33. PREISTORIA? SCIENZA DEL DUBBIO. “Fuochi dal cielo: tracce per decodificare un mito diffusissimo”

…a cura di Giorgio Chelidonio

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Zeus manda l’aquila a rodere il fegato di Prometeo, incatenato (decorazione su una coppa da vino – “kylix” – rinvenuta nella necropoli etrusca di Cerveteri e data al 530 a.C. circa. http://bifrost.it/ELLENI/4.Origini/04-Prometheus.html

 

Fuochi dal cielo: tracce per decodificare un mito diffusissimo

L’antico mito di Prometeo(1) e del dono del fuoco agli umani, trasportandolo dal cielo dov’era proprietà esclusiva degli dei dell’Olimpo, è arcinoto: è chiaro che si tratta di una trasfigurazione simbolica, verosimilmente rappresentativa di uno dei primi modi in cui gli ominini raccolsero il fuoco “caduto dal cielo”, dove splendeva di giorno come sole e di notte in forma di stelle.
A quest’ultimo proposito vi è una leggenda tramandata da alcune tribù aborigene australiane secondo cui le stelle erano i focolari che le divinità celesti accendevano alla sera nei loro accampamenti, evidente trasposizione “a posteriori” di divinità pensate “ad immagine e somiglianza” del mondo degli umani. La leggenda narra che un guerriero impavido legò una lunga corda alla sua lancia e la scagliò in alto fino ad impiantarla nella volta celeste: arrampicatosi così lungo la fune salì, rubò il fuoco e, disceso, lo distribuì alla sua tribù. Tale mito, però, non specificava se il fuoco fosse in forma di torcia accesa o di brace: questa seconda ipotesi pare più plausibile se lo si confronta con un altro che narra come il fuoco, contenuto nel legno degli alberi, si fosse manifestato per la prima volta quando una donna spezzò il suo “bastone da scavo”.
Peraltro, non si trattava di un arnese qualsiasi ma dello strumento indispensabile nelle pratiche quotidiane dei cacciatori/raccoglitori per procacciarsi tuberi commestibili e stanare piccole prede.
La forma del fuoco prometeico può essere dedotta dal più antico testo che descrive le origini mitiche degli dei olimpici: la “Teogonia”(2), scritta dal poeta greco Esiodo nel 700 a.C. circa narra che Zeus, ingannato da un sacrificio offertogli dal titano Prometeo, “agli uomini … non lasciò nel legno la forza del fuoco instancabile” (probabile riferimento simbolico ad un tempo arcaico in cui gli umani non avevano ancora conosciuto l’accensione a frizione lignea). Ma Prometeo, nuovamente, lo ingannò “quando nascose in una canna cava la luce del fuoco instancabile che brilla di lontano”. “Zeus lungitonante … si colmò di sdegno, appena vide tra gli uomini la luce del fuoco che brilla di lontano”. Risulta, quindi, evidente che il dono prometeico del “fuoco del cielo” venne immaginato in forma di brace nascosta in una “canna cava”, versione esplicita della brace conservata entro uno stelo secco di férula.  Quindi la modalità del fuoco portato ai sardi da Sant’Antonio abate(3) si rivela come una trasposizione medievale del mito prometeico, narrata sicuramente dopo che il santo eremita egiziano (III secolo d.C.) era stato trasfigurato nel “sant’Antuono de lo fuocu”, una nuova iconografia, del tutto avulsa dalla sua più antica agiografia, impostasi dopo il trasporto (nell’XI secolo) delle sue reliquie in Francia.
Un altro significativo esempio di “fuoco dal cielo”, cioè acceso da fulmini, è contenuto nel primo “Libro dei re”, parte della bibbia ebraica, che si ritiene scritto, in Giudea, fra il VI e il V secolo a.C.
La specificità di questo testo merita una sua parziale trascrizione (4):
Qualche tempo dopo, durante il terzo anno di siccità, il Signore diede quest’ordine ad Elia: ‘Presentati al re Acab, perché sto per far cadere la pioggia sulla terra’. Elia andò dal re Acab.
La carestia colpiva duramente la regione di Samaria. Acab, perciò, aveva convocato Abdia, il responsabile del palazzo. Questo Abdia era una persona profondamente fedele al Signore. …
Acab ordinò dunque ad Abdia: ‘Esplora tutte le sorgenti e i corsi d’acqua della regione; se almeno lì si troverà erba per tenere in vita cavalli e muli, non si dovrà uccidere una parte delle bestie’.
Poi Acab e Abdia si divisero le zone del territorio da esplorare e partirono ognuno in direzione diversa. Mentre Abdia era in cammino, all’improvviso vide Elia venirgli incontro. Lo riconobbe, si inchinò fino a terra e gli disse: Sei proprio tu, Elia, mio signore? Sono io, – rispose Elia. – Va’ a riferire al tuo padrone che mi hai visto qui. … Abdia raggiunse Acab e gli raccontò tutto. Acab si mise in cammino per andare da Elia. Appena lo vide, gridò: Sei tu la causa di tutte le disgrazie d’Israele! Elia rispose: Non sono io! La causa delle disgrazie d’Israele siete voi, tu e la tua famiglia, perché avete smesso di osservare i comandamenti del Signore e avete adorato gli idoli di Baal!
Ora fai riunire tutto il popolo d’Israele intorno a me sul monte Carmelo e convoca i  450 profeti del dio Baal e i 400 della dea Asera… Acab riunì gli Israeliti e i profeti sul monte Carmelo. 

Dio manda un fulmine ad accendere l’ara sacrificale allestita dal profeta Elia. https://pastorafranio.files.wordpress.com/2008/07/elijah_baal.jpg

Elia si avvicinò al popolo e cominciò a parlare:
– Fino a quando ondeggerete senza decidervi? Se il Signore è Dio, servitelo; ma se il Dio è Baal, servite lui! Il popolo non disse una parola. Elia riprese a parlare:
Sono rimasto solo io, sono l’unico profeta del Signore, mentre quelli di Baal sono 450. Portateci due tori. I profeti di Baal ne sceglieranno uno, lo faranno a pezzi e lo metteranno sulla legna sopra l’altare, senza però darvi fuoco. Io preparerò l’altro, lo metterò anch’io sulla legna, ma non accenderò il fuoco. Voi invocherete i vostri dei e io invocherò il Signore. Il vero Dio sarà quello che risponderà mandando il fuoco!
Il popolo rispose: Siamo d’accordo! Elia disse ai profeti di Baal:
– Scegliete un toro e cominciate voi per primi, perché siete più numerosi. Invocate i vostri dèi, ma non accendete il fuoco. Essi presero il toro, lo prepararono e invocarono Baal, dal mattino fino a mezzogiorno. Gridavano: Baal, ascoltaci; ma la sola risposta fu il silenzio. Fecero anche delle danze sacre attorno all’altare che avevano costruito.
Verso mezzogiorno, Elia cominciò a prenderli in giro: ‘Gridate più forte, perché Baal è un dio! È occupato! oppure ha dovuto assentarsi un momento! si è messo in viaggio! dorme! svegliatelo!’.
I profeti di Baal si misero a gridare più forte. Secondo il loro rituale, si fecero dei tagli sul corpo con spade e lance, fino a far uscire il sangue. Nel pomeriggio parlarono in estasi fino all’ora del sacrificio, ma non udirono nessuna voce e non ebbero alcun cenno di risposta.
A quel punto Elia disse al popolo: ‘Avvicinatevi tutti’. La gente si raccolse intorno a lui ed egli si mise a riparare l’altare del Signore che era stato distrutto. Prese 12 pietre, una per ogni tribù dei discendenti di Giacobbe (al quale il Signore aveva dato il nome di ‘Israele’). Con queste pietre ricostruì l’altare dedicato al Signore. Poi, tutt’intorno, scavò un fosso che poteva contenere due vasi di granaglie. Collocò la legna sull’altare, tagliò il toro e lo depose sulla legna. Poi ordinò: ‘Riempite 40 vasi d’acqua e versatela sull’offerta e sulla legna’. Lo ripeté per 3 volte e per 3 volte gli Israeliti eseguirono il suo ordine. L’acqua scorreva intorno all’altare e il fosso si riempì.
All’ora del sacrificio pomeridiano, il profeta Elia si avvicinò all’altare e pregò: ‘Signore, Dio d’Abramo, d’Isacco e d’Israele! È venuto il momento! Fa’ vedere a tutti che tu sei Dio in Israele, che io sono il tuo servo e che ho fatto tutto questo per ordine tuo. Ascoltami, Signore! Così questo popolo capirà che tu solo, o Signore, sei Dio e che ora conduci di nuovo Israele ad esserti fedele’.
Il Signore mandò un fuoco che consumò l’offerta, la legna, persino le pietre e la terra all’intorno, e prosciugò il fosso.
Il popolo vide tutto questo. Si inchinarono con la faccia a terra e gridarono: ‘Il Signore è Dio! È lui il vero Dio’. Elia ordinò: Prendete i profeti di Baal! Non lasciatene scappare neppure uno! Essi li presero, ed Elia li portò al torrente Kison e li sgozzò.

Elia disse ad Acab: ‘Ora va’ pure a mangiare e bere, perché si sente già il rumore della pioggia’. Acab andò, mentre Elia salì sulla cima del monte Carmelo. Si inchinò fino a terra, con la testa fra le ginocchia. Poi ordinò al suo servitore: Va’ a guardare in direzione del mare. Il servo andò, ma poi tornò a dire a Elia: ‘Non c’è niente’. Per 7 volte Elia mandò il servitore a guardare.
La settima volta rispose: ‘Una piccola nube, non più grande del palmo di una mano, sta salendo dal mare. Allora Elia gli disse: ‘Va’ dal re Acab e digli di attaccare subito i cavalli ai carri e di partire, per non essere fermato dalla pioggia’. Nel frattempo, il cielo si era riempito di nuvole scure e il vento si era messo a soffiare. Poi cominciò a piovere a dirotto.”
Esagerazioni a parte, evidentemente dovute al dover enfatizzare la narrazione biblica, questo testo è considerato come trascrizione di racconti orali verosimilmente arcaici: già il riferimento al re Acab (875-852 a.C.)(5) ne attesta una maggiore antichità. Se poi si aggiunge che il culto del dio fenicio Baal(6) era praticato già dal XIV secolo a.C. e che la sua sede mitica fosse il siriano monte Saapanu (detto, più recentemente, Casio)(7) dove Baal era venerato come dio delle tempeste, il quadro dell’arcaicità di questo racconto diventa più chiaro: infatti, è assai probabile che da molti millenni le tecniche accensive fossero ormai conosciute (es. a frizione lignea o tramite percussione di pietre focaie), quindi il mito del “fuoco dal cielo” può essere decifrato come trasfigurazione cosmogonica(8) del tempo in cui gli ominini erano ancora incapaci di produrre fuoco.
Ciononostante, il mito del “fuoco dal cielo” resisteva, almeno nelle società mediorientali, ancora nel II millennio a.C. e, del resto, le credenze sugli “dei del fulmine” erano diffuse nella maggior parte dei popoli: sono quasi 200 le divinità “del tuono e del fulmine”(9), maggiori o minori, finora censite. Limitandoci alla storia italica e ai nostri vicini trans-adriatici basti citare sia il Giove Feretrio (con capanna-tempio, fondata dallo stesso Romolo sul Campidoglio)(10) e lo Zeus di Dodona(11), in Epiro: quest’ultimo con funzioni oracolari già 3500 anni fa circa e l’altro che, come garante dei patti, ne fulminava i trasgressori.

Links

1) http://www.treccani.it/enciclopedia/prometeo_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/

2) http://www.treccani.it/enciclopedia/teogonia/

3) http://www.santiebeati.it/dettaglio/22300

4) http://www.lachiesa.it/bibbia.php?ricerca=citazione&Citazione=1Re%2018&Versione_CEI74=&Versione_CEI2008=&Versione_TILC=2&VersettoOn=1

5) https://it.wikipedia.org/wiki/Acab

6) https://it.wikipedia.org/wiki/Baal

7) http://www.treccani.it/enciclopedia/monte-casio/

8) http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/cosmogonia/Sinonimi_e_Contrari/

9) https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_thunder_gods

10) http://www.treccani.it/enciclopedia/feretrio/ + https://it.wikipedia.org/wiki/Tempio_di_Giove_Feretrio

11) http://www.treccani.it/enciclopedia/dodona/ + https://it.wikipedia.org/wiki/Dodona

Verona, 17 Dicembre 2018
Giorgio Chelidonio

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