19 DAL GUARDARE ALL’OSSERVARE, NELLO SPAZIO E NEL TEMPO: “Il “Rosso Verona” nella Ravenna imperiale?”

…a cura di Giorgio Chelidonio

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fig. 1 -vasca porfido S.Zeno

 

19 DAL GUARDARE ALL’OSSERVARE, NELLO SPAZIO E NEL TEMPO: “Il “Rosso Verona” nella Ravenna imperiale?”

Ieri (24.2.2024), confuso fra una piccola folla che, “con il naso all’insù”, si estasiava nel contemplare i mosaici verticali della basilica di San Vitale (Ravenna)(1), mi è “caduto l’occhio” sull’altrettanto straordinario pavimento, composto di intarsi marmorei in stile “cosmatesco”(2).
Fra quel “mosaico” che tutti vedevano ma quasi nessuno osservava, mi hanno colpito dei “quadrati” in cui delle lastre rotonde ben levigate (detti “rote”) di porfido (rosso ma anche verde scuro) erano incorniciate da piccole tessere, quadrate e triangolari, nere e bianche. Rovistando mentalmente nei ricordi delle mie letture, ho ritrovato memoria che quel porfido fosse di antica origine egiziana e che fosse “approdato” nella penisola italiana già agli inizi dell’Impero romano(3): con il nome di Lapis porphyrites (“pietra di color rosso porpora’) evocava quel colorante allora quasi esclusivo delle vesti imperiali(4). Osservando questi dettagli di quel pavimento mi sono tornati alla mente due esempi antichi di manufatti in porfido rosso egiziano(5):

fig. 2 -Tetrarchi S.Marco VE-wikip

– la vasca usata come “fonte battesimale” nella basilica veronese di San Zeno, probabilmente reimpiegata dalle terme romane della nostra città(fig. 1);
– la statua dei cosiddetti “tetrarchi” esposta sull’angolo destro della facciata della chiesa di San Marco a Venezia(fig. 2).
Se il primo manufatto ci è familiare, anche per la nota leggenda secondo cui sarebbe stato “tirato” dal diavolo contro il santo, il secondo ha una storia all’altrettanto antica ma più complessa e che mi ha sempre intrigato: questo compatto gruppo statuario, portato da Costantinopoli nel 1204 (dopo la conquista veneziana della città), era un “manifesto politico” d’età dioclezianea (293-303 d.C. circa), simboleggiante l’abbraccio dei 2 augusti (Diocleziano e Massimiano) e dei loro due “cesari” (Galerio e Costanzo Cloro) e, dunque, la loro concordia che ne avrebbe garantito la successione.
Però l’origine di quei porfidi narra una storia ben più antica: le cave del porfido rosso erano su una località affacciata sul Mar Rosso, che i romani chiamavano Mons Porphyrites (oggi detta Jabal Abu Dukhkhan): già l’imperatore Tiberio vi aveva fatto aprire (dal 18 d.C. circa) delle cave per l’estrazione di questa pietra che, in breve tempo, fu conosciuta e usata come “porfido imperiale”.
E “porfirogéniti” (cioè, “nati nel porfido”) furono detti i figli degli imperatori di Bisanzio(6). Anche la geologia di questo tipo di pietra, resistentissima ai fenomeni erosivi (atmosferici e non), è particolare: è una roccia effusiva, derivata da fenomeni vulcanici risalenti a 630 milioni di anni fa. Sebbene allora si ignorasse quest’ultimo dato, nella Roma imperiale cristianizzata le “rotae” in porfido rosso antico assunsero ulteriori simbologie, quasi di valenza divina: inserite nei pavimenti all’ingresso di una chiesa, o in coincidenza dell’altare.
Però, già nel 301 d.C. (come documentato in un editto di Diocleziano), quel prezioso materiale raggiunse prezzi proibitivi che portarono, inesorabilmente, a secoli di riutilizzo quasi esclusivo di materiali antichi(7). Anche perché, prima con la caduta dell’Impero romano d’Occidente e poi con la progressiva conquista dell’Egitto (nel 642 d.C.)(8) da parte dell’espansione dei califfati arabi, l’estrazione del porfido egiziano collassò fino a far perdere la memoria stessa delle sue cave, che furono riscoperte ed esplorate solo alla fine del XIX secolo.

fig. 3-rota rosso VR -Ravenna XVI sec.

Quindi, riepilogando, mentre osservavo quelle “rotae”, mi ero fatto l’idea che quel pavimento fosse coevo alla fondazione giustinianea della basilica stessa. Perciò, osservandovi alcune “rotae” in rosso ammonitico(fig. 3) ero giunto alla conclusione che questo “marmo”, tipico dei Monti Lessini, fosse in commercio già almeno 15 secoli fa. Su questa mia certezza, però, è piombata oggi una deludente informazione: quel pavimento risale ad una ristrutturazione operata dai monaci benedettini di San Vitale tra il 1538 e il 1545: lo rifecero per alzare il piano di calpestio di circa 80 centimetri, per tentare di contrastare gli effetti di frequenti allagamenti causate dal progressivo abbassamento dell’intero edificio(9). Dunque, un diffuso utilizzo nel XVI secolo di lastre lucidate di Rosso Ammonitico è ben più plausibile.
Infine, chiamando in causa quella “subsidenza”, più volte citata dalla nostra dottissima guida di ieri (il prof. Angelo Passuello), è un fenomeno ben più antico: tuttora è riscontrabile nella misura di 2-3 mm. all’anno(10), ma le sue origini si possono far risalire ad almeno l’ultimo milione di anni.
In sintesi estrema, i sedimenti fluvio-glaciali scaricati nell’antico “golfo padano” lo hanno progressivamente colmato, finendo per “pesare” sulla crosta terrestre sottostante: ad esempio, da rilevazioni AGIP, pare che vi siano sedimenti spessi circa 600 metri sotto Rovigo, mentre sotto Codigoro (Ferrara) vi sono circa 2300 metri di sedimenti fluvio-glaciali.
Tutto questo sta innescando complessi fenomeni di subsidenza, diversificati per singole aree, com’è risultato, fra l’altro, da alcuni studi successivi al terremoto dell’Emilia Romagna del 2012.
E per “saperne di più” di quanto è geo-ambientalmente accaduto, “divertitevi” a guardare ed ascoltare il video raggiungibile al seguente link: https://youtube.com/watch?v=NVJETgALsEE&feature=shared 

Links

1 – https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Vitale_(Ravenna) costruzione iniziata nel 532 d.C. e il inaugurata nel 547 d.C., dopo che Giustiniano, imperatore d’Oriente, aveva fatto riconquistare Ravenna.
2 – https://www.treccani.it/vocabolario/cosmatesco/ > Cosmati, denominazione convenzionale dei marmorarî attivi, fra il secoli 12° e 14°, soprattutto a Roma;
3 – https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/museo/collezioni-litomineralogiche/lito-reperti/porfido-rosso-antico
4 – https://www.lescienze.it/news/2003/09/22/news/il_segreto_delle_toghe_romane-587611/
5 – imperialporphyry.com/history-of-imperial-porphyry
6 – https://it.wikipedia.org/wiki/Porphyrogenn%C4%93tos
7 – https://www.architetturadipietra.it/wp/?p=5068
8 – https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27Egitto_arabo
9 – https://www.finestresullarte.info/viaggi/labirinto-marmo-pavimento-basilica-san-vitale-ravenna
10 – https://www.arpae.it/it/temi-ambientali/suolo/subsidenza/la-rete-regionale-di-monitoraggio-della-subsidenza/rilievo-della-subsidenza-2016-2017

Altri link per immagini:

http://www.medioevo.org/artemedievale/pages/emiliaromagna/sanvitalearavenna.html  

https://ilcapochiave.it/2017/11/22/porfido-rosso-porfido-verde/img_1433/

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Didascalie:

fig. 1: vasca di “porfido imperiale”, recuperata dalle terme romane di Verona e reimpiegata come “fonte battesimale” nella basilica veronese di San Zeno. (https://www.facebook.com/storiadeiquartieriveronesi ).

fig. 2: gruppo statuario in porfido rossastro, raffigurante i cosiddetti “tetrarchi”, esposto sull’angolo destro della facciata della chiesa di San Marco a Venezia. (https://it.wikipedia.org/wiki/Monumento_ai_Tetrarchi#Storia ).

fig. 3: esempio di “ròta” in Rosso Ammonitico inserita nel pavimento della basilica di San Vitale rifatto nel XVI secolo (foto G.Chelidonio).

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Verona, 11.03.2024

Giorgio Chelidonio

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