13 DAL GUARDARE ALL’OSSERVARE, NELLO SPAZIO E NEL TEMPO: “Osservare un problema personale da una prospettiva internazionale”

…a cura di Giorgio Chelidonio

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Osservare un problema personale da una prospettiva internazionale

  • Dal Covid al Long-Covid, un anno di riflessioni.
    I nostri lettori avranno forse notato una notevole rarefazione dei miei articoli: infatti, dai primi giorni dello scorso aprile “combatto” una serie mutevole di sintomi il cui inizio ha coinciso con un mio contagio di COVID-19, che peraltro si era risolto in pochi giorni e senza febbre: dapprima intensi dolori al collo del piede destro, che si sono allargati, abbastanza rapidamente, al polpaccio e al ginocchio fino ad estendersi, già ai primi di maggio, a tutta la muscolatura della gamba.
    Quasi a nulla sono servite delle iniezioni prescrittemi dal medico di base.
    La tappa successiva è stata ricorrere ad uno specialista in ortopedia ma anche le sue cure, comprese le iniezioni di acido ialuronico, non sono risultate risolutive.
    Nel frattempo la mia curiosità mi ha indotto ad esplorare su Internet se ci potesse essere una qualche relazione con il cosiddetto “Long Covid”, una strana e complessa sindrome, comprendente anche disturbi articolari, che da alcuni mesi si stava affacciando anche fra le chiacchere on-line.
    Mi sono così imbattuto in rari articoli, specie in lingua inglese, che ne trattavano: in particolare, un’indagine(1) avviata dall’università di Bologna e dall’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, già nel 2021, aveva evidenziato che “per la prima volta al mondo circa il 30% dei pazienti(2) manifesta sintomi compatibili con la diagnosi di fibromialgia anche a distanza di sei mesi e oltre dalla guarigione dell’infezione”. La risposta degli specialistici, a cui mi stavo rivolgendo, questa titolata constatazione fu ripetitiva: “Ipotesi, forse, ragionevole, ma non se ne conoscono le cause”.
    Nel frattempo, una mia ricerca su “Post-Covid + dolori articolari” mi aveva fatto approdare ad alcuni siti che mettevano in relazione(3) tale sindrome con un particolare valore alterato nell’analisi del sangue: il D-Dimero(4) un fattore di coagulazione sanguigna ritenuto responsabile della formazione di trombi venosi. Però anche su questo indizio, più volte definitomi da altri specialisti come “indicativo ma non diagnostico”, nessuna proposta curativa.
    In questo demotivante scenario ho passato il resto dell’estate, abbinando analgesici ad una mobilità assai ridotta. Solo a settembre, dopo una visita di un reumatologo e un doppio ciclo di farmaci cortisonici, i miei sintomi hanno iniziato a regredire ma il senso di affaticamento, unito ad una ricorrente rigidità muscolare alle gambe, permane.
    Inoltre, una attenta visita presso il Laboratorio Post-Covid dell’Ospedale di Borgo Trento ha confermato la coincidenza dei miei disturbi con altri casi che hanno in studio.
    È a questo punto che, pochi giorni fa, la recensione di un articolo apparsa su una rivista internazionale di divulgazione medica(5) mi ha dato accesso ad un recente articolo pubblicato sul “Canadian Medical Association Journal”(6): vi si analizzano punti importanti riguardanti la malattia post-coronavirus 2019 (COVID-19) e la relativa diagnosi di Long COVID sugli adulti.
    Traducendo (tramite Google) e limando accuratamente il testo così risultato, ecco la sintesi di questo interessante articolo.
  • Cos’è il Long-COVID?
    L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha proposto una definizione di Long-COVID basata sulla tecnica Delphi(7) per il consenso di gruppo, coinvolgendo individui che hanno riportato esperienze relative alla suddetta sindrome. La definizione post-COVID-19 o Long-COVID include individui con sintomi persistenti (anche dopo 3 mesi dal contagio, sospetto o confermato, da COVID-19), e durati per un minimo di due mesi.
    Sebbene si ritenga, finora, che qualsiasi diagnosi alternativa non possa chiarire questi sintomi pare, tuttavia, necessario accertarne la specificità, la sensibilità, sia il valore predittivo negativo sia quelli positivi per definire criteri adatti a diagnosticare il Long-COVID.
    Relativamente alla popolazione canadese (quella considerata in questa ricerca) il “Long- COVID” ha colpito quasi 1,4 milioni di residenti. Secondo il “Canadian Coronavirus Disease” nel 2019-2022, circa il 15% dei canadesi adulti contagiati da “SARS-CoV-2” ha riportato sintomi di Long-COVID dopo tre mesi. Le donne (18%) hanno mostrato una maggiore fragilità rispetto agli uomini (12%) nel manifestare sintomi persistenti.
    Secondo una revisione sistematica delle esperienze iniziali di COVID-19 (e relative varianti emerse nel 2022) la prevalenza mondiale di COVID-19 è del 43%. Inoltre, la condizione post-COVID-19 è stata più diffusa tra le persone ospedalizzate (54%) rispetto a quelle che non hanno subito ricoveri ospedalieri per il suddetto contagio (34%).
  • Natura sistemica del Long COVID.
    Nel suddetto studio, i ricercatori hanno evidenziato che il Long-COVID (potrebbe essere in relazione alla presenza di recettori ACE2 (enzima di conversione de “l’angiotensina 2”), che sono fondamentali per l’ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule ospiti in più organi del corpo umano.
    Sono stati riportati vari percorsi fisiopatologici che contribuiscono allo sviluppo di sintomi del Long-COVID, tra cui danno cellulare, infiammazione sostenuta e viremia(8), stati di pro-coagulazione e autoimmunità(9).
  • Presentazione clinica del Long-COVID.
    Gli studi hanno riportato che il Long-COVID ha un impatto considerevole sulla salute delle persone colpite e talvolta su loro specifiche funzioni fisiche. La condizione può presentare un’ampia gamma di sintomi ed è più comunemente osservata tra le donne.
    I sintomi di Long-COVID più frequentemente osservati (e probabilmente curabili) sono affaticamento, depressione/ansia, dispnea, difficoltà del sonno e palpitazioni. Tali disturbi sono stati riferiti in percentuali diverse dagli individui affetti da Long-COVID.
  • Persistenza dei sintomi nel Long COVID: un esempio cinese.
    Molte persone si riprendono dalle condizioni post-COVID-19. Tuttavia, in una percentuale ridotta di individui, i sintomi possono persistere fino a renderli inabili a riprendere un lavoro a tempo pieno anche dopo un anno dall’infezione da SARS-CoV-2.
    Ad esempio, su un campione di 1.192 individui (ricoverati, nel 2022, nella città cinese di Wuhan e sopravvissuti alle infezioni da SARS-CoV-2) il 68% ha manifestato almeno un sintomo di Long-Covid dopo 6 mesi dall’essere risultati postivi, periodo che si è ridotto al 55% entro due anni; tra i suddetti, il 21% delle persone precedentemente occupate non ha ripreso il lavoro.
    Analogamente, in un campione di canadesi il 21% ha riferito sintomi persistenti tali da causare spesso limitazioni nello svolgimento delle attività di routine.
  • Conclusioni
    Riassumendo, sulla base dei risultati di cui sopra, il Long-COVID è caratterizzato dalla persistenza di qualcuno (ma talvolta di più) dei suddetti sintomi per un periodo di almeno 3 mesi della fase di contagio acuto da COVID-19, a condizione che tali sintomi non possano essere attribuiti a nessun’altra diagnosi. Pare che la sindrome di Long-Covid sia stata rilevata soprattutto su donne, e più comunemente osservata tra i pazienti COVID-19 che sono stati ospedalizzati.
    Nell’insieme il Long-COVID ha un coinvolgimento multiorgano dovuto alla presenza di recettori ACE2 in diversi organi del corpo umano, ai quali SARS-CoV-2 si lega invadendo cellule ospitanti. Insomma, i sintomi più comuni del Long-COVID sopra citati possono persistere per diversi mesi o addirittura dopo anni, specie in casi di contagio acuto di COVID-19.

Links

1 – https://www.ior.it/area-stampa/news/fibrocovid-uno-studio-coordinato-dal-rizzoli-svela-i-legami-tra-covid-19-e-fibromia
2 – un’indagine condotta su oltre 600 persone con postumi a lungo termine di un’infezione sintomatica da Covid-19 > https://www.panoramasanita.it/2021/10/11/fibrocovid-uno-studio-coordinato-dal-rizzoli-svela-i-legami-tra-covid-19-e-fibromialgia/
3 – https://anticoagulazione.it/index.php/professionisti/novita-scientifiche/1608-fisiopatologia-del-d-dimero-in-corso-di-covid-19
4 – Il D-dimeroè un prodotto di degradazione della fibrina, una proteina responsabile della formazione di coaguli (trombi) nei vasi sanguigni. https://www.my-personaltrainer.it/salute/d-dimero.html#149493
5 – https://www.news-medical.net/news/20230119/How-is-long-COVID-diagnosed-in-adults.aspx +
6 – https://www.cmaj.ca/content/cmaj/195/2/E78.full.pdf > Quinn K.L., Razak F., Cheung A.M. (2023). Diagnosing post-COVID-19 condition (long COVID) in adults. “Canadian Medical Association Journal”
7 – http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/relazioni-con-i-cittadini/utilizzare-gli-strumenti/tecnica-delphi/)
8 – Presenza di particelle virali nel circolo sanguigno. https://www.treccani.it/enciclopedia/viremia_%28Dizionario-di-Medicina%29/

9 – Reazione immunitaria dell’organismo verso propri componenti a causa della perdita della tolleranza immunitaria naturale (https://www.treccani.it/enciclopedia/autoimmunita/ )

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Verona, 11.03.2023

Giorgio Chelidonio

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Si ringrazia il dott. Fabrizio Abrescia per la attenta rilettura del testo tradotto e “limato” in più parti.
La figura è tratta da: https://www.asst-valleolona.it/cose-il-long-covid-e-come-riconoscerlo/

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