3. PREISTORIA? SCIENZA DEL DUBBIO. “Chi o cosa ha estinto le popolazioni neanderthaliane?”

…a cura di Giorgio Chelidonio

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Un gruppo-famiglia tri-generazionale di Neanderthal (Museo di Krapina/Croazia) 
Neanderthal big-family Krapinahttp://www.washington.edu/news/files/2014/01/Neanderthals-diginean3.jpg
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Chi o cosa ha estinto le popolazioni neanderthaliane?

Lo svantaggio culturale che segnò il destino dei Neanderthal”, titolava il 2 febbraio scorso una recensione di un’affidabile rivista scientifica(1). “Fu la competizione con gli esseri umani moderni, in particolare quella culturale, a determinare l’estinzione dei Neanderthal, mentre altri fattori ipotizzati, come i cambiamenti climatici o la diffusione di malattie, avrebbero avuto un ruolo secondario”, precisava l’articolo aggiungendo che “I primi gruppi di esseri umani moderni che arrivarono in Europa erano molto più esigui di quelli dei Neanderthal, ma la cultura più evoluta consentì ai nostri antenati diretti di superare lo svantaggio numerico, segnando il destino delle popolazioni autoctone”. Questa recensione commentava lo studio di un gruppo di ricercatori della Stanford University (California/USA) e della Meiji University pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America”(2), in altre parole “al top” della scientificità internazionale. Quali nuovi elementi vengono portati a sostegno di questa tesi che girava già mezzo secolo fa, quando cioè muovevo i primi passi nei miei studi paletnologici?
Scartata, per motivi di tempo e di competenza, la lettura dell’articolo originale, zeppo di formule statistiche perché basato sullo sviluppo di modelli computerizzati, sono tornato a rileggere la recensione, nella quale mi ha colpito la seguente affermazione: “L’ipotesi “culturale” dell’estinzione neanderthaliana finora è stata trascurata perché al loro arrivo in Europa gli uomini moderni erano molto meno numerosi dei Neanderthal che abitavano la regione già da molto tempo”. A crederci, dunque, pochi, piccoli gruppi tecno-civilizzati di Homo sapiens hanno sopraffatto i Neanderthal che, per oltre 200.000 anni erano stati, per quel che ne sappiamo oggi, gli unici “europei senza se e senza ma”(3). Peccato che in altri articoli, recenti e non, mi sia capitato spesso di leggere il contrario, cioè che i Neanderthal europei si erano appena ripresi (attorno a 50.000 anni fa) dalla discesa della calotta glaciale fino al 52° meridiano (cioè fino alla latitudine dell’attuale Berlino). Inoltre, migrando a sud delle Alpi, i “Neanderthaliani pallidi” (perché fra 130 e 80.000 anni fa circa, alcuni loro gruppi si erano ambientati nel nord Europa) dovettero fare i conti con l’esposizione solare mediterranea, e questo potrebbe aver causato patologie della pelle: l’analisi del DNA contenuto in ossa fossili di Homo Neanderthalensis, estratte dal Riparo Mezzena (Avesa/VR), ha rivelato la presenza del gene MC1R la cui funzione (negli umani attuali che ne possiedono, però, una versione mutata detta MC1R-RHC) è connessa al regolare la pigmentazione(4). Insomma, gli ultimi neanderthaliani veronesi avevano, tutti o in parte, la pelle chiara e, spesso, i capelli rossicci, un aspetto “nordico” che avrebbe potuto aumentare la loro predisposizione ai melanomi cutanei. In attesa di ulteriori studi paleo-genetici sulle popolazioni neanderthaliane e degli effetti demografici subiti dal loro essere stati più volte “migranti climatici”, l’influenza della suddetta patologia potrebbe aver colpito, in modo particolare, la fertilità delle loro femmine: infatti, i melanomi attuali non solo sono responsabili del 75% dei decessi connessi ai tumori della pelle, ma anche ai casi di metastasi al seno e alle ovaie. Confrontando questo elemento, potenzialmente limitante la vitalità demografica di una popolazione, con la densità media (0,025 per chilometro quadrato) stimata per i Neanderthal sul territorio europeo e applicandolo ai Monti Lessini (circa 800 kmq)(5) otterremmo un totale di circa 20 individui!
Oltre a questa ipotetica dimensione statistica, va ricordato che secondo alcuni studiosi pare che attorno a 50 mila anni fa circa i Neanderthal  fossero già quasi del tutto scomparsi(6), forse a causa di un “collo di bottiglia” climatico-ambientale(7): sembra che solo un piccolo gruppo di sopravvissuti sia poi riuscito a ri-colonizzare parzialmente i territori europei, poco prima dell’arrivo dei primi H. sapiens anatomicamente moderni(8). A sostegno di quest’ultima tesi J.L. Arsuaga (paleo-antropologo dell’Università di Madrid) ha anche precisato che ”all’epoca dell’arrivo dei sapiens, 40 mila anni fa, il numero delle femmine di Neandertal presenti in tutto il continente euroasiatico non superava le 5.000 unità”(9).
Infine, un recente studio(10) basato su modelli demografici confrontati con le paleo-temperature rilevate nei carotaggi dei ghiacciai della Groenlandia settentrionale, ha evidenziato una bassa densità di popolamento neanderthaliano anche fra 130.000 e 120.000 anni BP. A quest’ultima crisi demografica fece seguito una loro crescita modesta fra 120.000 e 70.000 anni BP (OIS 5), a cui successe una significativa contrazione, per migrazioni verso sud, fra 70.000 e 60.000 anni BP (OIS 4).”
Eppure i Neanderthal erano resistiti a ben due glaciazioni maggiori (dette Riss fra 191-126 mila anni fa circa e Würm, fra 74 e 60.000 mila anni fa circa) arrivando fino in Medio Oriente e nei Monti Altai (in Siberia sud-ovest). Persino l’eruzione del vulcano Toba (Sumatra), che 75.000 anni fa produsse, (forse per secoli e su scala planetaria) effetti climatici simili al cosiddetto “inverno nucleare”(11) non causò l’estinzione dei Neanderthaliani ovest-asiatici(12). Si può quindi dedurre le maggiori concause di estinzione, specie se applicate ad una popolazione già in crisi demografica, possano essere individuabili(13):
– in variazioni significative delle “pericolosità ambientali”, connesse sia all’incremento di rischiosità venatorie connesse a migrazioni verso territori diversi da quelli tradizionalmente occupati;
– in aumentate difficoltà in fase natale e/o per complicanze o difetti genetici, magari innescati da accoppiamenti fra consanguinei, ripetutisi nell’ambito di gruppi isolati e composti da non più di 10 persone;
– per aumenti di malattie indotte da bruschi cambiamenti climatici;
– in epidemie (virali o batteriche) portate dai Sapiens anatomicamente moderni, a cui quest’ultimi si erano precedentemente già auto-immunizzati;
– nella loro “aspettativa di vita” che, alla nascita, pare stimabile in 19 anni per i maschi e 17 per le femmine, mentre per gli individui adulti (che avevano, cioè, già raggiunto i 18 anni di età) corrispondeva ad altri 18 anni per i maschi e 14 per le femmine.
– nella loro mortalità, comunque, elevatissima fra 40 e 60 anni di età e sulla quale anche le variazioni climatiche devono aver influito molto, particolarmente in caso di oscillazioni superiori ai 10 gradi rispetto alle temperature medie a cui le popolazioni si erano pre-adattate.

Insomma, prigionieri come siamo di una dimensione storica nutrita da guerre infinite e da frasi celebri (“homo homini lupus“, “mors tua vita mea” etc.), è più che semplicistico condividere l’ipotesi dell’estinzione violenta dei Neanderthaliani: ne sento parlare da quando mi interesso di preistoria (e ormai sono prossimo al mezzo secolo)! Concludendo, mi pare che continuino a mancare concrete tracce archeologiche adeguate e sufficienti a confermare il genocidio del Neanderthal. Mi sforzerò di leggere questo articolo, anche se mi sembra che includa più formule matematico/statistiche che dati archeologici. A quest’ultimo proposito ho provato a sondare, nel suddetto articolo, alcune parole chiave inglesi: warfare (guerra), bow (arco) e spear (lancia). Il risultato è che non ce n’è traccia!

In più, bisogna considerare che gruppi di Homo sapiens si espansero verso l’Asia quasi 50 mila anni prima del loro più antico arrivo nei territori europei: dunque, non potevano essere pochi. Specularmente, se i Neanderthal fossero stati così tanti perché non si sono spinti verso il sud-est asiatico, come invece hanno fatto i Sapiens?

In attesa che dati concreti (quale superiorità tecnologica? Non mi risultano tracce archeologiche dell’uso dell’arco o del propulsore per lance datate a 40.000 anni fa) contribuiscano ad ipotesi più fondate mi limito a condividere solo un vecchio adagio: “L’uomo è un animale culturale che troppo spesso agisce da bestia feroce”.

E il massacro di Nataruk (avvenuto 10.000 anni fa circa, in Kenya)(14) è tornato a ricordarcelo: in 27 (fra cui 6 bambini) furono ammazzati a randellate e/o colpi di frecce. E siccome i neanderthaliani si erano ormai estinti 30.000 anni prima, dunque si erano massacrati fra sedicenti Sapiens.

Bibliografia e link

1) http://www.lescienze.it/news/2016/02/02/news/differenze_culturali_uomini_moderni_neanderthal_estinzione-2950722/

2) Gilpin W. et alii, 2016: An ecocultural model predicts Neanderthal extinction through competition with modern humans. http://www.pnas.org/content/early/2016/01/25/1524861113

3) Barbujani

4) Lalueza-Fox et alii, 2007: 2007: A Melanocortin 1 Receptor Allele Suggests Varying Pigmentation Among Neanderthals, in “Science”, vol. 318, n. 5855, pp.1453-1455. 

5) http://cdn1.regione.veneto.it/alfstreaming-servlet/streamer/resourceId/0402ecd4-a73f-4029-8051-d325765d00cd/Piano_gestione_IT3210006.pdf

6) Dalen et alii, 2012: Partial genetic turnover in neandertals: continuity in the east and population replacement in the west. In “Molecular Biology and Evolution”, vol. 29, n.8, pp. 1893-1897. 

7) https://it.wikipedia.org/wiki/Collo_di_bottiglia_(genetica)

8) https://en.wikipedia.org/wiki/Anatomically_modern_human + https://it.wikipedia.org/wiki/Homo_sapiens 

9) http://www.nationalgeographic.it/scienza/2012/02/27/news/estinzione_neandertal_non_colpa_dei_sapiens-875300/ + http://www.sciencedaily.com/releases/2012/02/120225110942.htm

10) Sørensen, 2011: : Demography and the extinction of the European Neanderthals, in “Journal of  Anthropological Archaeology”, vol.30, pp. 17-29. 

11) Matthews et alii, 2012: Ultra-distal tephra deposits from super-eruptions: Examples from Toba, Indonesia and Taupo Volcanic Zone, New Zealand. in ”Quaternary International”, vol. 258, pp. 54-79. 

12) L’eruzione del Toba immise nell’atmosfera una quantità tale di ceneri oltre 50 volte maggiore di quelle espulse nel 1815 dal vulcano indonesiano Tambora, sufficienti per innescare, nell’anno seguente, il cosiddetto “anno senza estate”, quando copiose nevicate caddero, in luglio, sull’Inghilterra e alle latitudini temperate dell’emisfero settentrionale gran parte dei raccolti andarono perduti. 

(13) https://it.wikipedia.org/wiki/Anno_senza_estate

(14) http://www.lescienze.it/news/2016/01/20/news/guerra_preistorica_cacciatori-raccoglitori_massacro-2935514/ )

 22 febbraio 2016

Giorgio Chelidonio

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