28. PREISTORIA? SCIENZA DEL DUBBIO. “Risalendo la linea del tempo: accenditori preistorici”

…a cura di Giorgio Chelidonio

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Ricostruzione ideale di disboscamento tardo-neolitico con la strategia detta “taglia e brucia”. (modificato da AA.VV. 2006 Des Alpes au Léman. Images de la préhistoire, InFolio Edizioni, Gollion (Suisse)

Risalendo la linea del tempo: accenditori preistorici

Nelle precedenti “puntate” abbiamo familiarizzato con le funzioni degli acciarini storici, il cui nome derivava dall’essere fatti di acciaio. Questa constatazione sembra ovvia ma non ha impedito che nel XX secolo le pietre focaie venissero diffusamente dette “acciarini”, probabilmente in base al fraintendimento di un articolo di Paolo Orsi, l’archeologo roveretano che nel 1885 si inserì nell’allora montante polemica sulle cosiddette “selci strane di Breonio”(1) asserendo di riconoscerle bene: le aveva viste ancora in vendita sul mercato di Bolzano!
Del resto, gli stessi nomi dati ai veri acciarini sono ben diversi per etimologia:
– in francese “briquet”, definizione documentata solo dal XVII secolo (forse prima si diceva “fusìl”, come il dantesco “focìle”) è di incerta derivazione etimologica(2). Anche la pietra focaia subì cambiamenti di nome: non solo per la funzione (“pierre à feu” per usi manuali e “pierre à fusil” per quelle usate negli acciarini meccanici), ma anche per lo stesso nome:“cailloux”, cioè ciottoli seguito, almeno dal XVIII secolo, da “silex” mutuato dalla parola latina che definiva le pietre dure usate nella pavimentazione stradale(3);
– in inglese “strike-a-light”(4), che evoca letteralmente il gesto di colpire (la pietra focaia con l’acciarino) e facendo scaturire il fuoco-luce. Probabilmente alludeva alla piccola brace che la scintilla accende nell’apposita esca (un pezzo di fomes fomentarius, un fungo microporoso e perciò adatto a trasformare la scintilla in brace). Nella lingua inglese, però, esistevano anche altri sinonimi: ad esempio, “flint-and-steel” (selce e acciaio) o “fire striker” (attrezzo che, colpendo, produce fuoco);
– in tedesco “feuersthal”, cioè “acciaio -che dà il – fuoco”, mentre le pietre focaie avevano, come in francese, due nomi: feuerstein per gli usi manuali e flintenstein per quelle usate negli acciarini meccanici.
Non ho potuto, invece, trovare nomi locali per piriti e marcasiti, nonostante che siano state usate sia per le armi da fuoco a ruota, ma anche come pietre focaie manuali, come ho potuto dedurre da una stampa bolognese del XVII secolo(5). Un’unica eccezione le definiva “oro dei grulli” perché colore e lucentezza permettevano di spacciare pirite per oro ai più sprovveduti.
È proprio l’accensione a pirite, un minerale (solfuro di ferro)(6) che ha avuto funzione di pietra focaia prima dell’invenzione e diffusione della tecnica di acciaiatura e, quindi, degli acciarini.
Il suo nome deriva dal greco pyrites(7), a sua volta composto da pyr (fuoco) combinato a lithos (pietra): “dunque pietra che dà il fuoco”; un po’ come l’insolito (pièra) folènda usato per la selce solo nei Monti Lessini. Anche la marcasite e la calcopirite, altri tipi di solfuri di ferro, potevano essere usati per scopi accensivi anche se, per diversa cristallizzazione, si disgregano più facilmente della pirite.

Accenditori preistorici e loro uso con noduli di pirite (disegno di G. Chelidonio).

Nelle tecniche di scintillazione accensiva basate sulla pirite, il ruolo della selce si invertiva perché era con quest’ultima che la pirite veniva percossa. Da questa pur ovvia constatazione si origina probabilmente un’errata definizione di “acciarino preistorico”: per evitarla preferisco usare il termine “accenditore”, sia che si trattasse di manufatti silicei di forma specifica o di semplici schegge o clasti adatti allo scopo. A quest’ultimo proposito, è utile ricordare il riutilizzo accensivo (tardo-preistorico) di utensili silicei consunti o casualmente ritrovati (caso assai diffuso nel mondo scandinavo medievale, ma raramente recensito). Inoltre, prendendo in considerazione manufatti rinvenuti in Europa occidentale, la mia ricerca ha dovuto confrontarsi con le diverse definizioni linguistiche. Fra quelle anglofone è ancora diffuso il termine tipo-funzionale di “fabricator”, da cui si dovrebbe dedurre che gli accenditori siano stati, invece, degli utensili usati per produrre altri manufatti litici: solo le macro-usure prodotte dal prolungato contatto percussivo con la pirite possono confermarne la funzione accensiva, oppure la micro-analisi con appositi binoculari o con microscopi elettronici.
Sintetizzando, ci sono prove archeologiche che, in Europa occidentale, almeno da 15.000 anni si accendesse il fuoco percuotendo noduli di pirite con un manufatto in selce(8). Questa tecnica, però, era praticata sia con percussori atipici (schegge, lame o forse anche semplici clasti silicei), sia con manufatti specifici per forma e funzioni.

Accenditore da Dosso Folesani a S. Mauro di Saline (VR), databile a circa 3700 anni fa (foto G. Piccoli).

Quest’ultima modalità pare documentata già da 6.000, cioè dal Neolitico medio, ed è questo un tema di ricerca su cui mi sono applicato negli ultimi 30 anni: altri autori se ne erano già occupati, dalla fine del XIX secolo(9) e agli inizi del XX secolo(10), ma le loro osservazioni sembravano essersi perse fino alla pubblicazione (1977, 1983) di “Preistoria del fuoco”(11) di Catherine Perlés. Da lì ho iniziato a riannodare le modalità accensive a percussione che sono state usate nella preistoria recente, a cominciare dal manufatto siliceo rinvenuto nella “tasca” della cintura di Ötzi: divulgato come “raschiatoio”, era però associato ad alcuni pezzetti di fungo-esca e a polvere di pirite. Perciò, fin dal 1999(12), ne ho proposto la funzione di accenditore. Inoltre, in più occasioni(13) ho iniziato a studiare esemplari di accenditori tardo-preistorici, rinvenuti nei Lessini e in Trentino(14). In particolare, un accenditore litico(15) è stato recentemente trovato ad oltre 1700 metri di altezza sulle creste del Monte Baldo, traccia di strategie pastorali e venatorie. Come già accennato, è una traccia accensiva tardo-preistorica non dissimile, per ambiente e quota, da quella di Ötzi, la mummia glaciale datata a 5300 anni fa circa e trovata a 3200 metri slm circa sul giogo del Similaun: già allora l’antropizzazione delle Alpi stava ricavando, con il fuoco, spazi pascolivi dalle foreste originarie che da 15.000 anni avevano ricoperto i versanti alpini.

Links

1) https://www.academia.edu/3774926/Quando_le_pietre_focaie_non_erano_acciarini._Tracce_e_appunti_fra_Paolo_Orsi_e_Stefano_De_Stefani

2) http://www.cnrtl.fr/etymologie/briquet//2

3) https://la.wikisource.org/wiki/Versus_de_Verona > Infatti, nel “Versus de Verona”, (descrizione rimata della città risalente alla fine del VII secolo), si legge «plàteas mire sternatas de sectis silicibus», cioè piazze mirabilmente lastricate di pietre (dure) (appositamente) tagliate, forse riferito a lastre di Rosso Ammonitico, come oggi il “Listòn” in Piazza Brà.

4) http://www.finedictionary.com/strike.html

5) https://www.academia.edu/1810541/Le_pietre_del_fuoco_QuadSavena_2003

6) http://www.treccani.it/enciclopedia/pirite_%28Enciclopedia-Italiana%29/ + https://sites.google.com/site/mincrimap/divulgazione/museo/minerali_toscana/pirite

7) https://www.etimo.it/?term=pirite

8) https://link.springer.com/article/10.1023/A:1003802432463

9) Evans, J. 1872: The ancient stone implements, weapons, and ornaments, of Great Britain, Longmans, Green, Reader, and Dyer, London.

10) Sarauw F.L., 1907: Le feu et son emploi dans le Nord de l’Europe aux temps préhistoriques et prohistoriques, in «Ann. du XX Congrés Archéol. Et hist. Du Belgique », pp. 196-226, Gand.

11) https://www.libraccio.it/libro/9788806558147/catherine-perles/preistoria-del-fuoco-alle-origini-della-storia-uomo.html > libro prezioso ma ormai fuori catalogo da molti anni.

12) In occasione della mostra “La grande avventura del fuoco”, tenutasi al Museo Archeologico di Bergamo > http://www.comune.bergamo.it/upload/bergamo_ecm8/gestionedocumentale/CV%20Casini%20Stefania_784_22588.pdf + https://www.academ ia.edu/28976737/12.000_anni_di_pietre_focaie_atipiche_appunti_su_una_ricerca_riscoperta_

13) https://www.academia.edu/1812897/PF_preistoriche_-Udine_2005_-word + https://www.academia.edu/7361809/Valdiporro_un_paese_sorto_oltre_la_valle_by_Giorgio_Chelidonio_and_Ugo_Sauro

14) Avanzini M., Chelidonio G., Rosà V., 2017: Pietre focaie preistoriche da due siti archeologici nel comune di Mori (Trento): “Grotta del Colombo” e “Bersaglio”, in “La Giurisdizione di Penede”,  anno XXV, n. 48, pp. 84-97, Nago (TN).  +  Chelidonio G., Piccoli G., 2018: Tracce di fuochi tardo-preistorici a Folesani di S.Mauro di Saline, in “La Lessinia ieri oggi domani”, La Grafica Editrice-GBE, pp. 99-104, Lavagno(VR).

15) Chelidonio G., Gonzato G., 2018: Nuove tracce preistoriche sulle creste del Monte Baldo, in “Il Baldo”, n. 29, Centro Turistico Giovanile, pp. 60-81, Caprino (VR).

Verona, 4 Giugno 2018
Giorgio Chelidonio

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