26. PREISTORIA? SCIENZA DEL DUBBIO. “Al tempo del “Tosòn d’oro” e delle pietre focaie “dorate”

…a cura di Giorgio Chelidonio

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Al tempo del “Tosòn d’oro” e delle pietre focaie “dorate”

Al termine della “puntata” precedente abbiamo “scoperto” che per Dante Alighieri l’acciarino si chiamava focìle, parola che nei secoli seguenti è diventata sinonimo di arma da fuoco a canna lunga: in italiano fucìle(1), in francese, spagnolo e anche veneto fusìl.
Questa omogeneità era però limitata alle lingue di origine latina, poiché pare derivasse da un “fusìllus”, parola barbarico-latina comunque connessa al latino “focus”(2) che però identificava il focolare domestico, della cui sacralità simbolica tratterò in seguito.
Il complesso evolversi e diffondersi delle lingue storiche ha portato “focus” a diventare verbo inglese (“to focus”) con il significato traslato di focalizzare, ossia mettere a fuoco.
Per i latini, invece, il fuoco in quanto tale era detto “ignis”, valenza che sopravvive nel nostro tempo nell’aggettivo “ignìfugo”, e nel suo opposto ignìfero, sinonimo di accensivo (letteralmente “ignis” + “féro”, porto il fuoco). “Ignis”, però, aveva più remote origini, probabilmente “indoeuropee”(3), connesse ad Agni(4), divinità indiana che simboleggiava il “fuoco domestico”, simbolicamente opposto a Indra(5), dio del fulmine perciò portatore di “fuoco selvatico”, naturale ma imprevedibile e incontenibile. In quanto significato, “ignifero”(6), l’aggettivo sopra citato, riaffiora nella parola “fiammifero” (latino “flammiferum”, composto di “flamma” + “féro”, cioè che porta la fiamma), parola mandata in pensione, negli ultimi 30 anni, dalla diffusione dell’accensione piezoelettrica(7).
Nelle mie ormai trentennali ricerche sulle pietre focaie mi ha colpito un’immagine del XVI secolo, un militare tedesco a cavallo imbracciante un fascio di torce accese, non so l’originario nome germanico ma la didascalia italiana lo definiva “fiammifero”, perché incaricato di portare il fuoco agli artiglieri sul campo di battaglia. Questa dimensione di fuoco distribuito viene evocata, ancora nel XVII secolo, a Verona dal cosiddetto “Portale dei Bombardieri”(8), uno dei rari monumenti barocchi veronesi: costruito nel 1687 per la “Scuola dei Bombardieri” (o “Compagnia di S. Barbara) che dava accesso all’ex “giardino scaligero”, allora incluso nel Palazzo del Capitano (divenuto sede del governatore militare veneziano). In questo tardivo “arcimboldo di pietra”(9 ) sono simbolicamente riuniti gli strumenti degli artiglieri del tempo: tamburi e trombe militari, cannoni, mortai, pistole, barili di povere da sparo, faretre, scudi, elmi, vessilli e fiaccole per le micce, a riprova che il fuoco veniva portato acceso per essere distribuito sui campi di battaglia dove, evidentemente, era necessaria una disponibilità accensiva immediata perché i cannoni dell’epoca non erano ancora dotati di meccanismi accensivi, ma solo di “focone”(10) un foro apposito da cui accendere le polveri.
Premesso che le prime armi da fuoco italiane sono già ricordate in documenti della prima metà del Trecento, come gli schioppetti e le spingarde (in realtà piccoli “cannoni” a gestione semi-manuale) citati nell’archivio degli Estensi del 1334, trovo interessante svolgere una riflessione come queste nuove armi mutarono la dimensione sociale della guerra. Alcuni esempi:
– la battaglia di Pavia, combattuta nel 1525 fra i francesi e gli imperiali di Carlo V, venne vinta da questi ultimi per merito degli archibugieri spagnoli che sbaragliarono la cavalleria pesante di Francesco I, al punto che lui stesso fu fatto prigioniero(11);
– la sconfitta dei veneziani ad Agnadello (nel 1509) fu in gran parte determinata da errata gestione dei primi delle artiglierie, sebbene ne avessero portato in campo più del doppio di quelle in dotazione ai francesi(12). Peraltro, uno dei condottieri vincitori ad Agnadello (Pierre Terrail de Bayard, famoso nelle cronache italiane del tempo come Pietro Baiardo)(13) venne ucciso, (nel 1524) in uno scontro a Rovasenda (VC), da un colpo di archibugio che, nel trambusto della battaglia, lo colpì alla schiena.
Quest’ultimo caso è stato più volte citato come esemplare per scandire la fine della cavalleria medievale, che era stata fino ad allora non solo forza-chiave negli eserciti ma anche elemento centrale e simbolico nella società medievale. I cavalieri, infatti, uscivano da una selezione socio-economica che richiedeva non solo un lungo addestramento ma anche mezzi per equipaggiarsi, mentre quello di un archibugiere implicava un percorso formativo e costi assai inferiori.
Anche i cavalieri, peraltro, avevano tentato di dotarsi di armi da fuoco leggere fin dal XV secolo. Quasi come risposta alla discesa in campo delle fanterie dotate di archibugio, si formarono reparti cavalieri, detti “Reiter(dal tedesco “Ritter” per cavaliere)(14). Erano dotati di pistole a ruota e talvolta anche di “petrinàli” (fucili corti o pistole a canna lunga)(15) e praticavano la tattica del “caracollo”: cavalcando, sparavano sulla fanteria nemica, per poi tornare velocemente verso le proprie linee, dove ricaricare per poi tornare a ripetere l’assalto. L’invenzione dei meccanismi accensivi “a ruota” (spesso dotati di “ruotino” e canna doppi) permise questa strategia, ma poiché erano meccanismi complessi e facili ad incepparsi, non si diffusero mai come armi di ordinanza.
Gli acciarini meccanici delle pistole “a ruota” funzionavano però non con pietre focaie di selce ma con intagliate (credo a lima) nella pirite, dettaglio non solo funzionale ma che ci ricollega alla simbologia rinascimentale per eccellenza: la collana del “Tosòn d’oro”, un ordine cavalleresco(16) istituito nel 1430 da Filippo III duca di Borgogna e tuttora esistente, condiviso da nobili e regnanti europei. Cosa c’entra questa antica ed elitaria onorificenza con la storia delle pietre focaie e del fuoco? Fin dalla sua istituzione la collana dell’ordine è composta da:
– un pendente che raffigura il “vello d’oro”, dei mitologici argonauti(17 ), simbolo di imprese eroiche;

Pyrit ball Guang Dong

– una sequenza di acciarini, riprodotti in oro come elementi della collana, intervallati da pietre dure rotondeggianti e sprizzanti scintille (pure d’oro).
Questo simbolo passò, per eredità e matrimoni, alla casata imperiale austriaca, da Massimiliano I(18) a Carlo V(19) fino agli Asburgo del XIX secolo, tant’è che anche al feldmaresciallo Radetzky(20), figura ben nota ai veronesi, fu concessa questa onorificenza.
Dunque, l’acciarino medievale, assunto a simbolo cavalleresco rinascimentale, era associato non a selci focaie ma a piriti, sagomate geometricamente per l’uso nelle armi a ruota ma nodulari (la loro forma naturale) per usarle come pietre accensive per acciarino.
Che il focìle dantesco usasse le “nobili” piriti (dette anche “oro degli stolti” o, toscanamente, “dei grulli” per il loro colore)(21) e le più ordinarie selci focaie? A questa domanda non ho trovato finora risposta, sebbene che tracce più antiche del XIV secolo suggeriscano che fossero semplici schegge di selce ad essere usate, ad esempio anche in contesti funerari d’élite. Alla prossima puntata.

Links:

1) https://www.etimo.it/?term=fucile 
2) http://etimologicamania.blogspot.it/2014/11/etimologia-di-fuoco.html 
3) http://www.treccani.it/enciclopedia/indoeuropeo/        4) https://it.wikipedia.org/wiki/Agni_(divinit%C3%A0)  
5) https://it.wikipedia.org/wiki/Indra 
6) 
https://dizionario.internazionale.it/parola/ignifero   
7) https://it.wikipedia.org/wiki/Piezoelettricit%C3%A0#Effetto_piezoelettrico_diretto > La caratteristica di produrre una differenza di potenziale in seguito alla compressione ha diverse applicazioni industriali. La più comune riguarda i normali accendigas da cucina, dove un cristallo sottoposto manualmente a pressione tramite un tasto fa scoccare una scintilla senza bisogno di pile di alimentazione. L’invenzione dell’accendigas piezoelettrico da cucina (Flint) risale al 1968 per opera di un ingegnoso friulano, Lisio Plozner…” (http://www.ilgiornale.it/news/l-uomo-che-ha-acceso-casa-scintilla.html  8) http://www.veronissima.com/sito_italiano/html/monumenti_verona_porta_bombardieri.html > raro monumento inventariale barocco, decisamente poco noto sia ai veronesi che ai turisti. 9) http://www.arcimboldi.info/il_fuoco_sc_7683.htm “Il fuoco” dipinto nel 1566 da Giuseppe Arcimboldi e conservato al Vienna, Kunsthistorisches Museum di Vienna. Vi sono simbolicamente riuniti acciarini, torce, micce, candele ma, stranamente, le “pietre focaie” non vi sono riconoscibili se non in forma generica di “roccia”. 10) http://www.sapere.it/sapere/dizionari/dizionari/Italiano/F/FO/focone.html  11) https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Pavia_(1525)…dal punto di vista della storia militare la battaglia è importante perché dimostrò la schiacciante superiorità della fanteria spagnola …e soprattutto delle sue formazioni di archibugieri che distrussero con il fuoco delle loro armi la famosa cavalleria pesante francese.” 12) http://web.tiscali.it/agnadello/approfondimento_battaglia.htm  13) https://it.wikipedia.org/wiki/Pierre_Terrail_de_Bayard    14) https://stemmieimprese.it/2014/03/   
15) 
https://it.wikipedia.org/wiki/Petrinale    16) https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine_del_Toson_d%27oro  17) http://www.treccani.it/enciclopedia/argonauti_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/    18) https://it.wikipedia.org/wiki/Massimiliano_I_d%27Asburgo  19) http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-v-imperatore/  20) https://it.wikipedia.org/wiki/Josef_Radetzky   
21) 
http://www.chimicamo.org/tutto-chimica/pirite-loro-degli-stolti.html

Verona, 9 Aprile 2018
Giorgio Chelidonio

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