi invito a visitare il sitowww.francoceradini.it

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Saturnino e le ombre

Le pagine lette nel “Teatro del bosco” hanno acceso in me la curiosità e il desiderio di prendere contatto con il libro e immergermi nella sua lettura. L’idea di recensirlo per il nostro Angolo è venuta dopo, quando, entrando nella storia, mi sono trovata a passeggiare per le strade, le vie, i vicoli e le piazze di Verona, in quella parte di Verona a me più cara che sono i dintorni dell’Università, (via San Francesco in particolare), dove ho lavorato per quasi 20 anni occupandomi di travasare il mio amore per la lettura agli studenti dei miei corsi. E lì in quei pressi sta di casa il protagonista proprio sopra l’Osteria degli Umiliati che dà su via San Francesco, ritrovo di studenti scioperati che fanno cagnara fino a tarda notte. Ed è proprio in una notte sbalestrata come questa che al rumore di vetri rotti e di urla disumane, il professore Vittorio Altieri (Toti per gli intimi) in giacca a vento e vestaglia da camera scende per fare qualcosa, o non  riuscirà a chiudere occhio. Si sente un buffo professore di filosofia che si appresta a dare una lezione di buon costume agli studenti in vestaglia di seta cinese, a larghi fiori stilizzati. Lui è un tipo così che non si prende mai troppo sul serio. Dovrà recitare la parte del burbero interpretandola abbigliato come un buffone. Ancora non sa che con questa sua avventata discesa in campo s’imbarca per un nuovo viaggio che lo porterà a rivedere tutta la sua vita di ieri e di oggi e chissà forse anche di domani.

Ho colto in questo libro, leggendolo, materia sovrabbondante per una recensione che non vuole pretenziosamente essere un trattato di critica letteraria, bensì, seguendo il consiglio di Virginia Woolf (Come si legge un libro?, La Tartaruga Ed., Milano, 2000), parteciparvi il mio personale modo di abbandonarmi alla storia, fatta delle tante storie dei personaggi maggiori e minori, tutti chiamati alla ribalta a dividere col protagonista fatti ed eventi che contornano ed esaltano le peculiari fisionomie di ciascuno.

Leggere un romanzo è un’arte difficile e complessa, sostiene la Woolf, ma la lettura di questo romanzo si è rivelata sciolta e piacevolmente incalzante, non ha chiesto lo sforzo di saper leggere, bensì mi ha permesso di entrare in sintonia con l’autore, di comprendere la sua arte nel costruire un mirabile edificio fatto di parole, più impalpabili dei mattoni nel definire stati d’animo e atmosfere paesaggistiche, più severe nell’occupare il posto giusto nelle situazioni, più intriganti e guardinghe nel sottintendere senza rivelare.

Entrare nella storia mi ha concesso di conoscere da vicino quel buffo professore che dopo aver confezionato lo strudel a regola d’arte se lo dimentica nel forno e lo fa bruciare.

Vittorio Altieri è un maturo cinquantaseienne, impegnato insegnante di liceo, con una tenace vocazione a iniziare romanzi, raramente portati a termine, alle prese con la proprie scelte di solitudine da proteggere e difendere, in lotta con un principio di pappagorgia e qualche chilo di troppo, attento a non farsi accalappiare da donne smaniose di prendersi cura degli uomini soli. Ma ciò che ce lo rende subito simpatico è vederlo alle prese con uno strudel che prepara e cucina secondo la più tradizionale delle ricette. Gli perdoniamo la fine del povero strudel? Ci piace vederlo capace di stare a sentire i suoi ragazzi, di accogliere le loro confidenze, di farsi scarrozzare su e giù per le strade della Valpolicella in moto.

Vorremmo che cedesse alla grazie di Malvina, la collega ricca e di classe, elegante e raffinata ma anche semplice, alla mano, vedova di un valente musicista, disposta nel cuore a insinuarsi in quella solitudine. Lui scappa e lei piange.
Ma non si sa mai che prima o poi…

E naturalmente c’è Saturnino che incarna la figura storica dell’Editore dal basco rosso, conosciutissimo nelle alte sfere della nostra  politica cittadina, per la sue originali coraggiose campagne contro l’arte divenuta consumo di mercato in una città che ha perduto la sua anima…

Sono gravi le parole che scorrono leggere fra Toti e il vecchio Saturnino.
Ecco quelle scritte sul biglietto che il “maestro” di vita gli ha lasciato nel salutarlo: 

 “ Se tu segui la tua stella non puoi fallire a glorioso porto”
Mi farai leggere qualcosa di buono prima o poi?
Dai
una svolta, scrivi la verità (pag.110)

È un consiglio che Toti prenderà sul serio? Speriamodi sì.

Il romanzo ripeto è fatto di tante storie che si intrecciano le une nelle altre snodandosi tra vedute paesaggistiche di campagna e di città, momenti di rara bellezza e poesia colti da un occhio che non dimentica mai di condividerli con i suoi lettori.
Il comune denominatore della sua produzione saggistica-narrativa-letteraria, è da rivenirsi in una scrittura snella, impeccabile, duttilmente modulata alle varie situazioni. Tanto di cappello!!!
Il romanzo in parola è disponibile presso le migliori librerie. Buona lettura!

Ah, dimenticavo, a pagina 518 troverete una vecchia ricetta facile facile di una squisita torta casereccia al cioccolato, di cui si è persa la memoria. Buon appetito!

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