Fosse Jon – Mattino e sera

…a cura di Elisa Zoppei

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Conoscevo superficialmente Jon Fosse fervente scrittore norvegese d’avanguardia, con una vasta produzione drammaturgica d’eccezione, avendo visto nella sceneggiatura teatrale la forma più autentica e diretta di comunicazione socio storico ambientale. Confesso che mi ha colto di sorpresa la notizia di Jon Fosse vincitore del Premio Nobel per la Letteratura 2023, assegnatogli  dall’Accademia Svedese per «la drammaturgia e la prosa innovative che danno voce all’indicibile»
Ho scelto di presentare uno dei suoi romanzi maggiormente noti “MATTINO E SERA” (la nave di Teseo 2019) che è un racconto lungo una vita, fatta rivivere nell’ultimo giorno.

Jon Fosse

Lo scrittore norvegese Jon Fosse, (1959 Norvegia- Regione dei Fiordi) ha 64 anni, l’età che oggi da più parti viene definita come l’età di mezzo, quando la giovinezza sta per finire ma dà ancora qualche rigurgito. È un autore di romanzi, drammi teatrali, saggi, poesie e libri per ragazzi, e anche un traduttore, molto famoso. Pochi in Italia se ne sono accorti, ma è soprattutto uno dei più acclamati e pagati drammaturghi del nostro tempo. Andrea de Manincor, uno fra i nostri migliori attori veronesi, nonché uno dei più originali e attenti scrittori di teatro, mi conferma che da noi l’unico a occuparsi di Jon Fosse è stato Teatro Libero di Palermo, il cui fondatore e  regista Bruno Mazzone mise in scena nel lontano 2004/2005, il testo di Fosse “E la notte canta”. All’interno del quale, aggiunge De Manincor, si avverte un vuoto palpabile, un vuoto di affetti genitoriali, una privazione, una mancanza, una freddezza data da una scrittura secca, una scrittura quasi “di pietra”. Jon Fosse stesso si definisce scrittore minimalista, che mette al bando ogni orpello letterario, ogni fronzolo e va al sodo, tenendosi sul filo della comunicazione immediata, che non c’è bisogno di girarci intorno. Quella di Fosse è una lezione nuova che ha anticipato i cambiamenti in atto della stessa nostra scrittura, avviata sempre più all’essenziale. Un ritorno al geroglifico? Chissà!!

Il mio personale impatto col romanzo “Mattino e sera” è stato a dir poco traumatico… Non ero preparata a quel modo di scandire il tempo letterario completamente privo di punteggiatura, con personaggi mai descritti né fisicamente né psicologicamente, lasciati alla pura immaginazione del lettore che li deve identificare attraverso le parole che dicono, prive di sottotesto, psicologie o significati nascosti. Sono frasi brevi essenziali di comuni mortali che parlano e fantasticano  nel grigiore della loro vita, come un raccontarsi a fior di labbra fra  parole di appoggio proprie del parlare quotidiano: così, ecco, cioè, ma, poi… intercalati da ripetuti  dice, pensa… Una informale messa in scena del quotidiano vivere della gente comune, quella confusa nella massa, quella che popola la terra nella stragrande maggioranza. Qualcuno afferma che Fosse di questo essere e parlar comune ha fatto grande poesia, ma ciò che affascina in “Mattino e sera” non è il lento poetico trascorrere delle ore fra l’alba e il tramonto, ma il lampo di tempo che passa fra la nascita di un individuo e la sua morte.

Parte I
Così avviene per Johannes cha nasce un mattino nella casa di Olai il pescatore e sua moglie Marta con l’aiuto della vecchia levatrice Anna e farà il pescatore come suo padre. Il racconto è tutto ritmato sulla realtà di ciò che accade in quella casa di pescatori: il bisogno di acqua calda, le doglie del parto, l’attesa del nuovo essere; ogni movimento è accompagnato da una parola detta, ripetuta, che si adagia nel sentire interiore del lettore e lo rende compartecipe di ciò che accade nel cuore di Olai, alternato al gemito doloroso della partoriente, confortato dalla rassicurante perizia della  levatrice Anna. E l’irrompere del pianto del nuovo nato  viene accolto con un sussulto di gioia. Tutto è andato bene. La vecchia levatrice Anna ne era sicura e il bambino si chiamerà Johannes e farà il pescatore…

Parte II
Dopo tanti anni all’alba di un nuovo mattino Iohannes, il pescatore, si sveglia nel suo letto solitario. La moglie Erna è morta qualche anno fa, ma lui ha continuato da solo a vivere nella sua casa tenendola in ordine, rispettando le sue abitudini: alzarsi, scendere in cucina farsi il caffè, rollarsi una sigaretta, fumarsela in santa pace. Ma oggi c’è qualcosa di diverso nella luce del giorno, un ché di strano nei suoi movimenti: si sente leggero, meno affaticato di sempre. Ha una giornata davanti tutta da riempire: farsi un giro in bicicletta, andare in barca, pescare… sempre che l’esca affondi e non se ne stia a fior d’acqua come è accaduto qualche mese fa. Come se l’esca che non voleva affondare volesse dirgli che la stagione della pesca era finita, così gli aveva detto l’amico Peter prima di andarsene. Tutte le cose abituali oggi hanno un volto diverso, perfino fumare la sigaretta non gli procura il piacere di sempre.
Quando esce di casa Johannes  vede che ciò che lo circonda è sempre quello del giorno prima, ma sente che qualcosa è cambiato. Tutte le cose sembrano ora più pesanti, forse perché cariche del lavoro che hanno compiuto nella loro esistenza, ora più leggere, senza peso. Avvertiamo un senso di spaesamento, è come se lui  si muovesse in un mondo non reale, pure se è il mondo in cui è vissuto per tanti anni. Anche i suoi pensieri sono senza peso. Cosa gli sta succedendo? Trascorre le ore del giorno in un susseguirsi di sensazioni strane e stranianti dove deve fare i conti con tutta una serie di impressioni anche di natura fisica come un torpore alle mani, visioni di persone morte da tempo che lo salutano e gli parlano: l’amico di bevute e di pesca Peter gli si presenta magro come un chiodo con lunghi capelli bianchi che gli scendono sulle spalle… Ha visoni che lo mettono nel dubbio se è sveglio oppure sogna… È tutto un passare in rassegna la propria vita con Erna e i sette figli, fra tante difficoltà per mettere insieme il pranzo con la cena, pagare il calzolaio, mantenere con dignità la numerosa famiglia, lui, col solo suo mestiere di pescatore… Oggi però quando ha gettato la lenza è successo che l’esca si è fermata sott’acqua, non ha voluto scendere… Come mai? Che gli prende?
Anche noi lettori viviamo questi momenti di incertezza, di ansia, accompagnando Johannes seguendolo passo dopo passo nell’avventura di andare verso la sua sera.
Tutto ha l’aspetto della normalità, ma sentiamo anche noi che c’è qualcosa nell’aria che ci tiene col cuore sospeso. Esattamente come Johannes, il pescatore.

Jon Fosse mette in scena il dramma della morte, sfatandolo da ogni arcana soluzione e in un certo senso addomesticandolo… E noi gliene siamo grati.
Buona lettura

Elisa Zoppei

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