2.1 DAL GUARDARE ALL’OSSERVARE, NELLO SPAZIO E NEL TEMPO: “Dal paesaggio come identità alla lettura del mosaico ambientale come radici del futuro”

…a cura di Giorgio Chelidonio

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Dal guardare all’osservare, nello spazio e nel tempo

Dal paesaggio come identità alla lettura del mosaico ambientale come radici del futuro.

Del resto, questi concetti sono speculari agli orizzonti propagandati dalla “vita più vissuta che ci insegna la TV”(1), ormai “a capotavola” (Lodi, 1994) in troppi contesti della nostra società.  Qualche anno fa venni invitato a partecipare, in un paese vicino a Verona, ad un dibattito “ambientalista”: mi trovai a fianco di un anziano industriale del luogo, che presentò una lunga serie di diapositive (in bianco e nero) del paesaggio anni ’50. Egli commentò, con evidente partecipazione, quanto “era verde la sua Valpantena”, il cui fondovalle è oggi diffusamente cementificato da industrie del marmo. Ma io in quelle immagini, che vedevo per la prima volta, vi leggevo un paesaggio scabro, uno scenario brucato da secoli di agricoltura intensiva: i bambini della collina vi crescevano “facendo la guardia alle donne che rubano la legna”, introitando una cultura intessuta di duro lavoro, miseria e sopraffazioni sociali. In realtà quel paesaggio-manufatto (verde compreso) ne raccontava sia le premesse storiche che le motivazioni infra-generazionali dello sviluppo industriale degli ultimi 40 anni, di una comunità che ormai ha voluto persino rimuovere le storie e i bisogni che hanno generato quella trasformazione difficilmente reversibile. “El dio del vilàn l’é la cariòla” cantavano, ancora 60 anni fa, i braccianti lombardo/veneti: oggi la cultura dei loro nipoti e pronipoti, monopolizzata dalla dilagante “religione catodica” (ora digitale ma, se non si vagliano attentamente i contenuti, chat e fake-news imperano), sta educando i propri figli ad immaginare e produrre paesaggi futuri come una megalopoli senza limiti né storia.
Perciò condannando quel territorio a trasformarsi progressivamente in un “non luogo”(2), alla faccia dei continui quanto vuoti richiami “identitari”.
Con queste basi, oggi il mosaico ambientale della Valpantena, “profondo” quasi 200 milioni di anni, sta progressivamente involvendo in scenari stereotipati e speculativi, fatti di pretenziose villette simil-rustiche alternate a chilometrici filari di capannoni. Il tutto incorniciato da versanti verdeggianti, dove risparmiati dalla vignetizzazione galoppante, ma in attesa di venir antropizzati da ulteriori speculazioni. Ricordo bene che nei primi anni ’90, dopo un intenso programma triennale fatto di esplorazioni ambientali e sintesi didattiche, gli insegnanti di una locale scuola elementare provarono, come verifica, a “far disegnare il futuro della valle”: ne uscirono, purtroppo, paesaggi “negativi” (condomini grigi, supermercati e parcheggi) alternati a scenari ”positivi” ma, in realtà, simili solo al “Viale delle Petunie” di Paperopoli.   Evidentemente il sapere extra-scolastico viene ben nutrito da referenti assai più “autorevoli” delle “istruzioni” impartite dai programmi scolastici.
Con queste premesse (l’imprinting risulta comunque “educativo”) è ben difficile credere che, spontaneamente, nei prossimi decenni i cittadini questa valle saranno ansiosi di valorizzarne lo straordinario patrimonio ambientale: un grande riparo preistorico (vi si scava da oltre 30 anni!), un ipogeo romano con rari affreschi paleocristiani, molti siti paleolitici, un sottoroccia fortificato altomedievale, un castello, un forte asburgico, una necropoli paleoveneta, numerose ville risalenti ai secoli XV°-XVIII°, etc. etc. Probabilmente a poco varrà se nelle “istruzioni scolastiche” sarà divenuta abitudine la visita annuale al museo: senza corrette premesse di “educazione alla storia ambientale” quei reperti decontestualizzati non avranno modo di sedimentarsi nella quotidiana formazione del “paesaggio affettivo”, quello che invece finirà per modellare “solo al presente” le mappe cognitive delle nuove generazioni.

Links:

  1. http://www.treccani.it/enciclopedia/non-luogo_%28Lessico-del-XXI-Secolo%29/
    Definizione proposta antropologo francese Marc Augé nel saggio Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité (1992) in riferimento agli spazi architettonici e urbani …in cui l’orientamento dei fruitori è prevalentemente affidato alla segnaletica; si tratta di spazi altamente omologati… privi di radicamento al contesto, alle tradizioni e alla storia.
    La loro crescente diffusione è tipica espressione delle società globalizzate.
  2. “Nove di sera”, Enzo Jannacci, 1975. https://www.angolotesti.it/E/testi_canzoni_enzo_jannacci_4346/testo_canzone_nove_di_sera_160708.html + https://www.youtube.com/watch?v=4Las2V4SaKE

Verona 09.12.2019

Giorgio Chelidonio – (2.1 continua…)

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