Pitzorno Bianca – “Il sogno della macchina da cucire”

…a cura di Elisa Zoppei

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Carissimi amici, sono felice di dedicare questa recensione all’ultimo libro di Bianca Pitzorno, Il sogno della macchina da cucire (Romanzo Bompiani, 2018) una scrittrice a me cara, conosciuta come una delle autrici più amate dai ragazzi che si sono dilettati con le sue storie irriverenti e liberatorie. Ne ha scritte moltissime, per lo più eleggendo le bambine ad esclusive protagoniste di divertentissimi romanzi e stabilendo un filo di comunicazione intenso e solidale tra la donna scrittrice, la protagonista bambina e la giovane lettrice, interlocutrice reale o immaginaria di un viaggio fantastico verso inedite possibilità di sé. Dedico a mia madre questa recensione perché narra la storia di una donna che, come lei, fin da piccola andava a imparare a cucire così come avveniva per tante bambine del suo tempo ed era così brava, precisa e svelta che tutti la lodavano. Mia madre continuò anche dopo sposata a tagliare e cucire per la famiglia e mi faceva dei vestitini bellissimi con piegoline, alette e ricami. Ricordo bene il vestito con la gonna a campana per il primo ballo. Era di taffetà rosa scuro ornato di pizzo che sembravo un figurino. Ringrazio l’autrice per questo romanzo che mi ha regalato tanti emozionanti ricordi, come quello dell’orlo a giorno ricamato con le mie mani sulle lenzuola di lino del mio corredo da sposa.

Bianca Pitzorno

Cenni biografici

Bianca Pitzorno è nata in Sardegna nel 1942, ma vive e lavora a Milano.
Laureata in lettere, ha fatto l’archeologa, si è occupata di cinema e televisione, di teatro (un esempio di televisione di molti anni fa: il “Dirodorlando”, uno più recente:”L’Albero azzurro”).
Anche se in terza e in quarta elementare già scriveva “romanzi” di 365 pagine, Bianca ha pubblicato il suo primo libro Il grande raduno dei cow boy (Edizioni Svizzere della Gioventù) solo a 28 anni, nel 1970.

Sa anche dipingere, è una discreta sarta, si taglia i capelli da sola e se non fosse una scrittrice le piacerebbe fare il falegname. Dice di essere capace di costruire armadi alti tre metri.
Non le piace viaggiare e il suo mezzo di locomozione preferito è la bicicletta, con la quale infatti non si fa molta strada. Ma l’attività che le piace di più di ogni altra è raccontare storie, a voce, per immagini, con la scrittura.
Fino ad oggi ha pubblicato solo tre libri per adulti, La bambinaia francese (2004) La vita sessuale dei nostri antenati (2015), e questo il più recente  Il sogno della macchina da cucire (2018) ma ha al suo attivo più di 50 libri per bambini e ragazzi, tutti di grande successo con protagonisti bambini, ma soprattutto  bambine simpatiche e ribelli come Lavinia, Clorofilla, Polissena, Laurentina, Prisca, Aglaia, Emilia, Violante ecc… È stata una delle scrittrici più gettonate della Mondadori Junior.
Nella sua autobiografia Storia delle mie storie (Mondadori, 2016), la incontriamo bambina divoratrice di libri. Ci confida che le letture fatte prima degli undici anni per lei sono state fondamentali, più importanti e formative delle letture adulte, vere pietre angolari sulle quali si è poi strutturata la sua personalità, il suo sistema di valori, il suo gusto, e la sua arte di narratrice. Questa testimonianza di ape lettrice che si nutre del nettare della letteratura e lo traduce in miele è stato uno stimolante modello per instillare l’amore verso i libri e la lettura in parecchie generazioni. Cogliamo, infatti, nella sua produzione narrativa dedicata ai bambini piccoli e grandi, una felice capacità combinatoria di personaggi, trame, aneddoti prelevati dal mercatino dell’usato letterario classico e popolare. Li metteva a bagno nella sua fantasia creatrice e li faceva rinascere approdando a sorprendenti svolte romanzesche, senza enfasi di afflati ispiratori e romanticherie del genere. La felicità della sua scrittura risiedeva e risiede nella corroborante alchimia del suo saper guardare leggere e amare.
Per la sua fervida attività di scrittrice per l’infanzia, nel 1986 vinse il prestigioso Premio Andersen e nel 1996 ottenne la Laurea Honoris Causa in Scienze della Formazione dall’Università di Bologna.

Il sogno della macchina da cucire

Romanzo Bompiani 2018.

Preambolo. La nonna di Bianca Pitzorno le ha insegnato a ricamare, e vedendola ostinata a non usare il ditale pronosticava che sarebbe diventata una donna ingovernabile. Quella nipotina talentuosa e indisciplinata ha continuato così, cucendo le sue storie con anticonformismo e senza la paura di pungersi con le spine dell’animo umano.

È un romanzo di piacevolissima lettura, dove nel tempo delle sartine a giornata, a cavallo fra fine ottocento e prima metà del novecento, la voce narrante di una di esse ci accompagna lungo una galleria di ritratti di donne di ogni età, e ci racconta del loro muoversi nelle stanze del cucito dei grandi palazzi, fra chiacchiericci, vicissitudini, rammendi e sogni, aghi, fili e ditali, orlature e imbastiture, facendoci sentire, quasi materialmente, il loro punzecchiarsi anche in punta di lingua oltre con la punta dell’ago. L’ambientazione non è identificata ma si comprende che tutto si svolge in una cittadina di provincia non lontana dal mare, dove la vita scorre fra i pettegolezzi delle signore un po’ snob della buona borghesia che, passeggiando per le vie del centro storico, sfoggiano cappelli piumati, vantano il loro censo, criticano or questo or quello e parlano delle loro domestiche o delle sartine che vanno a domicilio a cucire tende, abiti su misura, biancheria, tovaglie e corredi per un modesto compenso. Certo che per gli abiti più eleganti da gran soirée chi poteva se li faceva arrivare, davvero o per finta, da Parigi.
La nostra protagonista rimasta presto sola al mondo a causa di una devastante epidemia di colera, viene allevata dalla nonna, una fra le più accreditate sartine del luogo e da lei avviata all’arte del cucito e del ricamo. Le prime prove sono mirate a confezionare vestitini per la sua bambola di pezza, ma una volta cresciuta ella sceglierà questo lavoro che, pur dovendo passare ore e ore a servizio nelle case dei signori rimettendoci gli occhi sul bianco cucito, le garantisce autonomia, indipendenza e la libertà di sognare. Vorrebbe anche imparare a leggere perché l’attraggono molto i giornaletti pieni di figure regalati dalla padroncine. Invece imparerà presto che gli echi dei segreti inconfessabili di ogni famiglia arrivano fino alle stanze di lavoro e talvolta sono più appassionanti dei romanzi d’appendice. La sartina ascolta in disparte e tace chiudendo in una scatola di latta i suoi magri risparmi e i suoi più ambiziosi desideri, in attesa di ciò che il destino le riserverà. La sua vita si intreccia con quella di altre donne: la marchesina Ester, suo angelo tutelare che condivide con lei la sua appassionata storia d’amore e la sua più avvilente delusione di donna innamorata e ingannata. Così la nostra sartina penserà per sempre che gli uomini siano dei traditori egoisti come il Pinkerton di madame Butterfly, e questo la porterà a non fidarsi più di nessun uomo, fino a quando…

Era stata proprio la marchesina Ester che, cosa rara per quei tempi, voltando pagina e viaggiando in lungo e in largo per il mondo, una volta tornando dall’estero le aveva portato un bellissimo regalo: una macchina da cucire portatile tedesca, a manovella, senza pedale e senza mobile con una valigetta fornita di manico. Nera lucida, con fregi e decorazioni dorati, era bellissima. Essa innalzerà il suo rango di sartina dotata di un mezzo meccanico intelligente che le permetterà di essere maggiormente considerata e meglio pagata. Un’altra figura femminile che spicca per la sua liberale disinvoltura femminile è miss Lily Rose la giornalista americana, emancipata, che si veste da uomo, va in bicicletta e per paura dei ladri imbottisce il suo corsetto di banconote. Nonostante ciò rimarrà vittima di un amore male corrisposto lasciando un segno indelebile nell’anima della nostra protagonista. Poi incontriamo la signorina, Gemma la parente povera delle giovani sorelle Provera ragazze in caccia di marito, figlie di un padre tiranno e dell’infelice donna Teresa. Gemma vive con loro in qualità di serva padrona e governante tuttofare e manda avanti gli affari della famiglia senza apparire, stando dietro le quinte come vero deus ex machina. Ha l’occhio preciso e il gusto sicuro ed è in grado di tagliare e cucire modelli di abiti eleganti e alla moda per le donne di casa Provera. Ma tutto si ferma quando scoppia il cosiddetto scandalo del secolo. Alla festa da ballo data in onore della regina Elena, si scoprirà che i loro vestiti non provengono affatto da Parigi ma sono stati confezionati in casa con preziosi tessuti francesi usciti dal fondo di un magazzino, proprio con l’aiuto dalla nostra sartina e della sua macchina da cucire a manovella. Poi quando l’amore, vestito dell’alone romantico sempre sognato, bussa alla porta del suo cuore, e le mette l’anello al dito come pegno di fedeltà, ecco uscire dal fondo di uno scenario tempestoso Licinia Delsorbo, la donna più ricca e potente della città ormai centenaria, ma decisa a tutto pur di troncare la relazione della sartina con l’unico nipote erede della sua fortuna e difendere la purezza del suo sangue. Prima la blandirà con proposte oscene, poi le scatenerà contro la Polizia con le accuse infamanti di essere una ladra e una donna di malaffare. L’ultima parte del romanzo assume davvero i torni drammatici che la fanno sembrare una eroina innocente sacrificata al vituperio della morale sociale. Che cosa le toccherà? Riuscirà a dimostrare la sua innocenza? Coronerà il suo sogno d’amore? E che ne sarà della piccola Assuntina, la bimba che si è presa in custodia dopo la morte della mamma, povera stiratrice che viveva nei bassifondi?

Macchina da cucire

Vi lascio cari amici alla lettura di questo romanzo che supera il fascino dei feuilletton tanto in voga in quell’epoca, ma che è anche una storia di emancipazione femminile fatta passetto dopo passetto anche da tante donne sartine, forse grazie all’invenzione di una macchina da cucire a manovella,  magari come questa.
Buona lettura!

 

Elisa

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